Al-Kamil
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Federico II e Al-Kamil, un esempio di collaborazione profonda tra le due sponde del Mediterraneo.

All’epoca federiciana, il Regno di Sicilia intratteneva buoni rapporti con il mondo arabo-musulmano. Il contatto tra Federico II e il mondo arabo in Oriente fu stretto e avvenne durante la crociata del 1228-29, che egli concluse pacificamente. Per ottenere questo clamoroso risultato, l’unico strumento fu la diplomazia, unita alla conoscenza della mentalità orientale, alla sua apertura verso il mondo arabo e all’amicizia con alcuni dotti musulmani. La sua corte fu un polo di attrazione per molte tradizioni culturali (romanza, latina, greca, araba, ebraica).

L’infanzia di Federico si svolse a Palermo, ancora profondamente segnata dall’influenza araba, come la descrisse Ibn Giubayr. Maestri arabi furono i suoi educatori. Poco dopo, il sovrano ebbe un contatto diretto con il mondo islamico orientale durante la sua pacifica crociata.

Per i musulmani e per il sultano d’Egitto al-Kamil, in particolare, Federico non era affatto uno sconosciuto: da due anni, la corte di Foggia e quella del Cairo si scambiavano rappresentanze diplomatiche. Anche per al-Kamil, Federico non fu un nemico, ma una figura degna di stima; lo considerava un amante della filosofia, dell’astronomia, della medicina, della dialettica e della cultura araba.

Federico II e Al-Kamil



Federico II e al-Kamil

Per la pluralità dei suoi interessi, Malik al-Kamil poteva essere considerato la controparte orientale di Federico II, poiché anch’egli amava l’arte, la poesia, le scienze e le discipline umanistiche. Tra il 1180 e il 1238, fondò la madrasa al-Kamiliyya. I due sovrani, infatti, si trattarono con grande rispetto reciproco e stipularono un accordo di pace della durata di dieci anni.

Il successo della crociata pacifica di Stupor Mundi fu senza dubbio motivo di grande soddisfazione, poiché permise di aprire un canale di dialogo con il mondo arabo-orientale e di tracciare una rotta di pace tra le due sponde del Mediterraneo, da sempre segnate da invasioni di eserciti armati.1

Con le armi della diplomazia e della cordialità, e senza alcuno spargimento di sangue, Federico II partì per la Terrasanta, dando alla sua impresa – la “sesta crociata” (1228-30) – un carattere unico. Il suo primo passo fu la sottoscrizione di una pace decennale (1228-38) con al-Kamil. Lo Stupor Mundi raggiunse la Terrasanta e si fece incoronare re di Gerusalemme nel 1229.

Cairo, madrasa al kamiliya fondata dal sultano Al-Kamel tra il 1180 e il 1238 , Shari’ al-Mu’izz li-Din Allah, Suq al-Nahhasin, © Sailko

I due sovrani, Federico II e al-Kamil, si scambiarono cultura, conoscenze e scienze. Emblematico fu il caso del dotto Magister Teodoro, che ebbe un ruolo importante alla corte federiciana. Per l’imperatore, Teodoro realizzò un riassunto di un’opera attribuita ad Aristotele, il Secretum Secretorum. Egli portava il titolo di filosofo di corte, probabilmente dopo la morte di Michele Scoto, e fu uno dei principali esponenti della cultura araba alla corte di Federico II.

Forse originario di Antiochia, Teodoro aveva studiato a Baghdad e Mossul prima di essere inviato all’imperatore dal califfo d’Egitto, al-Kamil. Il filosofo svolgeva numerose mansioni: come astrologo, redigeva oroscopi per Federico II; come cancelliere, curava la corrispondenza con l’Oriente; come ambasciatore, fu inviato a Tunisi; come dotto, tradusse testi sulla caccia. Oltre alle sue attività intellettuali, si occupava persino di preparare confetti alla viola, che l’imperatore mandava al cancelliere Pier delle Vigne, malato.2

L’imperatore Federico II cercava di orientarsi nel sapere, consultando dotti arabi e inviando le sue domande in Siria, in Egitto, in Iraq e nello Yemen. Attraverso il sultano e gli Almohadi, le sue richieste giunsero fino a un erudito marocchino residente a Ceuta: Ibn Sabin.

Una volta, Federico II gli chiese: «Qual è la prova dell’immortalità dell’anima? La sua esistenza è eterna?». Ibn Sabin rispose con una certa severità, sostenendo che l’imperatore non sapeva nemmeno formulare correttamente la sua domanda:

«O principe in cerca della verità» – scriveva – «hai posto la tua domanda senza nemmeno precisare a quale tipo di anima ti riferisci. Così facendo, hai tralasciato un elemento essenziale e creato confusione, mescolando concetti che avrebbero dovuto essere trattati separatamente. Questa confusione deriva dalla tua inesperienza nel trattare argomenti speculativi e nell’investigare una scienza complessa e tecnica. Se tu avessi conosciuto le diverse categorie dell’anima, se avessi avuto dimestichezza con la dialettica e con l’arte di distinguere tra l’universale e il particolare, tra il generale e lo specifico, tra un termine ambiguo e uno definito con precisione dalla terminologia filosofica, non avresti mai formulato la tua domanda in questo modo.

Quando chiedi: “Qual è la prova dell’immortalità dell’anima?”, la tua domanda può riferirsi all’anima vegetativa, all’anima animale, all’anima razionale, all’anima della saggezza o all’anima profetica. A quale di queste ti riferisci?»

Ibn Sabin proseguì su questo tono, mostrando orgoglio per la sua vasta conoscenza di sottigliezze filosofiche, senza però fornire una vera risposta. Scrisse un trattato dedicato a ogni tipo di anima e discusse le loro caratteristiche confrontandosi con Platone, Mosè, Avicenna e i Bramani, per poi concludere con una proclamazione banale sulla superiorità dell’Islam come vera religione. Tuttavia, queste discussioni restano degne di nota: la menzione delle dottrine bramaniche potrebbe aver contribuito ad arricchire le conoscenze dell’imperatore sull’India.3

1 Cfr, Benito Li Vigni, Federico II il principe sultano, Armando Editore, 2011, pp. 30-32

2 Cfr, Ernesto Kantorowicz, op. cit, p. 247

3 Id, op. cit, pp. 253-254. Ernesto Kantorowicz, Federico II di Svevia, trad. Maria Offergeld Merlo, Milano-Garzanti, 1939, p.259

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