Ghetto New York
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di Sara Aiello

In un celebre film di Robert de Niro, “Bronx”, uno dei protagonisti della storia afferma spesso: “Studia a scuola e impara dalla strada”. È proprio da essa che nascono tutte le nuove tendenze e dove si ha la percezione netta di ciò che piace, di ciò che si usa, di come si parla, tra amici, tra la gente comune. La strada come luogo di vita, d’incontri, di sensazioni comuni, in cui si scoprono sempre più nuove forme di espressione…e dove anche l’arte nasce, si sviluppa e cresce…come la danza.

La cosiddetta danza da strada o “street dance”, nasce alla fine degli anni ’70 come espressione della cultura di strada dei ghetti di New York caratterizzati da una quotidianità fatta di violenza, droga e criminalità, in cui palazzi abbandonati e decadenti sarebbero stati coinvolti in processi d’urbanizzazione e ricostruzioni stradali, per far in modo che i veicoli provenienti dalle aree lussuose di Manhattan, potessero uscire dalla città, passando sopra i quartieri poveri, senza doverli attraversare. Ribellandosi a tutto ciò, bande di ragazzini con grande spirito d’iniziativa e immaginazione, iniziano a fondare un nuovo stile che romperà definitivamente il concetto d’arte e d’ espressione corporea. Così nasce l’arte del “writing”, ovvero dipingere illegalmente su vecchi muri, graffiti colorati, rinnegando il sistema d’arte convenzionale producendo opere accessibili a tutti, sotto gli occhi di tutti. Intere bande o “crew”, definendosi “b-boys” ( per i ragazzi) e “b-girls” (per le ragazze ) iniziano a stabilire il proprio dominio su di un territorio, ballando e sfidandosi in acrobazie a ritmo di rap.

Una sfida che segna simbolicamente un nuovo modo di battersi, non con l’uso della forza, ma con abilità artistica, pubblicizzandosi con lo slogan: “Fight with creativity not with weapons” (lotta con la creatività, non con le armi). L’arte, la danza da strada diventa così una vera e propria rivoluzione giovanile. Un’attività che si svilupperà sempre di più ruotando attorno a quattro principali discipline: il rap, le composizioni musicali del dj, il graffitismo e la break dance. Il presupposto di base di tutte queste attività è reagire artisticamente a qualcosa di negativo, far sentire, in un modo o in un altro, la propria voce. Non a caso, la maggior parte dei cantanti rap americani ritma canzoni che parlano della realtà propria, denunciando il sociale per crearsi quello spazio di libertà d’espressione spesso negato dai mass media. Ma questo nuovo modo di comunicare avrà maggior riconoscimento soltanto negli anni ’80-’90, dove verrà considerato anche in ambito cinematografico (ricordiamo film come Wild style e Flash dance), e pian piano, seppur senza essere risparmiato da critiche, l’hip-hop e tutto ciò che lo riguarda, dilagherà in tutto il mondo. Basterà ricordare le lezioni dei primi anni Novanta arrivate e portate in Italia dai primi presenters americani, per poi passare alle più evolute del fine anni 90, per arrivare ad una continua trasformazione degli ultimi anni.

Oggi l’hip-hop quella danza nata fra le strade dei ghetti americani è un fenomeno sempre più in diffusione in Italia e in molti altri paesi del Mediterraneo, diventando un fenomeno artistico a pieno titolo, con una sua cultura. Basti pensare che molte delle nostre città sono piene di murales e graffiti, che se per alcuni costituiscono una vergogna, e un modo di fare incivile, per altri rappresentano il luogo per comunicare, contro l’emarginazione sociale. Anche la televisione ormai , ha assimilato quelle che sono le caratteristiche tipiche di questo stile proveniente dall’America; sempre più video musicali che vanno in onda sui canali satellitari lo rappresentano, così come lo stesso modo di vestire (generalmente con pantaloni e maglie molto larghe). In Francia, a Parigi, diversi ragazzini si allenano sotto la metro con radioline che emettono “breakbets” e dove la cultura hip-hop si è integrata notevolmente con l’ambiente cittadino, potendosi paragonare agli Stati Uniti, e molte sono le città dove in piazze, parchi o strade molto larghe i ragazzi si sfidano improvvisando passi di break dance.

A Nancy, una città molto carina nella regione francese dello Champagne, giovani gruppi di ragazze e ragazzi si sfidano nella piazza principale, Piazza Stanislao, a colpi di tectonic, una danza nata proprio in Francia, che si basa sempre su movimenti della break dance, ma con ritmi più frenetici e con sottofondo di musica techno.

Anche nella mia città a Catania, una piazza è ormai nota come “Squibb”, nome preso in prestito da un edificio circostante che ospitava una società farmaceutica americana che aveva lo stesso nome. In quasi tutte le ore del giorno è possibile vedere elaborati passi di break dance, nonché spettacolari salti mortali sugli skateboard, incorniciati da mura pieni di graffiti colorati. Ma non è solo in strada che si balla, in quanto vi sono anche ottime scuole di danza che si servono di corsi di hip-hop, frestyle per attirare i giovani a questo nuovo modo di danzare, e numerose sono le conventions, le manifestazioni sportive che si servono dei migliori ballerini di fama mondiale per insegnare questo sport, questa libera espressione artistica dell’essere umano nata in strada.

Come si legge nel libro di “Semiotica del teatro Popolare” (Einaudi 1973), la scelta della strada come spazio scenico deriva dalla necessità di trovare un luogo di rappresentazione che il più possibile possa essere percepito in modo diretto e semplice, senza che ci sia bisogno di recarsi a teatro e soprattutto di comprare un biglietto d’ingresso.

La nascita della “danza da strada” nasce proprio da questo bisogno, dal creare a modo proprio senza pretendere fama e gloria ma semplicemente per esprimere il proprio essere e in modo che tutti, indistintamente, possano far parte dello spettacolo.

 

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