Nella sala X del Castello dei Doria di Castelsardo è visitabile, sino al 16 luglio, la mostra Tesori di Sardegna. Arte del ‘900 sardo nella collezione De Montis, un prezioso regalo che, grazie alla Fondazione Pio Alferano e Virginia Ippolito, ha dato un valore aggiunto alla XVII Assemblea Nazionale dei Borghi più belli d’Italia.
Questa mostra, ideata e fortemente voluta da Santino Carta, Presidente della Fondazione Pio Alferano e Virginia Ippolito e realizzata con la collaborazione del Sindaco di Castelsardo Franco Cuccureddu, è corredata da un pregevole libretto con la presentazione di Vittorio Sgarbi. Tutte le opere provengono dalla collezione del professore sassarese Stefano De Montis, uno dei maggiori collezionisti di arte sarda del Novecento.
Dopo essersi avventurati tra i viottoli e stradine che portano al Castello, si accede alla sala espositiva, ed è come trovarsi stretti tra le braccia delle donne di Sardegna, un omaggio alla società matriarcale sarda. Le protagoniste di questa esposizione sono infatti le donne, se non fosse per il
Pastorello con il fico d’India delle Sorelle Coroneo, il vaso e il piatto con Leoni e cinghiali di Salvatore Fancello e per alcuni dei Pupazzi di Eugenio Tavolara.
Lo sono le donne di Pino Melis che, in perfetta simmetria di sguardi e di atteggiamento, vanno Alla Fonte e lo sono anche quelle che illuminano i loro volti con le candele votive nella Processione notturna del giovedì santo a Nuoro di Antonio Ballero. Ecco poi le donne di Giuseppe Biasi sospese fra un sogno sardo, ma al tempo stesso universale e che sa di Spagna: Tre donne in giallo (Il caffè), di Sardegna: Sposalizio a Nule e di montagna: Ragazze sul prato.
Si parlano magari in dialetto, elegantissime nel loro costume tradizionale, ma non cadono nel folkloristico la fiera Donna in Abito di Nuoro e la curiosa Fanciulla con brocca ricamate in panno lenci dalle Sorelle Coroneo, la ritrosa Donna di Atzara di Filippo Figari, la timida Donna di Orani di Mario Delitala e la Donna in costume sardo di Eugenio Tavolara.
Raccontano un mondo agro pastorale, ma con una eleganza e un portamento da passerella le fanciulle della Vendemmia di Carmelo Floris e le donne in ceramica che reggono sulla testa le corbule di Federico Melis. Sono chiuse in una teca, ma fissano lo spettatore negli occhi la Donna con velo ricamato e la Donna con Velo colorato di Melkiorre Melis.
Lo sguardo del visitatore è però prepotentemente catturato dalla sublime scultura di Costantino Nivola La madre sarda e la speranza del figlio meraviglioso, realizzata due anni prima di morire, in un marmo di Carrara che perde la sua freddezza e ricorda invece quanto è caldo l’abbraccio di una madre. Altre madri le troviamo nella squisita Maternità di Federico Melis e nella Famiglia del Pastore di Bernardino Palazzi.
Melkiorre Melis ci regala anche due versioni della madre di tutte le donne e di tutti gli uomini: la Madonna nera di Loreto realizzata in ceramica e a tempera su cartoncino.
In questa mostra che racconta la Sardegna attraverso i suoi artisti, domina per grandezza espressiva ed intensità emotiva Teresita, una tela che Giuseppe Biasi dipinse per la Biennale di Venezia del 1920. Infine 4 meravigliose e poetiche opere di Francesco Ciusa: la struggente Maternità, Il golfo degli angeli, La famiglia protetta e la Testina di desulese.
Completano questo excursus Geografia (Luoghi invisibili) di Maria Lai, la Cista sardesca di Federico Melis, Composizione di Mauro Manca, il Ballo tondo di Federico Melis e Monti di Oliena di Antonio Ballero.