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Chi non legge ha solo la sua vita, che, vi assicuro, è pochissimo. Invece noi quando moriremo ci ricorderemo di aver attraversato il Rubicone con Cesare, di aver combattuto a Waterloo con Napoleone, di aver viaggiato con Gulliver e incontrato nani e giganti. Un piccolo compenso per la mancanza di immortalità”. Umberto Eco

L’editoria attuale è uno spazio difficile da delimitare, i punti di riferimento principali sono cambiati. Sono cambiati gli editori e i gli scrittori, la cultura che si diffondeva e si basava sui contenuti dei libri, è cambiato il modo di intendere la conoscenza, che è diventata più ricca di informazioni, più ramificata, ma meno sicura. La rete ha cambiato tutti, chi produce e legge libri.

Negli ultimi vent’anni si è perso un numero consistente di lettori e le ragioni sono tante. Si potrebbero cercare le cause in molteplici direzioni: l’attenzione inesistente dei media sul mondo del libro, la crisi del consumo di cultura in genere, la difficoltà di fare rete fra tutti gli operatori, la scarsa attenzione dello Stato. Quest’ultima colmata in parte con un progetto molto importante, ma poco conosciuto, come il Cepell (Centro per il libro e la lettura), istituto autonomo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, che per statuto “ha il compito di divulgare il libro e la lettura in Italia e di promuovere all’estero il libro, la cultura e gli autori nazionali”. Fondato nel 2008 era pensato per divenire l’omologo del Centre du livre francese, ma in questi anni è riuscito a fare ben poco anche sotto la direzione di Gian Arturo Ferrari uno dei più importanti manager del mondo editoriale italiano. I problemi di interesse pubblico – perché la lettura e la diffusione della cultura, sono di importanza primaria – non sono gestibili come un’azienda. Gli interessi, appunto, sono diversi.
Non manca invece l’offerta, anzi. L’offerta non è mai stata così alta, ci troviamo di fronte ad una deformazione del mercato. La rete ha creato nuovi strumenti di pubblicazione, soprattutto ha dato la possibilità a chiunque di auto pubblicare la sua opera, di valore o meno lo si lascia decidere al mercato. Ma anche gli editori tradizionali pubblicano molti più titoli di quelli che il mercato può assorbire, sperando di recuperare ricavi sulla quantità. Si da ancora pochissima attenzione al digitale, che invece è l’unico mercato che si sviluppa e crea nuovo lavoro, che insieme al mondo del fumetto è l’unico settore che non sente la crisi.

Ci troviamo di fronte ad una rivoluzione paragonabile a quella operata da Gutenberg. Gli effetti moltiplicatori della conoscenza attraverso la rete sono incalcolabili, come accadde nel 1400 con l’introduzione della stampa. Il discorso è complesso, ed è in continua mutazione. Lo scrittore Christian Raimo la vede così “bisognerebbe che cambi radicalmente la politica sul libro in Italia: niente più eventi, niente più scontistica, ma tutela del lavoro, formazione, sostegno alle case editrici di qualità”.

Assessore FirinoNe abbiamo parlato con Claudia Firino, Assessore della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna.

Cominciamo con una domanda sull’evento più importante dell’editoria italiana. Com’è andata al Salone del libro di Torino?

E’ andata molto bene. Le vendite, nello stand della Regione Sardegna, hanno superato del 25% il dato registrato nel 2013. E’ stato un successo per l’editoria sarda, e in generale un dato positivo per la cultura. L’anno scorso non eravamo presenti a Torino, ma siamo stati a Roma alla Fiera nazionale della piccola e media editoria, Più libri più liberi. Ci sembrava più in sintonia con la dimensione delle nostre case editrici. Quest’anno però abbiamo deciso di partecipare alla Fiera internazionale del libro di Torino con una proposta ricca di eventi. Abbiamo dedicato il salone del libro a Sergio Atzeni, creando una serie di iniziative legate alla sua figura. Lo hanno raccontato attori, musicisti, scrittori e giornalisti.

Anche i film hanno avuto uno spazio importante.omaggio a sergio atzeni

Si certo, dai libri sono nati bellissimi film, che possono poi stimolare la passione verso i libri.
L’idea è quella di replicare l’anno prossimo, coinvolgendo in modo particolare le scuole, il centro di interesse primario per la promozione della lettura.

Le case editrici sarde, (30 quelle presenti alla Fiera) nonostante la crisi hanno aumentato e diversificato l’offerta, da alcuni anni non solo di autori sardi o dedicata alla Sardegna. Si parla del Genocidio armeno e della sponda sud del Mediterraneo. Lo stand della regione ha ospitato anche la presentazione del libro di autori del Senegal.

Si, ci ha fatto molto piacere ospitare il libro degli autori Kilap Gueye e Ababacar Seck, che racconta la storia di un’immigrazione positiva, dove gli autori raccontano dal loro punto di vista il rapporto con la nostra isola. E’ stato un momento molto importante. Abbiamo forse più punti in comune con la sponda sud che con l’Europa continentale, o anche solo con il nord Italia.
Cagliari è stata scelta come Autorità di gestione dell’ENPI CBCMED (progetto di cooperazione europeo per i paesi del Mediterraneo) per la seconda volta, un’occasione molto importante di sviluppo. Un ente che però ha bisogno di strumenti più efficaci per ampliare i progetti che facciano incontrare le due sponde, dal punto di vista economico, politico e culturale. La Regione Sardegna è molto interessata a potenziare la cooperazione con il Mediterraneo. Si parla sempre della nostra condizione di insularità come aspetto negativo, ma sfruttiamo poco invece il fatto di essere al centro del Mediterraneo.

Anche l’editoria avrà uno spazio in quest’ambito?

Certamente. Stiamo aspettando lo sblocco dei fondi Fers (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) per dare il via a tanti progetti, che vogliamo siano integrati tra loro. Abbiamo intenzione di usare molto bene le possibilità di fare rete, tra diversi soggetti e diversi progetti. L’editoria è un argomento molto presente.

A proposito della diffusione della lettura. La Sardegna mantiene una percentuale abbastanza alta rispetto alle regioni del centro sud, circa il 46% dei sardi ha comprato almeno un libro nel 2014. Questo non dipende dall’alto grado scolarizzazione, che purtroppo è ancora al di sotto della media nazionale. Gli analisti attribuiscono questo risultato ad almeno due fattori: la diffusione capillare delle biblioteche e le manifestazioni a favore della lettura, tra cui i festival letterari. Le biblioteche fanno un ottimo lavoro su tutto il territorio, sono gestite da lavoratori appassionati che, come soldati al fronte, combattono la guerra contro l’impoverimento culturale. Come si può mantenere e migliorare questo servizio, e siccome le biblioteche sono legate alle scuole, cosa ne pensa delle biblioteche scolastiche?
Diversi commentatori giudicano i festival letterari inutili al fine di conquistare nuovi lettori. Chi va ai festival è un lettore forte, un appassionato che seguirebbe comunque il suo scrittore preferito.

Non sono d’accordo sull’inutilità dei festival, ma voglio fare un discorso ancora più ampio.
In tutta Europa si sta assistendo al superamento del Festival letterario così come l’abbiamo conosciuto, il festival non deve essere una mera vetrina di eventi concentrati in pochi giorni. Le date del festival sono il culmine di un processo più ampio, che deve coinvolgere una comunità in un arco temporale più lungo. Proprio per questo abbiamo inserito nel bando di quest’anno premialità importanti per chi inserisce la collaborazione con le biblioteche del territorio e le scuole. L’obiettivo proprio quello di portare all’evento il potenziale lettore, che viene coinvolto in diverse azioni durante tutto l’anno. Inoltre tutti i festival prevedono laboratori per i ragazzi a favore della lettura, che non coinvolgono solo i figli dei “soliti” genitori appassionati. Si cerca di allargare l’interesse a tutta la comunità. Accanto ai festival ci sono tutte le manifestazioni a favore della lettura, che hanno una importanza primaria. Non credo nelle manifestazioni spot, ma una duratura e costante azione di conquista dei lettori.

Che ruolo devono avere le biblioteche?

Un ruolo chiave nella società sarda, ad esempio la sinergia tra scuola e biblioteche è fondamentale. Oltre a confermare il mantenimento di questi presidi culturali, che hanno una capillarità molto rara in altre regioni, vogliamo potenziare il settore perché strategico al fine del miglioramento culturale di una comunità, utile anche alla lotta contro la dispersione scolastica. Stiamo aspettando l’approvazione del Por Fesr perché abbiamo già previsto il finanziamento alle biblioteche pubbliche e private, anche a quelle scolastiche, da mettere però in sinergia con quelle degli enti locali, in modo da fare rete e potenziare l’offerta. C’è poi la creazione di biblioteche carcerarie, un progetto sperimentale a cui teniamo molto. Crediamo che la lettura possa veramente fare la differenza, attraverso i libri alcuni detenuti hanno cambiato il loro futuro.

Quali azioni concrete per aiutare gli editori?

Il compito dell’Istituzione è quello di progettare una politica del libro che cerchi di essere il più possibile al passo con i tempi. Abbiamo a questo proposito ragionato con gli editori, e abbiamo deciso di non finanziare più direttamente la produzione di libri.

Una rivoluzione immagino.

In realtà non ho trovato molte opposizioni. Non crediamo che acquistare le opere aiuti l’editore, magari in quel momento, ma a lungo termine non è uno strumento utile a svilupparsi. A Torino ho parlato con il mio omologo della Regione Piemonte e ha confermato la mia opinione. La Regione non finanzia più direttamente l’editore, si mettono in pratica altre azioni che servano ad esempio a favorire la lettura, e di conseguenza stimolare il mercato.

Cosa pensa dell’editoria digitale? Tenendo conto che il lavoro per produrre un libro digitale è lo stesso, a volte anche maggiore di quello di un libro cartaceo. La Sardegna può garantire una filiera del libro di alta qualità, dai grafici alla produzione di software, e naturalmente la qualità dei contenuti.
La Regione vuole investire seriamente sul digitale? E tornando al discorso delle scuole, sarebbe utile che i ragazzi possano usufruire di contenuti digitali, tenendo conto dei costi e delle infinite possibilità di questi strumenti per l’apprendimento.

Certamente siamo interessati. Sulle scuole abbiamo presentato un piano molto complesso, il progetto iscol@, dove l’innovazione digitale è molto presente. Mi faccia esprimere però la mia opinione. C’è un approccio generale da cambiare: non dobbiamo insegnare ai ragazzi ad usare gli strumenti, essendo loro “nativi digitali, ma ad utilizzarli in modo nuovo. Migliorare la fruizione dei contenuti, aiutarli ad orientarsi tra le fonti: internet è un mezzo straordinario, ma senza una guida non serve ad acquisire una conoscenza di qualità. In questo quadro il ruolo dell’editoria sarà molto importante.
Alcune case editrici si stanno aprendo alle nuove tecnologie, altre non credono al digitale. C’è poi il fenomeno importante delle startup digitali, a cui vogliamo dare tutto l’appoggio possibile per creare le condizioni ideali per svilupparsi. Come istituzione pubblica vogliamo investire sul settore, che vanta la percentuale più alta di nascita e durata delle startup delle regioni del sud. Internet corre veloce, lasciando indietro chiunque, sicuramente le amministrazioni pubbliche. Le decisioni politiche possono dare indicazioni, creare le condizioni strutturali che facilitino gli operatori.

L’investimento generale del progetto è di 750 milioni in tre anni, di cui 185 che saranno destinati al miglioramento dell’apprendimento e alla lotta alla dispersione scolastica.

Il progetto è molto articolato, ci sono tante azioni, tutte coerenti e incastonate tra loro. Abbiamo già iniziato con l’investimento sull’edilizia scolastica, per una messa in sicurezza e creazione di nuovi edifici, vorrei una scuola attenta all’ambiente, anche seguendo nuove idee come le scuole in legno. Per nuova scuola intendo anche una didattica più innovativa, dove non vorrei più trovare la cattedra da una parte e gli alunni dall’altra, in un rapporto distante ormai desueto. Ragioniamo anche sul ridimensionamento dei plessi scolastici, questo per me vuol dire puntare sulla qualità. Non è importante che la scuola sia sotto casa, ma che la qualità dell’insegnamento sia la stessa a Belvì e a Cagliari. Ci sono famiglie che mi dicono che non vogliono che il figlio di sei anni stia con uno di nove, quindi lo accompagnano ogni giorno in un’altra scuola, anche per rispettare la socialità dei bambini necessariamente legata all’età.
In questo progetto ci sono molti aspetti, tutti legati tra loro per favorire l’integrazione scolastica e l’innovazione. Abbiamo previsto l’acquisto di tablet e la diffusione della banda larga in ogni istituto, in modo da poter garantire una connessione a tutti gli studenti. L’acquisto dei tablet però non serve alla formazione per il suo utilizzo, voglio che gli studenti diventino parte attiva nel processo di conoscenza, l’uso degli strumenti digitali è finalizzato a migliorare l’apprendimento. A questo proposito saranno coinvolti diversi soggetti che lavorano nella comunità, dalle associazioni culturali alle biblioteche. Anche gli editori saranno chiamati a dare il loro contributo, sia quelli tradizionali, sia quelli digitali, il settore godrà di un investimento molto forte.

Volete intervenire anche sul mondo dell’informazione online?

Assolutamente, vogliamo cambiare la legge sull’editoria, datata 1998. Non è una cattiva legge, ma per forza di cose non era compresa l’editoria online o il libro digitale, che invece vogliamo includere. Terminata la fase di consultazione pubblica con gli addetti al settore, stiamo cercando di sintetizzare le tante proposte arrivate da gennaio ad oggi, in vista della modifica della legge.

Una previsione sui tempi?

Non voglio dare scadenze o date certe. Non perché non abbia rispettato quelle del 2014, ma ci sono così tante variabili – anche quando si arriva ad una sintesi condivisa- che è difficile fare previsioni.

Questa però sembra sia la volta buona, non ci sono in vista importanti opposizioni.

E’ vero. Ma si tratta dell’interesse generale di tutto il settore per avere uno strumento più agile, non è un’attività privata dell’assessore. L’intento è attirare l’attenzione sull’importanza dell’editoria e dell’informazione, e sul prossimo bilancio insistere di più su ciò che si può mettere a disposizione del settore.

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