Chi naviga i confini porta con sé i propri sogni da realizzare. Privi di beni materiali ma ricchi di competenze professionali, i migranti esprimono desideri largamente diffusi in tutto il mondo come quello di affermarsi nel calcio.
Lo sport esprime un immaginario collettivo che, se opportunamente stimolato, può diventare un mezzo per favorire il dialogo interculturale tra popoli di diversi continenti.
Per i migranti il calcio rappresenta una possibilità di stringere rapporti con giovani di diverse provenienze culturali, perché lo sport rappresenta un «linguaggio universale» capace di appassionare milioni di tifosi.
Uno degli effetti di questo sport, certamente, è quello di stimolare la mobilità multiculturale delle esperienze e delle persone. In Sardegna c’è chi ha cercato di valorizzare la forza persuasiva del calcio allo scopo di creare spazi di incontro tra individui di continenti diversi. È quello che per certi versi è avvenuto in Navigare i confini. Tra Asia e Africa in un’isola che c’è!, il progetto dell’associazione Carovana SMI vincitore de bando Migrarti, realizzato con un vasto partenariato tra aprile e luglio. Arte e inclusione sociale sono tra gli obiettivi compresi nel bando lanciato dal Mibact.
Carovana SMI ha organizzato diverse attività per migliorare il confronto e il dialogo interculturale, al fine di formare tra i migranti abilità e competenze capaci di metterli in relazione con i residenti in Sardegna.
All’interno del programma Carovana SMI ha promosso l’organizzazione di un progetto intitolato Calcio oltre i confini. L’associazione culturale ha scelto il calcio come attività laboratoriale: un mezzo espressivo, questo sport, adatto a far interagire giovani di origini diverse. Disciplina conosciuta in tutto il mondo, il calcio può essere facilmente giocata anche da gruppi di persone che parlano lingue diverse.
Il laboratorio non è solo un modo per favorire il dialogo interculturale tra giocatori di origini diverse, perché in Calcio oltre i confini sono emerse altre questioni di forte attualità. È il caso, ad esempio, di un tema delicato come l’inserimento e la professionalizzazione dei migranti nelle squadre italiane.
Tra i migranti non mancano i potenziali talenti che, oltre a dare nuova linfa al calcio e alle attività sportive in Italia, un giorno potrebbero diventare professionisti affermati nei campionati italiani ed europei. Ma le loro aspirazioni spesso vengono ostacolate da difficoltà burocratiche di varia natura, rendendo impraticabile un loro tesseramento nel calcio professionistico e – più in generale – nella pratica dello sport.
Anche allo scopo di avviare rapporti tra la federazione calcistica sarda e gli immigrati appassionati di sport è nata la proposta di Navigare i confini. Nell’ambito di questo laboratorio due persone si sono poste in prima linea insieme all’associazione “Ex Rossoblu” per dare corpo e visibilità al progetto: Beppe Tomasini, una delle vecchie glorie del Cagliari dello scudetto, e Pino Bellini, tra gli artefici del ritorno del Cagliari in serie A nel 1978.
Principali protagonisti di Calcio oltre i confini rimangono, naturalmente, i partecipanti del laboratorio. Per i giovani migranti coinvolti, il progetto è stata un’esperienza formativa, oltre che un processo creativo che ha intrecciato la danza e la musica con il calcio.
Calcio oltre i confini è iniziato con un incontro con Beppe Tomasini, organizzato nel Centro Calcio Sant’Elia il 13 giugno. Quel giorno l’ex calciatore ha condiviso insieme a 30 migranti ricordi della sua storia personale e del Cagliari dello scudetto, rievocando alcuni passaggi di un’impresa che – tutt’oggi – resta irripetibile in Sardegna. In quell’atmosfera così ricca di ricordi sportivi, Tomasini ha incoraggiato i giovani coinvolti nel progetto a non rinunciare ai propri sogni nonostante le difficoltà odierne, né ad abbandonare il calcio come un’opportunità di riscatto professionale.
Calcio oltre i confini non si è limitato a «teorizzare» sul calcio, organizzando spazi di discussione riguardanti questo sport. Il laboratorio, al contrario, nelle prime settimane di luglio è passato alla «pratica» attraverso una serie di allenamenti, svoltisi sotto lo sguardo attento e interessato dello stesso Tomasini e di Pino Bellini con l’arbitraggio di Sandro Camba.
I migranti hanno partecipato con entusiasmo agli allenamenti, migliorando giorno dopo giorno il proprio spirito di squadra. Pur parlando lingue diverse, i partecipanti hanno trovato nel calcio un linguaggio comune che ha permesso loro di migliorare la qualità del loro gioco.
I risultati degli allenamenti sono stati evidenti nel giro di poche settimane, in una partita disputata il 21 luglio al Centro Calcio Sant’Elia di via Schiavazzi. I migranti hanno partecipato con entusiasmo all’iniziativa che, oltre a mettere in mostra la qualità del loro gioco, è stata un’opportunità per dare una maggiore visibilità alla questione del tesseramento e dell’assicurazione dei calciatori immigrati. L’auspicio è quello di trovare la soluzione in un’intesa tra istituzioni regionali, FIGC e club.
I migranti sono stati protagonisti di un evento che non si è fermato alla dimensione ludica: sono emersi infatti intrecci naturali ed originali tra sport e arte. La partita ha avuto inizio con un preludio di danza e di musica a cura dei giocatori stessi e di altri giovani talenti: protagonisti, questi ultimi, di altri laboratori realizzati nell’ambito di Navigare i confini.
L’iniziativa del 21 luglio non ha lasciato in sospeso un’altra questione emersa durante il laboratorio: quello dell’inclusione calcistica degli immigrati. Questo è stato tema di discussione, tra l’altro, in una tavola rotonda organizzata il 22 luglio al Centro d’arte e cultura “Il Lazzaretto”: un’iniziativa, come tutte le precedenti, sempre realizzate all’interno di Navigare i confini.
Al dibattito è intervenuto lo stesso Tomasini, ricordando positivamente l’incontro del 13 giugno: «Nella mia vita ho sognato di fare il calciatore e ce l’ho fatta. Le domande dei ragazzi mi hanno entusiasmato, rendendomi felice per l’adesione al progetto». La passione per l’esperienza vissuta ha spinto Tomasini – alla fine del propri intervento – a rinnovare il proprio impegno di dare maggiore visibilità al rapporto tra gli immigrati e il loro inserimento nelle società calcistiche (anche dopo la fine di Navigare i confini).
Pochi giorni dopo la fine di quel dibattito abbiamo assistito ai primi risultati concreti di Calcio oltre i confini: mercoledì 27 luglio, infatti, in collaborazione con Carovana SMI l’A.S.D. Selargius ha organizzato una partita dove gli immigrati appassionati di calcio hanno messo in mostra le proprie capacità sportive. Per alcuni di loro potrebbe così aprirsi qualche possibilità di entrare nella rosa della squadra, che attualmente milita nel campionato di Promozione.
Operando in accordo con enti pubblici e società sportive locali, Carovana SMI sta promuovendo inoltre una “mappatura dei talenti” che entro settembre dovrebbe portare all’avvio di tre iniziative:
- la creazione di una squadra di calcio composta da soli migranti, seguendo l’esempio di un progetto già realizzato a Sassari
- come già prospettato dalla partita del 27 luglio, l’inserimento di alcuni partecipanti di Calcio oltre i confini nella formazione dell’A.S.D. Selargius
- l’inclusione di migranti in altre società sportive sarde che aderiranno all’iniziativa promossa da Carovana SMI e dai suoi partner
Questa serie di azioni avrà come obiettivo finale non solo quello di agevolare l’ingresso di nuovi talenti nelle formazioni sarde, ma anche quello di accrescere la sensibilità di società calcistiche ed enti pubblici sulla questione del tesseramento dei migranti. Un progetto, quello di cui abbiamo raccontato in questo articolo, che sta provando a realizzare il sogno di chi naviga i confini nella speranza di giocare nei campi di calcio.