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E’ trascorsa già un’altra vendemmia da quando, Il 9 Ottobre 2013, si tenne all’Hotel Rome Cavalieri nella “Città Eterna” uno degli eventi più prestigiosi ed attesi del mondo del Vino: la verticale dei vent’anni di Turriga.

Un tributo dovuto al vino più rappresentativo e straordinario di Sardegna, una tappa fondamentale per seguire a ritroso nel tempo il cammino che gli Argiolas hanno deciso di percorrere con dedizione e amore, attraverso tradizione familiare e territoriale, guardando all’innovazione etica nel rispetto della natura. Vent’anni che non solo descrivono i risultati faticosamente ottenuti dalla Cantina sarda ma che tracciano uno dei profili che più efficacemente qualifica l’identità dell’enologia italiana nel mondo.

Venti solidi anni.

Quattro lustri e la consapevolezza vi sia qualcosa di più grande, qualcosa di inestimabile che vada oltre l’energia spesa nelle vigne e in cantina dal 1988 al 2008. Venti anni di conoscenza di ogni singolo filare delle viti impiegate, un sapere affinato e approfondito di vendemmia in vendemmia; venti anni che celebrano la storia familiare di generazione in generazione riconducibili al ’18, anno in cui Francesco Argiolas impiantò il primo vigneto, e ad una profonda riflessione:

in ciascuna delle annate del Turriga confluiscono e si condensano i 103 anni di vita di Antonio Argiolas, del suo sogno, della sua personale visione del Vino.

Una visione tanto lungimirante da andare oltre quel momento di transizione, avvenuto tra gli anni ’70 e ’80, in cui il patriarca Antonio passò il testimone ai figli Franco e Giuseppe, prendendo con loro le decisioni da cui sarebbe dipeso l’avvenire della Cantina; una visione così ostinata da sortire, assieme al confronto con la generazione subentrante, la decisione di preservare i vigneti mentre ad altri veniva comodo espiantarli accettando gli incentivi della Cee.

…Le radici del passato preservate per il futuro. Viti in terre calcaree con alternanza di strati di marna, marna arenacea ed arenarie fini.

Esperienza, abnegazione, tradizione e confronto di idee furono dunque gli ingredienti idonei per vincere, dopo tanti ostacoli e sacrifici, la nuova sfida che Antonio Argiolas si prepose di affrontare: “fare la Bottiglia“!…Creare una bottiglia concretizzando la visione di un vino che rappresentasse la Sardegna intera, che vivesse a lungo migliorando nel tempo, che tenesse testa ai grandi rossi d’Italia e coronasse, incarnandola, la stessa esemplare esistenza, l’opera di colui che l’aveva concepita! Questa la “mission” assegnata dallo stesso Antonio al famoso “winemakerGiacomo Tachis, con precisione ed una chiara trasmissione di pensiero.

…e Tachis poté contare non solo sulla disponibilità della famiglia Argiolas ma anche sulle rare qualità umane e professionali del giovane che lo avrebbe affiancato sin dal principio:

Mariano Murru.  PhotoArt_11252014164258

 

Da Emile Peynaud, padre dell’enologia moderna, a Tachis, l’uomo che ha rivoluzionato il concetto del vino, fino a Mariano Murru, la terza generazione, quella dell’Enologia coerente, fautore come pochi adesso in Italia di un nuovo rinascimento del vino, quella linea di pensiero che vorrebbe tradurre le uve in vino cogliendone lo spirito senza piegare la Natura; interprete verace e leale del Territorio e del binomio vino-salute, capace di un’assidua presenza sia in vigna che in cantina, Mariano Murru è l’uomo dall’abnegazione costante sulle cui spalle grava il peso della responsabilità di una linea enologica complessa ed impegnativa e la stessa reputazione del Turriga, col totale appoggio e la fiducia di sempre degli Argiolas e del suo valente team.

 Ma il Turriga è anche espressione di forma aderente al contenuto

Un vino desiderato quanto un figlio e ottenuto con tanta dedizione non può presentarsi altrimenti che per quel che è e per quello che esso già rappresenta a partire dal nome di battesimo e dall’etichetta, quel volto meditato e fedele, plasmato per essere capace di narrare quanto la bottiglia custodisce…

Un nome ed un’etichetta voluti dalle donne di casa Argiolas.

Esso certo richiama Turriga, località nell’ “ager” di Selegas, dove gli Argiolas curano le vigne di Cannonau più antiche dei loro tenimenti, ma che evoca fortemente la dea madre Turriga, scultura risalente a ben 5000 anni fa casualmente rinvenuta da un pastore nel 1935 proprio in quelle zone. E non a caso l’immagine scultorea della dea è ritratta in etichetta, posta di fronte, investita di rossa luce, compatta, dura e primitiva nella sua monolitica eppur autorevole piattezza; ma è nel profilo che essa sfoggia (e chi ha potuto ammirarla al Museo Archeologico di Cagliari lo sa) caratteristiche decisamente più articolate, tali da svelare i suoi tratti essenziali: tratti disarmanti che mostrano geometrie stilizzate e moderne insospettabili per un manufatto risalente al Neolitico e che materializza nella roccia scolpita una Donna-Mito, la sua apoteosi…”pia et severa madre” fieramente espressiva col naso ed il mento rivolti in alto e i suoi seni ritti, sensuale per la sua schiena arcuata, passionalmente calda e al tempo stesso implacabile grazie all’accento scarlatto conferitole in etichetta.

E il vino più emblematico degli Argiolas si identifica proprio attraverso la scultura che ne ha ispirato il volto e con quanto di essa si accomuna alla Sardegna, stabilendo da subito un legame profondo con la terra sino a incarnarne lo spirito: infatti il Turriga è di una profondità imperscrutabile che non si misura linearmente, è  vino compatto ed elegante, complesso e sinuoso; per quanto non riveli tutto e subito si scorge il suo carattere deciso e solare, la grande personalità, la struttura conferitagli dalle uve Cannonau (con quote dell’85% in media); Turriga possiede opulenza e rotondità, caratteristiche che risiedono nell’eleganza del Carignano, è vivido nella fragranza fruttata che il Bovale porta in dote ed è capace di maturare, affinarsi, evolvere, grazie alla Malvasia Nera. Quattro vitigni dal carattere tipicamente distintivo coniugati sapientemente per dar luogo all’inno di Sardegna in forma liquida; un vino androgino perché fatto da elementi che scaturiscono dalla virile fatica unita alla gentilezza femminina.

Sintesi del carattere e delle qualità degli uomini e delle donne sarde di cui è certo elogio e ai quali non si può non rivolgere uno sguardo di solidale e fortissima ammirazione per gli slanci di generosità, altruismo e tenacia con cui assieme hanno fronteggiato la sciagura di un fronte temporalesco in un cupo 18 Novembre e nei giorni a seguire.

Correva l’anno 1988 quando una primavera con poche piogge e dalla temperatura non troppo elevata, un’estate secca e una perfetta maturazione delle uve, cariche di tannino e sostanze estrattive, sortirono le condizioni ideali per la prima vendemmia del Turriga.

La vita, la fatica, il sogno realizzato e la concreta visione del Vino di Antonio Argiolas tramandata a Franco e Giuseppe, perseguita con passione dai loro figli col Turriga e la verticale dei primi venti anni durante l’emozionante ventennale dello scorso sono state tradotte come segue…..

La lussuosa cornice rappresentata dalla location capitolina s’è adornata ulteriormente di una nutrita ed entusiasta presenza di pubblico, dei profumi e del tintinnio dei calici che si diffondevano nell’ampia sala durante la mescita da parte dei sommelier dell’A.I.S. e da tutte le digressioni e “nuances” del rosso Turriga; una cornice comunque riempita da una grandissima  e dirompente carica di umanità, dalla sostanza  affiorata già durante l’introduzione dalla voce emozionata e dalle sagge parole di Francesca Argiolas, accompagnata da Mariano Murru e dalla sua elegante modestia nell’arricchire di dotte nozioni e dettagli minuziosi le analisi sensoriali dei relatori Daniela Scrobogna e Paolo Lauciani, annata per annata.

L’88, l’89 e il ’90 hanno dimostrato d’essere rotismi di un complesso meccanismo ad orologeria le cui lancette, natura e mano dell’uomo, scandiscono sensazioni visive e gusto-olfattive in forma emotiva; le prime tre annate, vivide e vibranti per quanto all’apice della curva evolutiva, hanno confermato che la chiave del segreto del tempo certo non risiede nell’alcolicità: l’88, con quote maggiori di Cannonau e malvasia nera, al naso è etereo, è profusione di tabacco stagionato, lentisco e cedro, cannella, pietra focaia, nota balsamica; al gusto irrompe una vèrve sorprendentemente fresca in acidità per i suoi anni con un ritorno al cedro, si sente il cardamomo e una lieve sapidità salmastra che seguitano…converge ancora verso le durezze.

La difficile vendemmia dell’89 ha conferito al vino un’accezione meno solare e dai profumi leggermente più soffusi ma chiari e distinti nei riconoscimenti del tabacco, carrubo e frutta a bacca rossa, lieve nota d’agrume, decisamente più morbido del precedente al gusto con sensazioni da scorza d’arancia; col ’90 l’accezione moderna “da meditazione” pare ben confarsi a questo Turriga (con un piccolo incremento della quota di Carignano) più ampio nella sua gamma di profumi…tabacco giovane, prugna disidratata, la mora e il mirto assieme, il bergamotto, il cardamomo ed eteree reminiscenze medicinali; al gusto la progressione acido-sapida è soltanto dura apparenza: una virilità che diviene elegante, dal tannino dolce ma presente che scema al riverbero del mirto e di un tocco chinato quasi da chiodo di garofano.

’91, vendemmia sorprendente nel donare grande concentrazione di frutto che al naso si traduce in un bouquet che sussurra, non si rivela facilmente, quasi fosse un pinot! “Puro” dominicano e humus, erbe mediterranee, mirto, carrubo, cioccolato ed una fievole nota piperita; in gusto-olfattiva si percepisce freschezza, tocco “agrumato” e lunga persistenza.

Il ’92 presenta meno brio olfattivo, meno Mediterraneo…persiste il tabacco fresco, lampone in confettura, prugna  ….ma è in bocca che si riscatta: secco in tannino, ma vivido in sapidità e freschezza con, in chiusura, frutta dolce e percezione da scorza d’arancia.

Vendemmia un po’ meno calda delle precedenti quella del ’93 ma naso diretto e ampio: potpourri, frutti dalla polpa rossa in confettura, sapa, essenze mediterranee essiccate, corteccia di lentisco, grafite e tocco fumé; sorso brioso, con tannino più pronunciato certo, ma la bocca propende per le morbidezze e in essa si schiudono note balsamiche e ricordi di liquirizia.

L’annata del ’94 è un primo caso a sé stante: la forte calura estiva ha voluto che questo vino evolvesse con maggiore velocità rispetto ai precedenti. Carignano, Bovale, Malvasia nera e Cannonau, si ricorda, maturano esattamente in quest’ordine e ne è scaturito un vino consistente, dalla concentrazione di frutta rossa stramatura, mosto cotto e mirto, origano e iodio marino che per quanto conferiscano complessità olfattiva non distolgono dal pensare ad un bouquet più introverso in intensità rispetto alle precedenti annate: non sussiste una nota olfattiva che prevalga sulle altre; struttura pronunciata, buona l’acidità che non riesce però ad amalgamarsi al tutto; in termini evolutivi… “rien ne va plus“.

Le annate del ’95 e del ’97, ciascuna a suo modo, si contendono il primato della qualità e le note più caratteristiche proprie del Turriga e che, a causa di una vendemmia dalle molte perdite e dai quantitativi esigui, non è stato possibile esprimere nel ’96.  Ne derivano due vini pari in intensità olfattiva e finezza con una “amplitudo” maggiore a favore del ’97: riconoscimenti fruttati di lampone in confettura, ribes, mirto, terra umida e fungina con una reminiscenza di tabacco, pietra focaia e iodio marino per il primo e, a seguire, grande concentrazione di frutti rossi del sottobosco, humus, vivi richiami ematici, macchia mediterranea umida, tè verde, bergamotto e cedro per il secondo. In bocca il ’95 ruota opulento, poco fresco e gentile in tannino ma con un ritorno iodato in forma sapida che ne contestualizza eleganza e armonia; tannino e mineralità soavi lasciano spazio ad una maggiore freschezza che nel complesso si integra ad un profilo tendenzialmente morbido per ‘ 97…bocca più avvolgente e facilità di beva per quest’annata dunque con un ritorno del mirto in chiave balsamica e chiusura d’agrume. Il ’95 darà ancora, il ’97 invece si presenta già maturo.

Anche il ’98 rappresenta un’annata con delle spiccate distinzioni rispetto alle altre: la surmaturazione delle uve vendemmiate ha dato luogo ad un Turriga di incisiva consistenza e dalla spiccata dolcezza gustativa. Al naso prevalgono le sensazioni fruttate delle fragoline di bosco, del lampone, non si può fare a meno di ricondurre il pensiero ad un’analogia coi vini da ripasso intanto, seguono la sapa e le note fragranti del cioccolato, di tostato e bacche di mirto sotto spirito; assolutamente morbido, quasi dolce e con ritorno pseudo calorico…questo è quanto si avverte all’esame gusto-olfattivo con effluvi alcolici veicolanti le note di fruttato e cioccolato precedentemente avvertite, di tabacco, ma soffusa, e finale ammandorlato. E’ un vino ancora in evoluzione per quanto sussista il rischio che l’assenza o quasi di durezze possa renderlo stucchevole.

’99 dalla nasalità austera e introversa, abbastanza intenso e abbastanza complesso, di rosa selvatica, marasca e mora, terra bagnata, tostatura vanigliata e fumé le note olfattive che conducono questo Turriga ad un’accezione più boschiva che mediterranea; per quanto caldo e dai riverberi di frutta selvatica e vaniglia è tangibile una certa freschezza e sapidità, ma il tutto ruota attorno al tannino, un po’ ruvido ma verso l’equilibrio. Pronto, non maturo.

Annata caldissima quella del 2000 che propone riconoscimenti floreali da potpourri, frutta rossa e bacche essiccate, cardamomo, ma i profumi sono più nascosti e l’alcol esala apportando un certo pizzicore; il corpo del vino sembra scomposto, fatto da elementi non amalgamati, bocca dolce ma avviluppata da tannino asciutto, con ritorno fruttato e pseudo calore. Abbastanza morbido ed in crescita evolutiva.

Il Turriga 2001 è vino consistente, all’olfatto floreale, confettura di more, scorza d’agrume candita, cedro e accenni di spezie dolci, erbe e bacche mediterranee, con sensazioni marine all’olfatto; domina il tannino, poi la mineralità e a seguire la bocca è avvolta dalla forza glicerica, elementi che a poco a poco si armonizzano e lasciano presagire lunga vita a questo vino benché dimostri maggiore maturità del precedente.

E’ vino di ulteriore concentrazione quello scaturito dalla vendemmia 2002 ma con profumi restii ad aprirsi e di non facile traduzione …mirto e china innestati su riconoscimenti di frutta dolce, viola appassita, tè verde ed eucalipto; austerità gustativa perché non ancora evoluto, fresco con tannino compatto e minerale fragranza, non mancano percezioni di tabacco dolce, frutta vanigliata ed il ritorno balsamico dell’eucalipto percepito in precedenza; vino che chiede paziente attesa.

Del 2003 complessità ed intensità olfattiva unite ad una certa “masticabilità” sono i tratti essenziali……i riconoscimenti odorosi di frutta rossa dalla polpa matura si fondono con la viola del pensiero, poi tabacco stagionato e cuoio, cioccolato e chiodi di garofano; tannino dominante ma non irruento che tiene testa alla morbidezza, lunghissimo in bocca con finale ammandorlato.

Le successive vendemmie sembrano voler tracciare una linea di demarcazione: si sente lo sforzo maggiore, quasi maniacale, col quale si è ottenuto un’assoluta concentrazione del frutto sia attraverso la selezione dei marcatori varietali autoctoni che da una perfetta maturazione e macerazione, carpendone la totale carica fenolica; in questa fase il Turriga assume definitivamente la sua identità  attraverso una più autentica e marcata connotazione mediterranea, i riconoscimenti, specialmente quelli fruttati, non restano “ammassati” ma si distinguono con maggior chiarezza, i vini diventano più opulenti ma godibilissimi in una beva mai stanca della loro pienezza a coronamento di un “delestage” magistrale.

Assai consistente è l’annata 2004, a lungo meditata, approfondita e brillantemente tradotta. Ne scaturisce un vino dall’esuberanza olfattiva e di grande struttura. L’intensità e l’estroversa complessità regalano un crescendo di riconoscimenti mirtillo, marasca, ribes e prugna già evoluti in confettura, tabacco e cuoio, viola essiccata, poi le note di cacao, riconoscimenti vegetali della macchia mediterranea e la sensazione piperita propria della bacca di mirto che navigano sulla scia balsamica di liquirizia, con infine vaniglia e salsedine; in bocca è straordinariamente equilibrato, compatto, di grande concentrazione glicerica che riesce a contenere le durezze di un vino ancora giovane nell’insistenza finale di un tannino che ritorna con frutta rossa e chiusura lievemente ammandorlata ma straordinariamente armonico.

Anche il 2005 sembra un po’ più avanti biologicamente a causa della calura e ne risulta un bouquet alquanto evoluto: lampone, more e cassis stramaturi, sapa con note immediatamente tostate che riconducono più alla scatola di sigari che al tabacco in sé, poi cacao, ginepro e ancora pepe con scia balsamica e vanigliata; tannino ruvido che tende a disidratare il palato ma ben tenuto a bada dagli alcoli e da suadenti note gliceriche.

Il Turriga 2006 è vino dirompente nella sua carica sia alcolica che estrattiva, dalla grande intensità e complessità olfattiva per quanto i profumi siano ancora molto compatti e richiedano maggiore apertura e un’accorta traduzione…un vago accenno floreale lascia subito spazio alla frutta matura, al cuoio e al caffè, balsamico di mirto sotto spirito,nota d’agrume, macchia mediterranea e una sottilissima scia fumé; bocca calibrata da alcol e rotondità che sedano la vivida acidità e un tannino abbastanza integrati nella struttura. Pronto e promettente.

Annata più calda della precedente con un bagaglio estrattivo minore sono le prime indicazioni per decifrare il 2007 che al naso risulta fruttato nei riconoscimenti di more, lamponi e ribes, va via via intensificandosi un ricordo dolce di sapa e a seguire mirto e ginepro con sensazione piperita, poi cedro e tabacco dolce, grafite; al gusto è il dolce ritorno della frutta a sedare il tannino, per niente invadente grazie ad una spiccata mineralità a cui si aggiunge un blando pizzicore pepato. Finale lunghissimo eppur rotondo

L’attesissima annata 2008 è comparsa in una veste nuova e celebrativa facendosi gustare come si conviene, metaforicamente e non, con tutt’e cinque i sensi essendo da sempre questo il proposito intellettuale di ogni degustazione: come abito su misura, per i suoi vent’anni, lo stilista e designer Antonio Marras ha ideato per il Turriga un cofanetto, scegliendo i materiali, realizzando immagini, sino a disegnarne la speciale etichetta, mentre lo scrittore, drammaturgo e sceneggiatore Marcello Fois gli ha dedicato una ricerca sull’origine remota del cibo e del vino, contestualizzandone i valori in un intreccio poetico narrativo che si unisce al ritratto sonoro che il poliedrico musicista Paolo Fresu ha voluto attribuirgli con ben sette brani della sua musica più rappresentativa. Tre artisti che col loro contributo apportano ulteriore aderenza di contenuto alla forma.

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Del 2008 si può apprezzare l’estro, equilibrato e compatto di un vino che per quanto giovane non si dimostra affatto irruento…note floreali di viola, rosa e peonia selvatica a cui segue il sentore vinoso, della polpa fresca di ciliegia, dell’amarena, cacao, lentisco e tabacco a seguire, per terminare in una sensazione mentolata veicolante bacche di mirto e ginepro appena raccolte in una mite giornata di Dicembre; sorso armonico con elementi morbidi e duri che si fondono per dare luogo a persistenza ed elegante concentrazione gustativa.

Al termine della degustazione il Turriga ha dimostrato d’esser vino compiuto in quanto a progetto e nelle numerose annate che lo hanno già consegnato alla maturità in quanto ad esecuzione. La sua naturale vocazione mediterranea nello spirito, nella cultura e nella solarità, attraverso gli innumerevoli profumi ed al sapore autentico della Sardegna ad ogni sua età lo rende fedele traduzione dei terreni, del clima e delle uve che lo vedono nascere e questo è quanto ne fa vino godibile ad ogni istante; al degustatore equanime che vorrà sentirlo nuovamente o conoscerlo per la prima volta, previa accorta ed appassionata indagine, potranno certo affiorare ai sensi percezioni e sfumature nuove, che si rinnovano o che evolvono, ma pur certo è che non gli verrà meno la soddisfazione di trovarsi di fronte ad un vino che, affinando tra i 18 ed i 24 mesi in barriques di quercia d’ Allier e Tronçais, stabilisce quanto il legno debba essere definitivamente contenitore e mai ingrediente;

Piacevole sorpresa l’emozione ed il privilegio di assaporare il Turriga ripercorrendo l’andamento di ogni sua vendemmia…ciò lo rende così diverso e così uguale a se stesso, singolare ad ogni sorso, ad ogni annata.

Valentina Argiolas, intenta ad osservare lo svolgimento dell’evento dalla postazione che compete agli assaggiatori esperti nel percepire ogni sensazione al calice, finalmente raggiunge sua sorella Francesca presso il banco dei relatori, a lei altrettanto congeniale e, nel prendere la parola, concluse affermando con fierezza : “il tempo passa e fa grandi cose …..basta saper aspettare“.

Ed il tempo e l’attesa hanno premiato anche quest’anno l’impegno dei produttori e le aspettative degli estimatori più competenti: il Turriga 2009 si contraddistingue per la profondità di un rosso rubino difficile da sondare e per il suo ammaliante bagaglio olfattivo: confettura di ciliegia, “s’ollu e stincu” unito al profumo delle bacche di mirto fresche, alle note di cacao, tabacco umido e una percezione balsamica di eucalipto; il riverbero delle sensazioni fruttate ammicca ad una sensazione piacevolmente piperita al sorso che, intenso ed armonico, è mirato ad un appagamento la cui persistenza sembra non avere fine.

LINK CONSIGLIATI:

http://www.argiolas.it/it/vini/linea-prestigio/turriga.html

http://archivio.mediterraneaonline.eu/it/04/view.asp?id=2001

http://www.vitevinoqualita.it/argiolas-la-sardegna-enologica-davanguardia/

http://www.unionesarda.it/articoli/articolo/152548

http://www.ilpiugrandelavorosullaterra.it/agricoltour.php?id=515&titolo=Mariano%20Murru&tappa=30

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