Monumento di Efisino Devoto
Share

Forse a qualcuno che legge sarà capitato come è capitato a me, da bambino, di andare a passeggiare nell’affascinante cimitero monumentale di Bonaria e sicuramente ricorderà, come me, con una forte sollecitazione dell’immaginazione infantile, la frase che dà il titolo a questo articolo: “Cattivo, perché non ti risvegli?!” incisa sul bellissimo monumento funebre del piccolo Efisino Devoto, realizzato dal noto scultore piemontese Giuseppe Maria Sartorio nel 1887.

Dall’emozione e dalla bellezza, infatti, vorrei partire per suggerire a chi legge un percorso inusuale, a volte inaspettato, tra memoria, arte e storia nei luoghi della sepoltura della nostra Città: luoghi rimasti sorprendentemente gli stessi fin dalle epoche più antiche.

Sono infatti i fenicio punici e successivamente i romani a individuare le prime aree di sepoltura che ancora ritroviamo oggi a Cagliari: le aree che si arrampicano sui colli di Bonaria e Tuvixeddu prescelte per onorare il culto dei defunti. Sono luoghi che dominano la città, vicini eppure raccolti.
Infatti, sono state individuate antiche sepolture nell’area archeologica che si affaccia sulla scalinata di fronte alla Basilica di Bonaria, prospiciente il viale Diaz. Tra le colate di cemento che hanno trasformato urbanisticamente la zona si possono osservare alcune tombe orizzontali scavate nella roccia ed altre nella parete dette ad “arcosolio” perché sormontate da un arco anch’esso scolpito nel calcare. La stessa tipologia di tombe si ritrova sul fianco della collina che, dal piazzale della Basilica di Bonaria, discende fino alla piazza del cimitero monumentale. Una recente sistemazione urbanistica ha restituito ai cittadini (che, a dire il vero, dall’incuria e gran numero dei rifiuti, non sembrano aver gradito più di tanto) questo angolo di pace e di interesse storico archeologico nel centro della città, a pochi passi dalle arterie commerciali quali via Dante e piazza Repubblica, che consiglio di visitare per scoprire una visuale privilegiata della skyline del Castello di Cagliari e del Cimitero monumentale.
Cimitero di BonariaA proposito di quest’ultimo vi sarebbe da dedicare una filippica al suo recupero come sito artistico e storico, ma l’occasione di una piacevole passeggiata può destare molto più interesse sociale e curiosità intorno ad uno dei luoghi più belli, ancorché maltrattati, di Cagliari. Il suo impianto, nella parte pianeggiante, ricca di sepolture a terra con lapidi e sculture di pregio, ricorda l’eleganza dei giardini di sepoltura inglesi, se non fosse per l’incuria totale in cui versano le tombe e la scarsa, trascurata, vegetazione. Eppure si tratta della parte più antica risalente al 1829, costruita sulla spinta della forte necessità causata dell’epidemia di colera del 1816 e dalla conseguente emergenza igienica che rendeva insufficienti gli spazi cimiteriali adiacenti alle chiese per una città che si stava velocemente espandendo. Infatti già trent’anni dopo, Gaetano Cima (urbanista che firmò la sistemazione e la progettazione di molti degli edifici più importanti della città come l’ospedale Civile e il Teatro civico di Castello) progettò un ampliamento dell’area verso la collina che trasformò il cimitero di Bonaria in una esposizione artistica en plein air di molti scultori dell’epoca, anche grazie alla scelta di dedicare un’area specifica alle tombe dei cattolici protestanti inglesi, francesi e tedeschi e di cittadini dei vari paesi europei: uno splendore di cui oggi percepiamo una idea pallida e fatiscente, ma pur sempre molto suggestiva, che potrebbe rappresentare il punto di partenza per l’amministrazione cittadina per una valorizzazione e riqualificazione di una zona di altissimo pregio artistico e ambientale.Proseguendo sulla direttrice delle sepolture, si giunge dal viale Cimitero fino alla piazza S. Cosimo, “porta” aperta sulla commerciale via Sonnino e vie limitrofe. Intorno alla originale pianta dell’antica Basilica di San Saturnino, della quale si ha già notizia nel V° secolo dopo Cristo, dalle inferriate che delimitano il prospetto principale della chiesa, nelle aree a destra e a sinistra, si possono osservare molte sepolture a terra di origine punica, sulle quali si è poi innestata prima una necropoli romana e, successivamente, paleocristiana.
Nel corso dei primi anni Novanta, contemporaneamente al restauro della chiesa, gli scavi hanno infatti evidenziato molte sepolture individuate come paleocristiane dalle iscrizioni latine e dalle formule della cristianità antica, tombe che si sono sviluppate a raggiera intorno al punto – l’abside – in cui si narra fosse stato sepolto il giovanissimo martire Saturnino, divenuto poi il novembrino Santo Patrono della nostra città.
Dispiace che un ritrovamento storico – archeologico così importante sia da molti anni celato da lamiere e in completo stato di abbandono, preda dei “ piccionari” (corrispettivo dei “gattari” di pur nobile intento) e relativi piccioni che vi pasteggiano e che rendono il luogo igienicamente non fruibile, mentre meriterebbe di essere pienamente valorizzato e recuperato, così come avviene nella maggior parte delle città italiane che sarebbero ben felici di fregiarsi della presenza di vestigia così importanti.

La nostra sepolcrale passeggiata prosegue attraverso la via Lanusei e si arrampica verso il Bastione di Saint Remy, in direzione della Cattedrale. Per giungervi costeggiamo la rocca prospiciente il quartiere storico di Villanova (antichi orti della città che degradavano verso la campagna di Pirri) attraversando la via che risale il Bastione di Santa Caterina e che prosegue nella suggestiva via Fossario con il suo portico medioevale. La toponomastica è chiara: il Fossario indica il luogo di sepoltura dei castellani del medioevo sviluppatosi accanto alla Cattedrale di Santa Maria di Castello (dedicata all’Assunta e a Santa Cecilia) e alle carceri arcivescovili. Da alcune testimonianze documentali, la zona funeraria si estendeva anche sotto l’edificio della scuola di Santa Caterina, antico monastero femminile, nel quale furono ritrovati i resti delle monache là sepolte. Proseguiamo poi il nostro cammino attraverso il Castello e, in un percorso coast to coast, attraversiamo lo slargo tra la via Canelles e la via Fossario, l’arco dell’antica torre dell’Aquila (adesso inglobata dal Palazzo Boyl) e la via Università. Alla fine della via lasciamo la Torre dell’Elefante sulla destra e scendiamo a sinistra, verso l’altro quartiere storico a carattere anticamente commerciale e artigiano: Stampace.

E’ qui che, sotto la rocca del Bastione di Santa Croce, nel punto che viene denominato Fossato di San Guglielmo, nel 1341 abbiamo notizia di un cimitero ebraico. Ma non sappiamo con certezza se gli edifici sovrastanti facessero davvero parte del cosiddetto Ghetto – come attualmente viene indicato – sebbene si abbia notizia di un utilizzo come sinagoga della chiesa di Santa Maria del Monte posta alla sommità di via Santa Croce e di circa cinquemila ebrei iberici che lasciarono Cagliari a seguito di un decreto dei Re di Spagna, Ferdinando e Isabella nel 1492, l’anno della scoperta dell’America.
Dal Fossato di San Guglielmo, risalendo per le pendici del Castello attraverso la nota Porta dei Capperi ( cosi detta per la presenza del saporito frutto cresciuto tra gli interstizi delle rocce calcaree), proseguiamo il nostro tour tra le tombe attraverso il viale Buoncammino prima e il viale Merello poi.

Qui troviamo la collina di Tuvixeddu che forma un sipario trasversale tra le due lagune.
I fenicio cartaginesi, tra il IV e V secolo avanti Cristo, individuarono quest’area come zona di sepoltura dell’antica Karalis. La collina dei piccoli fori – questa l’etimologia del nome – è a carattere calcareo quindi geologicamente predisposta alla creazione di cavità. Da questa caratteristica geomorfologica discende la tipologia delle tombe alle quali si accedeva attraverso un pozzo di lunghezza variabile. Dal pozzo si giungeva alla camera sepolcrale spesso affrescata e decorata , in molte delle quali sono stati rinvenuti reperti di grande pregio artistico come gioielli, sculture e vasellame. La parte che declina verso la laguna di santa Gilla verso l’attuale viale S. Avendrace venne successivamente utilizzata come area cimiteriale, dalla tipologia tombale ad arcosolio e colombari, dai romani e da essi chiamata a Karalibus turrem, nella quale zona esiste uno degli esempi più pregevoli di sepoltura romana visibili nella nostra città: la Grotta della Vipera (dalla decorazione frontale scolpita che rappresenta l’animale simbolo della stirpe del nobile mecenate), sepolcro della nobile matrona Attilia Pomptilla a lei dedicato dal marito Lucio Cassio Filippo. Bella e triste la vicenda dei coniugi che viene ricostruita storicamente attraverso le notizie che ne danno alcune iscrizioni metriche latine e greche (oramai non più leggibili): la matrona avrebbe sacrificato la sua vita per salvare il marito dopo che furono condannati all’esilio.

Siamo giunti oramai alla fine della nostra passeggiata tra i luoghi di sepoltura di Cagliari e abbiamo attraversato la direttrice che dal colle di Bonaria, attraverso il Castello e Tuvixeddu, discende verso l’area di sepoltura più recente nella quale i Cagliaritani di oggi – anche colei che scrive – si recano a trovare le persone care che non ci sono più.

Sarebbe interessante continuare a sviluppare il necessario distacco e la coscienza civile che, come al tempo dei Lari e dei Penati, passando attraverso la visione illuministica di Ugo Foscolo per giungere fino alla serenità dei giardini di sepoltura dell’Inghilterra e del Nord Europa, permetta anche a noi di accostarci a questi luoghi, non necessariamente solo nel ricordo di un dolore, ma nella serena malinconia della pace ritrovata e del rispetto per chi ci ha lasciati.

Leave a comment.