Copertina di Buiakesos
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Dalla finestra del tempo andato, guardando lontano, si vede la Sardegna muoversi con destrezza sulla scena internazionale: è il Medioevo.

Vindice Lecis, giornalista e scrittore appassionato di storia, tra le pagine di Buiakesos – Le guardie del Giudice (Condaghes) traccia un quadro realistico dell’isola dell’epoca, divisa in quattro entità statuali indipendenti e dotate di un’organizzazione originale e quasi moderna: il Giudicato di Gallura, il Giudicato d’Arborea, il Giudicato di Caralis e il Giudicato di Torres o del Logudoro, governati da veri e propri re, gli judikes (i giudici).

Alla sorveglianza dei sovrani sono preposte apposite guardie, i buiakesos, che danno il titolo al romanzo.

Così tra le stanze di castelli e di monasteri si pianificano battaglie, si tramano o si attuano vendette, si ride e si piange, si prega e si definiscono le sorti del popolo, che pure ha una certa facoltà decisionale ed è ammesso alla Corona de curatorìas e addirittura alla Corona de logu, rispettivamente l’assemblea dei distretti amministrativi e l’assemblea del regno.

Dentro, nei condaghes (documenti in lingua sarda che attestano il compimento di un’azione giuridica o l’esistenza di un fatto giuridico), e fuori, nei villaggi, nei monti e nelle valli, si scrive dunque il corso degli eventi, segnato da conflitti interni e da conflitti esterni perché tra il IX e il XV secolo la Sardegna è pienamente inserita nella rete delle relazioni tra stati di ogni dove.

È il 1127 quando Gonario II, dopo la scomparsa del padre Costantino I de Lacon-Gunale, è costretto all’esilio per evitare di essere ucciso. La famiglia Athen vuole la sua testa, ma il fidato consigliere e tutore Ithocorr Gambella lo protegge costantemente e per salvarlo lo manda a Pisa, alleata del Giudicato di Torres. Nel Logudoro, con il consenso della Corona de logu, a reggere il potere insieme allo stesso Ithocorr è intanto la madre Marcusa de Gunale, che non può fare niente per mitigare le pericolose ambizioni di Saltaro de Gunale, figlio avuto dal primo matrimonio e nemico acerrimo del fratellastro.

La quotidianità scorre intensamente e tutti sono protagonisti, dai giudici ai majorales, dagli ecclesiastici ai servi, ma i combattimenti, sempre cruenti, sono frequentissimi. Ed è in questa situazione che emerge la figura affascinante di Gosantine Palas, majore de ianna (comandante dei buiakesos) onesto e apprezzato, guerriero valoroso e profondamente innamorato di Giorgia Caprinu, tessitrice nei laboratori del regno. Per lei, figlia del servu intregu (servo posto alle dipendenze di un solo padrone) Petru, il majore è pronto a tutto e rischia più volte la vita, tanto che quando viene fatta rapire dagli Athen il suo intervento risulta decisivo per la liberazione.

Nel frattempo la cospirazione contro il giudice legittimo porta persino all’occupazione della reggia di Ardara e alla conseguente fuga di Ithocorr e di Marcusa, mentre scontri e omicidi, solo apparentemente misteriosi, si susseguono incessantemente. Inoltre a Oristano scompare inaspettatamente Costantino I de Lacon-Serra. L’autorità viene inizialmente trasmessa al fratello Orzocco perché il figlio Comita, che gli succede, è minorenne.

Gonario rientra nell’isola dopo aver sposato Maria, figlia del patrizio Ugo Parlascio, che lo ha ospitato nelle sue proprietà, e con una solenne cerimonia di investitura per voluntate de donnu (il titolo di donnu, signore, era attribuito ai giudici, ai nobili e agli ecclesiastici), a conferma della legittimazione divina e dell’inesistenza di poteri terreni più alti del suo, riceve lo scettro. Per ristabilire l’ordine, comunque, deve prima sconfiggere Saltaro e fronteggiare Comita III, ormai giudice e assai più turbolento del defunto padre. Il re d’Arborea però, desideroso di unificare la Sardegna e di porla sotto il suo comando, viene fermato definitivamente solo dal destino perché in seguito alla scomunica dell’arcivescovo di Pisa Baldovino muore improvvisamente.

Gonario, pertanto, decide di approfittare della conclusione della guerra tra la Repubblica di Pisa e la Repubblica di Genova per rafforzare la sua posizione. Poi, attratto dalla predicazione di Bernardo di Chiaravalle, accoglie con entusiasmo l’invito di papa Eugenio III e nella primavera del 1147 parte per la seconda crociata, consegnando il governo del Giudicato del Logudoro, in sua assenza, al primogenito Barisone e facendo affidamento, ancora una volta, sulla saggezza e sulla capacità di controllo dello stimato Gosantine.

Il maiore de ianna, che sposando Giorgia ha coronato il suo sogno d’amore, ha sempre un ruolo di primo piano ed è attorno a lui che il romanzo prende forma.

I personaggi che popolano il libro, molti realmente esistiti, alcuni frutto della fantasia dell’autore, sono veramente i sardi del Medioevo, divisi tra giudicati e papato in majorales e servi sotto l’occhio vigile delle grandi potenze. Sono veramente quei sardi che, pur ricorrendo alla leppa e alla virga sardisca per tingere di sangue boschi e contrade, riescono a districarsi con un’abilità non indifferente tra i meandri della politica. Sono veramente quei sardi che pongono ai vertici delle strutture di comando donne come Marcusa e Massimilla, badessa del monastero di San Pietro di Silki, inflessibile e stratega.

Lecis non lascia niente al caso e la sua opera, frutto di un paziente e meticoloso lavoro di documentazione e di studio, rende giustizia come poche a un periodo troppo spesso dimenticato nel cammino tortuoso e ultramillenario dell’isola.

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