Decidiamo di partire, di lasciarci dietro le passioni forti del Sud, dell’Alto Atlante, degli occhi berberi, dei colori rossi e rosati. Con un pietra nel cuore saliamo verso il Nord alla ricerca di nuove avventure.
Abbiamo varie mete da raggiungere, ma la prima è Chefchaouen.
Prendiamo diverse strade provinciali, il viaggio è lungo quasi 600 Km e vogliamo farli in giornata.
Siamo ancora nel cuore dell’Atlas quando vedo un asino sul ciglio della strada con i piedi legati.
È una pratica molto diffusa ma quello sembra dimenticato li, senza acqua né cibo.
Fermo la macchina con un urlo gelido, cerchiamo qualcosa per dargli dell’acqua, faccio a metà una bottiglia di plastica da 2 l. e la riempio un po’.
Fruga fruga troviamo anche una scatoletta survivor.
Attraversiamo la strada, il povero asinello è felice di vederci, appoggio l’acqua sotto il suo musone e inizia a bere. Poi sentiamo delle voci, è la contadina che scende dalle montagne velocissima, con un passetto omogeneo e cadenzato che sembra Super Mario Bros in versione berbera.
Non parla francese e forse neanche arabo.
Comunque mi fa capire che l’asino ne ha ben donde de magnà e che la scatoletta la vuole lei. 🙂
La apre ci saluta e va via saltellando felice.
Tutto intorno a noi c’è una luce pazzesca. Tipo questa
Proseguiamo il viaggio con piccole soste, dobbiamo prendere una decisione, lungo la strada incontreremo le città imperiali di Meknes e di Fes, tanta roba da vedere, ma io sento un richiamo più forte, quello di Tanger.
Quindi proseguiamo per arrivare su al Nord entro la giornata.
E il viaggio ci distrae con spettacoli sempre diversi.
Il paesaggio cambia lentamente, dopo un mese d’Africa e di orizzonti lunghi, lentamente il Mediterraneo consueto si affaccia all’orizzonte, è così familiare che quasi mi disturba. Segno che stiamo per tornare a casa.
Abbandono velocemente questi brutti pensieri e quando arriviamo faccio i dovuti paragoni con le altre città del Mediterraneo, gli odori non mancano, i colori pure.
Bene ci siamo.
Niente mare per il momento, ci troviamo nella regione montuosa del Rif, la sua cima più alta, il monte Tidirhin, raggiunge i 2.456 metri sul livello del mare.
Il Rif è famoso per un altro motivo, vi si coltiva il Il kif (la cannabis) per un quantativo che ricopre circa il 40% della produzione mondiale di hashish.
Siamo intenzionati a visitare una fattoria e crediamo che il luogo migliore sia la cittadina di Ketama.
La mattina dopo andiamo a parlare con il responsabile nella hall, sappiamo che ci sono diversi percorsi per fare trekking e facciamo per chiedergli informazioni… insomma non vogliamo dirgli subito delle nostre intenzioni turistiche, e quindi dissimuliamo con altre richieste.
Alla parola Ketama l’hotelier risponde: Ah cercato hashish?
E li ci racconta che oggi la coltivazione di cannabis è illegale in tutto il paese, ma sostanzialmente nella zona del Rif è tollerata perché parte integrante dell’economia locale.
Il nostro benefattore ci consiglia di recarci ad Akchour e di fare una bella escursione fino a raggiungere il Pont de Dieu.
“Li potrete chiedere ai bambini che vi accompagneranno a visitare le fattorie”prosegue.
Seguiamo il suo consiglio e partiamo.
La località è semplicemente fantastica e ci sono peraltro diverse falesie dove fare arrampicata sportiva!
La zona è battuta da una domanda turistica interna composta da giovani in campeggio e famiglie che si godono i paesaggi.
Una giornata caldissima ci accompagna per tutta l’escursione e quando torniamo verso i parcheggi ci rendiamo conto che non abbiamo visto le piantagioni e in realtà non sappiamo a chi chiedere.
Poi la svolta.
Entriamo in un negozietto a comprare frutta e qualche boccetta di olio di argan, così distrattamente chiediamo se ci sono delle fattorie in giro e il gestore chiama direttamente il contadino.
Dopo qualche minuto siamo di nuovo in marcia.
Il nostro accompagnatore, che chiameremo Mohamed per tutelare la sua privacy, ci spiega che lui coltiva il Kif dall’età di 9 anni e si tratta di un lavoro duro sui campi montani, al pari della coltivazione di patate o qualsiasi altro ortaggio.
In quella valle ci sono 5 grosse fattorie, una è la sua.
Il mercato di riferimento è prevalentemente europeo e il prezzo di 1 grammo di hashish, se acquistato in loco, è di circa 2 €.
Arriviamo a casa sua circondati da queste immagini.
Mohamed ci spiega che ha assunto 5 braccianti per la raccolta. Conosciamo sua mamma e poi ci conduce nel “laboratorio”dove con un’unica battitura della materia prima produce la resina.
Ovvero inserisce la pianta secca in un contenitore avvolto da un tessuto in seta e uno di plastica, batte con un bastoncino e il risultato finale è una resina di hashish molto pregiata.
Sarebbe impensabile realizzare a mano un quantitativo pari alla richiesta minima del mercato estero, pertanto quella primizia rimane quasi totalmente appannaggio delle comunità locali, che ne fanno un uso abbondante.
Soprattutto gli anziani, che la consumano con una particolare pipa chiamatasebsi.
Mohamed, che ha la seconda elementare e parla correntemente francese inglese e spagnolo, ci dice che fuma soprattutto la sera per rilassarsi e giustappunto, fa una sigaretta con la resina appena realizzata.
Siamo nella sua cameretta, in quel momento entra sua mamma che ci ha preparato il tea con i biscotti in pasta di mandorle e lui nasconde la sigaretta dietro la schiena, visibilmente imbarazzato.
La mamma appoggia il tea, ci chiede se gradiamo anche del pesce essiccato.
Decliniamo gentilmente l’invito mentre vediamo il fumo che fiorisce dalla schiena di Mohamed che ha nascosto la sigaretta sotto la t-shirt rischiando di bruciarsi. Fa uscire velocemente sua mamma e poi confessa che non fuma mai davanti a lei, la mamma non vuole!
😀
Abbiamo riso per giorni lo confesso.
Vorrei parlarvi ancora del Rif ma è tardi e la porta dell’Africa ci aspetta, ancora 113 Km sulla N2 fino a Tanger.
Dimentico tutto quello che ho visto del Marocco quando arrivo. Siamo in un altro mondo, è l’inizio della fine con un varco aperto.
Tanger ha mille anime, perdersi in Medina e cercare quella della beat generation è uno specchietto per le allodole, non la troverete.
Troverete un mix di emozioni che hanno abitato la città nei secoli.
La fine dell’Europa e l’inizio di qualcos’altro.
L’interzona aleggia nell’aria sempre e comunque
Tanger è colta e sporca, i bambini tirano la colla nei parchi e le ragazze sono libere di andare al mitico cinema Rif e connettersi col mondo.
Ripartire da qui significa desiderare di tornare. Un giorno.