Tutte le città del mondo si assomigliano ma nessuna è uguale all’altra. Il Mar Mediterraneo ha questa qualità di rendere le città, particolarmente, vicine e con un dettaglio storico o sociale tanto, lontane.
La Tunisia trovandosi al centro del Mediterraneo gioca il ruolo di questa bussola marittima, le sue città possono assomigliare a tante altre vicine: Algeri potrebbe essere Tunisi, Casablanca potrebbe essere Sousse, Sidi Bou Said potrebbe essere una parte di Atene, Monastir potrebbe essere Heraklion, Cagliari potrebbe essere Mahdia e l’entro Iglesiente potrebbe essere la Zona del Sahel “centro della Tunisia”. Lo stesso discorso potrebbe essere valido per Malta, dove non solo i paesaggi sono identici a quelli tunisini ma anche la lingua, le tradizioni…perché in fondo non solo la natura contribuisce nel costruirle, ma la storia e gli spostamenti umani che a loro volta lasciano delle tracce indelebili nella parola.
Non ci sono permessi di soggiorno, né visti per esse, nessun confine politico, volano attraverso i secoli e dichiarano la loro esistenza entrando nel vocabolario di ciascun abitante. Non mi sorprende il fatto di sentire a Cagliari Eya per affermare un fatto, perché a Tunisi si dice eyy oppure l’aggettivo Gaurru nell’iglesiente, che equivale a Gou’r nel tunisino. L’intento di quest’esemplificazione dialettale non è quella di parlare degli arabisimi, (cioè in quelle parole entrate a fare parte integrante del vocabolario dell’italiano, ma per le quali gli studiosi hanno rintracciato un’origine araba), ma di fare un elenco significativo di termini antesignani di come le culture siano spesso il motore del sincretismo. Infatti, il lessico commerciale della lingua italiana è quasi sempre di origine araba proprio perché i commercianti arabi circolavano nel Mediterraneo così: Dogana (Dall’arabo diwan(a), libro dove si segnavano le merci in transito). Facchino (risale alla parola araba faqª°h, in origine giureconsulto, teologo, passata poi ad indicare il legale chiamato a dirimere questioni relative alla dogana, La degradazione semantica da ufficiale di dogana a portatore dei pesi sarebbe avvenuta nei secoli XIV-XV, quando, in seguito alla grave crisi economica del mondo arabo-islamico, gli antichi funzionari furono costretti a dedicarsi al piccolo commercio di stoffe). Fondaco. Dall’arabo funduq, alloggiamento per mercanti, a sua volta derivato dal sostantivo gr. pandochêion, locanda. Magazzino. (Dalla parola araba di forma plurale makhazin, depositi) ecc… Ma tornando al nostro argomento sulle città del Mediterraneo, si potrebbe dire che un mare ci divide, lo stesso mare che ci ha uniti, lo stesso che oggi presenta un pericolo ed è oggetto di discussioni accese per l’immigrazione clandestina, per i traffici… Così come nel Cinquecento, si contendevano il mare i sovrani europei e i pirati ottomani che saccheggiavano e nascondevano i loro bottini nei ripari delle isole italiane e tunisine. Si potrebbe pensare all’Isola di Carlo Forte e la storia dei tabarkini.
Oggi ancora più di ieri le città del Mediterraneo stanno cambiando “fisionomia” e si stanno piegando alle leggi della globalizzazione adottando i negozi di vestiti in franchising, i ristornati di catene internazionali, perdendo, sfortunatamente, il fascino pittoresco costruito da secoli, i viali principali dei centri storici di Tunisi, Cagliari, Palermo, La Valletta, Genova oppure Casablanca…sono ormai clonati.