Articolo di Donata Martinelli
ovvero dietro ogni uomo che naviga c’è una donna che tesse
Fatema Mernissi è una delle più vivaci voci femminili marocchine contemporanee. Docente di sociologia all’università di Rabat, ha scritto bellissimi libri dedicati perlopiù al mondo femminile nell’islam e al confronto tra culture. “Karavan, dal deserto al web” (Ed. Giunti, 2004) pur non essendo recentissimo offre degli originali spunti di riflessione sulla diffusione tra i giovani marocchini dell’uso della rete e delle tecnologie digitali.
Narrato come guida turistica molto alternativa per occidentali “responsabili” questo libro ci accompagna in un percorso magico evitando gli esotismi da opuscolo per addentrarci nella vita reale del Marocco. E’ una guida per il viaggiatore che preferisce entrare in un internet point di Marrakech piuttosto che cercare incantatori di serpenti… anche se un nesso profondo tra i due c’è. E’ il nesso per cui la Mernissi riconosce nella giovane generazione di internauti, i figli spirituali degli incantatori di serpenti e delle donne che tessono.
”Se vi concedete del tempo per intervistare i direttori delle riviste online di Marrakech, Tarik Essaadi o la redazione di Dalil al -Internet per esempio, vi accorgerete che entrambi hanno due cose in comune con gli incantatori di serpenti. La prima è la fiducia in se stessi, frutto dell’arte di concentrarsi sul pericolo, cioè sul problema da risolvere, caratteristica primaria degli incantatori.
La seconda è che le madri di tutti questi signori sono tessitrici o ricamatrici, cioè donne che quotidianamente si concentrano sull’arte di disporre fili per rappresentare simboli e comunicare messaggi.”
Da un lato quindi la padronanza del web diventa la forza interiore per far fronte ad un pericolo incombente: quello dell’isolamento. E’ la risposta di sopravvivenza di chi è nato in una zona depressa e senza sbocchi lavorativi. Dall’altro significa essere in possesso dei nuovi codici di comunicazione e saperli usare, come le donne maghrebine tessitrici che nei loro tappeti riproducevano i simboli per tramandare i propri miti (la Mernissi dedica un intero capitolo all’attrazione magica di Delacroix e di Matisse verso il linguaggio mitico dei tappeti maghrebini).
“Che nesso c’è tra donne che tessono e uomini posseduti dal desiderio di comunicare, cioè di scrivere messaggi che seducano altre persone e creino con esse invisibili legami, che hanno voglia di navigare su oceani imprevisti alla ricerca di stranieri che offrano le cose di cui loro sono carenti?”
Internet diventa il mezzo di ricerca, di conoscenza e di espansione. E’ soprattutto l’accesso alla rete che sviluppa il potenziale economico di questo territorio: internet è il mezzo privilegiato degli abitanti delle zone più isolate ed impervie dell’Alto Atlante per vendere i loro prodotti artigianali L’Unesco ha riconosciuto con un premio il valore di un progetto mediterraneo che vedeva coinvolti gli artigiani appartenenti all’associazione di Ait Iktel (sono molto interessanti le riflessioni della Mernissi sul ruolo dell’associazionismo ong nelle zone montane del Marocco). Per i giovani delle montagne, ma anche delle città, la rete risponde a tre bisogni primari: avere un’adeguata formazione in materia di nuove tecnologie, in modo da poter imparare da autodidatti le lingue straniere (in particolare l’inglese), imparare il funzionamento del computer, trovare lavoro e infine trovare marito o moglie. Pochi giovani possiedono il computer ma tutti leggono “Dalil al-Internet” (Dalil significa guida), la rivista che tira 15.000 copie e che accompagna i giovani nella padronanza del mezzo digitale in modo artigianale, come fosse un gioco. La stessa rivista, scritta contemporaneamente in arabo (le pagine a destra) ed in inglese (quelle a sinistra) sprona i ragazzi a imparare l’inglese traducendo canzoni dall’inglese all’arabo.
E il suo direttore Mehdi Said è considerato dai giovani marocchini un eroe, al pari di Tarik Essaadi. La scrittrice dedica una parentesi particolare all’incontro con Tarik Essaadi, fondatore di emarrakech.info. E’ l’incontro forse più significativo e denso di emozioni narrato dalla Mernissi. Emozionante perchè, con profondo rispetto, parla di un momento cruciale della vita di Essaadi, quando giovanissimo, costretto da una malattia alla cornea che gli toglieva il senso della vista, si dedicò per un lungo periodo a sviluppare un saldo io interiore, meditando sul significato dell’esistenza facendo proprio l’insegnamento del maestro sufi Ibn’Arabi ed ascoltando alla radio melodie samà. Da questa esperienza vittoriosa, nel 1999, una volta recuperata la vista, con sua moglie I’timad fondò la rivista internet emarrakech.info.
L’intervista a Tarik si chiude chiedendogli quale sia il mestiere che sogna per sua figlia Safia nata nel 2003: ”Voglio che faccia l’astronauta (…) che continui la tradizione familiare di tessere messaggi belli come i ricami di mia madre, e che lo faccia per stabilire legami con gli extraterrestri”.
E’ proprio qui il messaggio più forte della nuova generazione araba: vivere pienamente il potenziale delle nuove tecnologie, essere padroni dei nuovi mezzi comunicativi e contemporaneamente mantenere viva la propria cultura d’origine. Saper godere della modernità e della tradizione contemporaneamente. “Comunque, sentirsi a proprio agio fra tradizione e modernità è sicuramente una delle più seducenti caratteristiche della gioventù marocchina, che una sera canta musica pop e l’altra danza al ritmo del samà. Sta qui, credo, uno dei segreti delle nuove generazioni arabe: la gioventù non va in depressione, malgrado la tormenta che si è abbattuta sulla regione, perchè naviga nel tempo e dal passato prende le ricchezze necessarie per inventarsi un futuro che, per orizzonte, abbia la felicità”.