Damasco Moschea Omayade
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Articolo di Antonella Appiano

Damasco non misura il tempo con i giorni, i mesi, gli anni ma con gli imperi che ha visto nascere, prosperare e andare in rovina. E’ il prototipo di immortalità”, scriveva Mark Twain.

Ma in questi giorni di attentati, esplosioni e combattimenti tra l’esercito siriano e i ribelli, cominciamo a temere che Mark Twain si sia sbagliato. Damasco sopravviverà alla tremenda guerra civile? E soprattutto, come sopravviverà?

Un amico damasceno mi ha scritto in una lettera “Il centro storico non è stato ancora colpito ma che cosa succede se s’infiltreranno quelli dell’esercito Libero?”. Il centro storico di Damasco, la madina qadima, è patrimonio dell’umanità dal 1979. La capitale siriana, la città più antica del mondo che sia stata abitata senza interruzioni fino ad oggi, trasmette una fascinazione irresistibile. Un proverbio recita: “Il centro storico ha sette porte e bisogna viverci altrettanti anni per comprendere Damasco”. Ma bastano molti meno per innamorarsene. Quanti popoli e quante culture sono passati per le stradine della Città Antica, lasciando impronte o tracce nelle costruzioni, nella lingua, nei luoghi? Fondata nel terzo millennio avanti Cristo, ha fatto parte dell’impero bizantino e dal 661 al 750 ed è stata capitale del califfato Omayyade. Nella metà del VIII secolo, dopo la presa del potere della Dinastia Abbaside, la capitale del Califfato fu trasferita nella nuova Baghdad e Damasco cominciò a perdere d’ importanza. Dopo un periodo di fioritura nel Medioevo, subì il saccheggio dei Mongoli nel 1400 e decadde sotto l’Impero Ottomano, per “risorgere” ancora.

Durante il Mediovo è stata meta di grandi viaggiatori. E ancora nel marzo passato, passeggiando di sera per le vie della città vecchia ritornavano alla mente le parole dell’andaluso Ibn Gubayr, che in visita a Damasco nel 1184 scriveva “…i verdi giardini cingono Damasco come l’alone cinge la luna”. E oltre un secolo dopo Ibn Battuta, che aveva soggiornato a Damasco tra il luglio e l’agosto del 1326, annotava che”la città superava tutte le altre in bellezza e perfezione”.

Sono state tante vote a Damasco. Per respirare l’atmosfera medioevale, bastava alzarsi la mattina presto e vagabondare fra i vicoli. Andare al mercato delle spezie, al Busurije, dove si trova l’Hammam Nur al Din al Shahid. Nur al Din, “Luce della fede”, conosciuto meglio da noi come Nureddin. Un eroe per i damasceni, perché combatté tutta la vita i crociati e riportò Damasco agli antichi splendori dopo il periodo oscuro degli Abbassidi. Durante quell’epoca, la città fu saccheggiata da innumerevoli “signori” locali. Ma Nureddin la liberò nel 1154 e per Damasco fu l’inizio di un periodo florido che durò per più di duecento anni.

Nur al Din, visse vent’anni a Damasco. Fece costruire moschee, bagni pubblici, madrase. E anche il primo Ospedale di concezione “moderna”, il celebre Bismaristan Nureddin, con le sue cupole rosse, sempre vicino al mercato delle spezie. Oggi, l’ospedale, restaurato è diventato il Museo della Medicina e della Scienza. Ma immaginiamo quando, durante il Medioevo, era già diviso in reparti: chirurgia, ortopedia, malattie mentali e malattie febbrili. Reparti dove, sembra, venivano sperimentate già gli usi benefici della musica sulla guarigione, Invece l’Hamman andò diverse volte in rovina, e diverse volte fu restaurato. L’ultima volta sulla base di antichi documenti.

Molti punti della Vecchia città ricordano l’atmosfera medioevale ma forse è proprio nel mercato delle spezie, al Busurije, nel cuore di Damasco, fra costruzioni preziose, la Cittadella, dove abitava Saladino (nipote di Nureddine), la Moschea degli Ommayyadi che senza forzare troppo la fantasia, si rivive il passato. Si respirano i profumi, gli odori, i suoni che sembrano aver impregnato le vecchie pietre.

Quei suoni che oggi sono coperti dai colpi dei cannoni e delle armi da fuoco. Una speranza. Scrive il poeta palestinese Mahmud Darwish ne “Il collare damasceno della colomba: “A Damasco, il verbo al presente continua le sue faccende omayyadi: camminiamo verso il nostro futuro, sicuri del sole del nostro passato. Noi e l’eternità siamo gli abitanti di questo Paese”.

Antonella Appiano

Giornalista specializzata in Medio Oriente e Islam. Inviata per Siria, Libano, Giordania del quotidiano on line L’Indro (http://www.lindro.it)

Presidente e ricercatrice per l’Associazione Culturale MOAN, ricerche e analisi sul Medio Oriente e l’Africa del Nord, vive fra Roma e Milano. Appassionata e studiosa accademica del Mondo Arabo, del Medio Oriente e dei temi legati all’Islam, segue per tre mesi (da marzo a maggio 2011) la crisi siriana, per il quotidiano on- line Lettera43. A luglio ritorna nel Paese e collabora con diversi media (Radio24, Uno Mattina, l’Espresso) sempre seguendo in loco la situazione. Per Il Sole24ore- Job24.it, e per Jobtalk , il blog di Job24.it ha scritto di società e lavoro in Medio Oriente, di Immigrazione, di 2G, del rapporto fra donne e lavoro, donne e potere, donne e media, in Italia e nei Paesi Arabi.

Il percorso professionale è incominciato collaborando con La Stampa e Il Sole 24 Ore. In Tv, ha lavorato per le Reti Mediaset come inviata e conduttrice e in programmi e speciali d’informazione e servizio. Del 1995, il libro “Sabbie d’oro”, romanzo storico ambientato in Etiopia negli anni ’20, pubblicato da Antea Editrice. Nel 2005, l’esordio come autrice teatrale, con la commedia “No budget! Due cuori e una tv”, prodotta dalla compagnia “Cubatea” e rappresentata al Teatro Due di Roma.Nel 2007 ha partecipato come docente-ospite al Master Universitario “Professioni e Formati della Televisione e della Radio Contemporanee” organizzato dall’Università di Roma 3 e coordinato dai Professori Enrico Menduini e Vito Zagarrio. Nello scorso novembre è uscito in libreria “Le Italiane”, Castelvecchi Editore, libro a molte voci. Suo il profilo su Grazia Deledda.

Nel novembre 2011 ha pubblicato “Clandestina a Damasco – Cronache da un paese sull’orlo di una guerra civile”, per i tipi della Castelvecchi RX. Reportage del suo soggiorno in Siria come giornalista sotto copertura, nei mesi della rivolta contro il regime di Bashar al-Assad.

Ha ricevuto il Premio “Castagna d’oro” 2002 e Premio “Alfieri di Asti”, attribuiti ogni anno a rappresentanti del mondo della cultura, dello spettacolo e del giornalismo piemontese. E, nell’ambito della Manifestazione NettunoPhotoFestival 2012, il Premio “Giornalismo come impegno civile”.

Blog: www.conbagaglioleggero.com

On Twitter @antonellappiano

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