Ho seguito Cuore di Tenebra da molto vicino, e l’unico modo che ho di parlarne è attraverso le mie fotografie, mi sono permessa di usare due delle centinaia di recensioni che su facebook hanno intasato la pagina dell’evento, otto repliche tutte sold out, un pubblico silenzioso e attento ha seguito per 63 minuti le storie di Cuore di Tenebra. Questo è uno dei lavori più emozionanti a cui io abbia partecipato come fotografa.
Buona Lettura e Buona Visione
“Nelle foto di Sabina Murru alcuni dettagli di Cuore di Tenebra. Li trovo molto rappresentativi di quello che è stato per me la scorsa domenica. Ho pensato a lungo a cosa scriverne, e come ha già detto qualcuno – non è facile. È uno spettacolo che va visto. Anzi, non visto: vissuto. Perché così come i tre splendidi protagonisti, Andrea Federica e Ga, non recitano ma vivono lo spettacolo, anche lo spettatore non è pubblico muto che riceve ma carne viva che palpita e reagisce al racconto, lo fa esperienza collettiva. È scomodo, inquietante, duro, profondo e amaro e sicuramente catartico. Imperdibile, perché Teatro così a Cagliari non se ne è visto spesso, e perché parla al cuore (di tenebra, nelle tenebre) di ognuno di noi. Applausi a voi, Ferai Teatro.”
Rosie Atzori
” Odio il teatro che si piace, il teatro che si piange addosso, il teatro che ammicca, il teatro che finge ed ostenta.
Ed è per questo che ho amato “Cuore di tenebra”.
Perchè non ammicca, non finge, non ostenta. Lacera lentamente la sua carne fatta di corpo, parola e materia, urla di dolore, ma non fa mai la vittima. Urla, ma senza sbraitare. Mette su uno dei piatti della bilancia un carico ingente di materia viscerale, di massa nervosa e fumante, ben visibile ma molto difficile da afferrare se non sporcandoci noi stessi le mani, mettendo sull’altro piatto ciò che abbiamo in comune con i personaggi che raccontano e con i loro traumi, le loro ossessioni, i loro incubi repressi.
Ed è lì che si diventa pezzi del puzzle. Parti dell’opera.
Perchè ognuno di noi si riconosce almeno in un dettaglio, in una sfumatura, in un ricordo terribile di quelli che Ga, Andrea e Federica raccontano, a volte a voce urlata, altre volte quasi sussurrando. E i personaggi in scena non sono più tre ma cinquantatrè, perchè cinquanta sono i posti a sedere del Ferai / Teatro OFF di Cagliari. Il testo coinvolge, travolge, porta dentro, come un mantra, che si libra fra ripetizioni precise e interventi quasi poetici.
È un esorcismo collettivo, un “gioco del dolore” condotto con grande tecnica e precisione.
E alla fine, fra chi si è commosso, chi si è riconosciuto e chi semplicemente si è lasciato trasportare dalle storie di Ga Andrea e Federica, ci si sente tutti un po’ meglio.
L’esorcismo ha funzionato.
E questo è quello che io chiamo teatro vivo.”
Michele Vargiu
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