È tempo di buone nuove sotto il segno del femminile in architettura. La mostra BUONE NUOVE Donne in architettura in corso al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI di Roma dal 16 dicembre 2021 fino all’11 Settembre 2022, progettata da Matilde Cassani, intende proprio raccontare attraverso le immagini il cambiamento in atto da qualche decennio nel mondo dell’architettura, che evolve da una monolitica preponderanza maschile a un tessuto professionale e culturale assai più complesso e diversificato, all’insegna della creatività femminile.
La mostra, che si articola in un caleidoscopio di storie, pratiche, narrazioni e visioni, rappresenta un’occasione per riflettere sull’invisibilità storica della donna, per molto tempo tenuta lontana da ruoli di leadership professionale e confinata verso attività, pur essenziali, di teoria, informazione, e didattica. Il percorso espositivo offre la possibilità di fare un viaggio nell’evoluzione al femminile della professione di architetto, dalle pioniere di inizio ‘900 ai grandi studi internazionali guidati da progettiste, che coincide con una serie di cambiamenti epocali nel rapporto tra architettura e società e tra spazio e tempo di fruizione dello stesso. Un mutamento nel contempo antropologico e professionale in cui la donna acquista un ruolo di assoluto protagonismo, valicando lo studio da architetta per diventare una vera e propria “archistar”, manager di se stessa e della propria attività professionale in grado, grazie alla forza della propria visione creativa o di uno sperimentalismo coraggioso, di sfondare il cosiddetto “soffitto di cristallo”.
“BUONE NUOVE è per il MAXXI una mostra importante – commentano i curatori Pippo Ciorra, Elena Motisi e Elena Tinacci – che ci consente di proseguire nel nostro intento di raccontare un universo architettonico in evoluzione e di promuovere le energie migliori. Almeno tre i temi che vorremmo sottolineare. Il primo è il crescente processo di liberazione del mondo professionale dell’architettura da pregiudizi e abitudini che spesso hanno frenato l’affermazione delle donne e di altri soggetti “non-standard” (collettivi, coppie, formazioni aperte). Il secondo riguarda l’impressione che l’allargamento della platea professionale nel senso della gender equality contribuisca positivamente alla capacità dell’architettura di rispondere alle urgenze del presente, soprattutto in termini di sensibilità ecologica, inclusività, sostenibilità sociale. L’ultimo punto, infine,vede l’ Italia, dove troviamo molte donne tra i migliori progettisti emergenti (o emersi), come un esempio avanzato di questa trasformazione”. Altrettanto fiducioso il commento di Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI: “Sono particolarmente lieta di questa mostra, che è una testimonianza importante di come la presenza delle donne nell’arte e nell’architettura sia – per fortuna – sempre più forte e autorevole”.
La prima dimensione esplorata è quella delle Storie, raccontate attraverso documenti, fotografie, carteggi e modelli disposti su isole tematiche. Significativo il tavolo dedicato alla Città delle Donne. Parafrasando il titolo del libro di Adriano Olivetti La città dell’uomo, ci si chiede se esista una città delle donne, pensata dalle donne per le donne. La risposta dei curatori è che esistono senz’altro donne che lavorano alla scala urbana, disegnando intere città, come Marion Mahony Griffin o ne ricostruiscono alcuni brani del tessuto, che integrano il verde nella dimensione urbana come Cornelia Oberlander, che suggeriscono modi per viverla e attivano con i loro progetti processi virtuosi in senso civico e antropologico, fino ad abbracciare il concetto più attuale di sostenibilità, come Diana Balmori. Questa sezione, che propone un excursus cronologico a partire dagli albori della modernità, con i lavori della finlandese Signe Hornborg, la prima donna a laurearsi in architettura nel 1890 fino alle architette dei nostri giorni, presenta una rosa di 85 figure femminili tra le più innovative, capaci di imprimere accelerazioni e svolte radicali al mondo architettonico, a cui vengono accostate le opere delle autrici presenti nella Collezione di Architettura del MAXXI.
La sezione della mostra dedicata alle Pratiche, si articola in aree monografiche ed espone i lavori e i profili di altrettante rappresentanti “in attività” dell’evolu-zione della professione in direzione dell’attenuazione del carattere fortemente maschile che tuttora incombe. Le autrici presenti esemplificano modi diversi e originali di interpretare la professione. Alcune incorporano la forza eversiva della natura artistica dell’architettura nel progetto (Elizabeth Diller, Mariam Kamara); altre lavorano al limite tra manualità artigianale e consapevolezza tecnologica (Lina Ghotmeh, Anupama Kundoo, Benedetta Tagliabue, Lu Wenyu); altre ancora sfidano direttamente il modello professionale maschile (Grafton Architects, Jeanne Gang) o sperimentano forme associative nuove e flessibili (Kazuyo Sejima, Assemble), altre infine mettono la forza del genere insieme alla sensibilità ai temi sociali e ambientali (Dorte Mandrup).
Un altro livello di lettura della mostra, intitolato Narrazioni, è popolato dai volti e dalle voci di importanti personaggi del mondo dell’architettura, di quello accademico e della ricerca. Le interviste, realizzate dal collettivo Mies. TV, offrono ai visitatori uno sguardo unico e personale dall’interno della disciplina architettonica e della cultura in cui queste donne operano. La lista delle intervistate comprende testimoni diretti come Phyllis Lambert (architetta, fondatrice del CCA Centro Canadese di Architettura); studiose importanti come Sylvia Lavin e Beatriz Colomina (entrambe storiche dell’architettura, Princeton University), Maristella Casciato (senior curator, responsabile collezioni di architettura, Getty Research Institute), Mary McLeod (storica dell’architettura, GSAPP, Columbia University); curatrici come Paola Antonelli (senior curator, architettura e design, MoMA) e Mariana Pestana (architetta, curatrice freelance); giovani progettiste come Liz Ogbu (architetta e attivista) e Marwa Al-Sabouni (architetta, scrittrice); responsabili di istituzioni e di riviste come Giovanna Borasi (Direttrice del CCA Canadian Center for Architecture), Martha Thorne (Preside di IE Scuola di architettura e design dell’Univesrità di Madrid) e Manon Mollard (direttrice di The Architectural Review).
La sezione consacrata alle Visioni, curata da Alessandra Spagnoli, nasce dalla partecipazione del MAXXI a Future Architecture Platform, una rete di 27 istituzioni europee che ogni anno coinvolge giovani creativi, selezionati attraverso un’open call, in un programma di iniziative ed eventi in tutto il continente. Nel quadro di questa offerta si colloca l’Architecture Film Summer School, un workshop organizzato dal Museo e finalizzato alla realizzazione di opere video sui vari aspetti della progettazione. Attraverso il workshop si estende lo sguardo oltre il lavoro degli studi presenti in mostra per mettere a fuoco un importante elemento della narrazione: il rapporto tra genere e spazio. I cinque video proposti dai partecipanti offrono dunque diverse visioni del tema che vanno dalla reinterpretazione critica degli spazi pubblici alla performance scultorea, dalla rilettura sonora dei luoghi alla rappresentazione non-binaria dello spazio, nel tentativo di rispondere alla domanda: l’identità di genere può essere un modo per definire, percepire e progettare lo spazio in cui viviamo?
Conclude il percorso espositivo UNSEEN, un’installazione di Frida Escobedo a cura di Elena Motisi che presenta la figura di Anni Albers attraverso il dialogo tra un disegno dell’artista e una reinterpretazione di uno degli arazzi più simbolici della produzione dell’eroina del Bauhaus, mediato da una narrazione video, entrambi prodotti in occasione della mostra. Si analizza in particolare un tassello della storia messicana partendo da un episodio fondamentale per l’identità del Paese: la costruzione dell’hotel Camino Real di Ricardo Legorreta per i Giochi olimpici del 1968. L’edificio risponde a una richiesta pressante di modernità e rispecchia il carattere nazionale, creando in questo modo un ideale estetico di “messicanità”. In questo contesto furono coinvolti numerosi artisti tra i quali Anni Albers – unica donna – che contribuì con una delle sue opere tessili. Attraverso le molte ristrutturazioni dell’hotel – a firma Legorreta + Legorreta – il lavoro di Albers scompare per poi essere ritrovato, nel 2019, da Carla Zarebska e Humberto Tachiquín nel fondo di un magazzino.