Confessarsi, liberarsi, criticare, deridere, esprimersi collettivamente o singolarmente su internet: ecco che cosa è successo al mondo arabo dal 14 gennaio 2011 ad oggi e in particolare nel mio paese, la Tunisia.
Risulta inutile, al limite ridondante, spiegare per filo e per segno quanto internet abbia partecipato al risveglio dei popoli arabi e alla diffusione della rivoluzione. Rimane tuttavia fondamentale mettere in luce il processo sociale, culturale e linguistico che tramite internet, lo strumento tecnologico più straordinario del mondo, si stà attuando.
Prima della rivoluzione tunisina
Prima della rivoluzione, della dignità e della libertà, i social network come facebook servivano a pubblicare canzoni, citazioni spezzoni di film, telegiornali o anche elogi di Ben Ali, Mubarak, Gheddafi… Msn o skype servivano per comunicare con chi è lontano o magari in certi casi tra amici per risparmiare sul telefono. L’ex presidente Ben Ali aveva puntato la sua politica su internet e la facilitazione di avere i computer nelle case e nelle scuole. Una parte della società tunisina si era procurata questa tecnologia nel proprio domicilio. Alcuni l’avevano adottata per scoprire il mondo e acculturarsi altri per comunicare con il mondo, molti per conoscere persone e corteggiare. C’era una specie di muro anche quando si trattava di ironia ci si limitava a fare barzellette o pubblicare video di argomenti lontani dalla politica e dalla religione, un’autocensura nei temi ma non nella lingua. In questi network ci si esprime in arabo classico, standard, in dialetto cioè egiziano, tunisino…, in francese e in inglese. Si scrive in lettere arabe e in lettere latine l’arabo inventando un alfabeto nuovo con segni diacritici speciali.
Dopo la rivoluzione
Dal 14 gennaio le bacheche di facebook si sono trasformate e sono diventate schermate di vita quotidiana dei tunisini passando da diverse fasi.
Fase I: pubblicare la quotidianità. Filmare e fotografare ciò che succede nei borghi, nei villaggi e nelle città tunisine, pubblicare fatti politici e sociali, grazie all’uso del cellulare altro strumento tecnologico di straordinaria efficienza.
Fase II: pubblicare tutti i video della famiglia Ben Ali e Trabelsi che erano censurati. Pubblicare tutti i dettagli della vita dei politici.
Fase III: conoscersi. Cioè discutere e costruire la propria identità. Non abbiamo mai avuto la possibilità di parlare di politica e di religione. Su facebook si pubblicano articoli, si scrivono idee, pensieri che si smistano in “querelle”, polemiche, scontri tra persone che si conoscono e no, arrivando a volte a minacciarsi. In Tunisia prima si aveva un solo colore politico e non si poteva discutere ora si hanno tutte le sfumature dei colori e quindi si è in pieno processo di scoperta della politica e delle sue sfaccettature.
Ma il bello di tutto questo che si faccia su facebook. Si scoprono persone anarchiche, comuniste, fasciste tra i gli amici e i familiari. Su internet ad ogni dubbio si va a cercare il significato di una parola del lessico politico. Prima si poteva parlare di religione ma con delle aree circoscritte perché gli integralisti erano controllati dall’ex regime, chi portava il velo per loro era un integralista. Ora troviamo gruppi che chiamano all’integralismo e altri alla laicità. Insomma in questa rete complessa e semplicistica al contempo si stanno sviluppando idee e costruendo processi sociali e politici. I meeting e comizi politici vari non si organizzano con i manifesti per strada ma sulle pagine di facebook. Anche gli scioperi si pianificano su facebook. La televisione e i giornali sembrano “dépassés” dalla velocità della circolazione delle idee. Come quando Guntenberg aveva accelerato la diffusione della cultura con l’invenzione della stampa. Ma ora non possiamo ancora raccogliere i frutti dobbiamo aspettare il vertice finale per giudicare quanto il potere della rete possa essere benefico o malefico o manipolabile. Tra qualche decennio sui libri elettronici nelle biblioteche virtuali.