Cernita Calamina
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La vita in miniera, a causa delle dure condizioni di lavoro, è spesso dipinta come una vita di soli uomini.
Le testimonianze e i documenti relativi alla società mineraria, ormai quasi del tutto scomparsa dalla Sardegna, rievocano le condizioni di vita dei minatori, le loro lotte, gli scioperi e gli scontri, la malattia e la morte prematura.

È invece piuttosto raro trovare dei documenti che si occupino della condizione della donna all’interno della società mineraria e, se non fosse per alcuni studiosi che hanno deciso di approfondire questo tema, probabilmente fra qualche generazione si perderebbe completamente il ricordo del ruolo della donna. Tra questi studiosi va sicuramente citata Iride Peis Concas, insegnante per trentacinque anni nel villaggio minerario di Montevecchio, che ha scritto ‘Donne e bambine nella miniera di Montevecchio’ e ‘Gente di miniera’ in cui ha approfondito il tema del lavoro e del sacrificio delle donne, mogli, madri e lavoratrici.
Al pari degli uomini, anche le donne prestavano la loro manodopera in miniera, generalmente come cernitrici. Un lavoro mal retribuito e particolarmente pesante che consisteva in una primaria lavorazione del minerale grezzo.

Sul piazzale antistante l’apertura dei pozzi, sotto il sole cocente o la pioggia battente per dieci ore al giorno, le donne dovevano spaccare, scegliere, grigliare e insaccare il minerale.
Donne di tutte le età, dalle giovani madri provate dal lavoro e dalle gravidanze, fino alle bambine ancora inconsapevoli della loro miserevole condizione. Molto spesso tra le cernitrici vi erano le vedove dei minatori caduti che venivano in questo modo risarcite per il mancato salario. Come gli uomini anche le donne subivano condizioni di lavoro inumane, oltre a ciò talvolta si trovavano a dover nascondere le gravidanze per paura di perdere il posto e per questo motivo non erano infrequenti gli aborti dovuti all’eccessiva fatica.

In un mondo in cui le condizioni di lavoro erano così dure, gli incidenti e le tragedie erano all’ordine del giorno. Sebbene gli uomini fossero più esposti ai rischi a causa del lavoro all’interno dei pozzi, anche le donne sono state coinvolte in gravi tragedie. È il caso ad esempio dell’incidente di Buggerru del 18 marzo 1913 quando la tramoggia contenente il minerale non resse il carico e si rovesciò sul personale addetto alla cernita uccidendo quattro lavoratrici. Iride Peis Concas nel suo libro, “ Donne e bambine nella miniera di Montevecchio”, racconta invece della tragedia avvenuta il 4 Marzo 1871 a Montevecchio: un grande serbatoio collocato di fronte al dormitorio delle donne si ruppe e tutta l’acqua che conteneva si rovesciò con violenza sul capannone delle lavoratrici causando la morte di undici di loro.

Una miniera non di soli uomini dunque, ma anche di donne che nel ruolo di lavoratrici, mogli e madri, hanno sofferto e sacrificato molto alla miniera, in alcuni casi anche la vita.

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