Il Ricettario di scrittura di Mariagrazia Villa vi spiega come.
Scrivere qualcosa di nuovo sul food e non cadere nei cliché è sicuramente difficile. Negli ultimi tempi l’interesse e l’attenzione per il cibo hanno dato il via a innumerevoli dibattiti e di molteplici progetti e soprattutto ha dato vita al proliferare di nuove figure professionali.
Chi ama dedicarsi al mondo del food&wine e ama scrivere di enogastronomia, sa bene che non esistono manuali di istruzioni in italiano.
Fino a pochi anni fa non esistevano percorsi istituzionali per chi volesse intraprendere la carriere di food writer. Oggi, invece, si può frequentare il corso di laurea in Scienze Gastronomiche e seguire poi i Master dedicati, per poter approfondire e sviluppare competenze specifiche sulla comunicazione, rivolti ai futuri giornalisti del settore o a coloro che vogliono comunicare l’alimentare.
Fino ad oggi, appunto. Infatti, è disponibile in libreria, dal 15 novembre, Professione food writer: Ricettario di scrittura con esercizi sodi, strapazzati e a la coque di Mariagrazia Villa, giornalista esperta di comunicazione e insegnante allo IUSVE (Istituto Universitario Salesiano Venezia).
Primo manuale in lingua italiana dedicato alla food writing (“che è femmina, mi raccomando: dire il food writing è conseguenza di un gastromaschilismo pervicace e di una certa disinvoltura nei confronti dell’identità di genere in cucina”) e le quattro personalità che assume, sia nella comunicazione tradizionale sia nei media digitali sono: editoriale, giornalistica, aziendale e turistica. “Più una quinta personalità che, come la biancheria intima, non dovrebbe mai dimenticare di indossare, anche se a volte, le capita: quella etica”.
L’intento della scrittrice è quello di creare un’utile guida pratica per tutti coloro che si avvicinano con curiosità alle professioni legate all’enogastronomia. Attraverso un indice che è un vero e proprio menù a sei portate, la scrittrice guiderà il lettore, utilizzando un approccio informale e anche divertente, a trattare ed approfondire tutti i lati della cultura enogastronomica.
Si inizia con una “Crema scritta con gallette ai cinque cereali”, dove si pongono le basi e si illustra ciò che serve a un buon food writer. Come è meglio fare i primi passi. Si passa poi alle abbondanti e saporite “Pagine rigate alla mediterranea”, dove si delinea il rapporto tra food writing e cultura editoriale, senza dimenticare l’importanza della chiarezza comunicativa.
È con i “Bocconcini di blog con articoli al forno” che diamo vita al food writer e giornalista enogastronomico, ed è qui che scopre la sua vera natura. Chi è. Per chi potrebbe scrivere. Come può rapire il lettore. Come intervistare e cosa chiedere. “Pratica il fact checking prima di pubblicare il tuo articolo o post, ossia verifica i fatti citati all’interno della notizia” e ancora “Racconta la verità, senza omissioni e senza esagerazioni per non danneggiare il consumatore”. “Considera che più informazioni su un prodotto o un’azienda non sono necessariamente indice di una comunicazione veritiera”.
A questo punto si passa alla “Farinata social con claim trifolati”, che stimola il nostro interesse con consigli pratici e mirati per ottenere e comunicare le giuste informazioni. “Scrivere disinteressatamente per un’impresa che abbia interessi da far valere”, ossia scrivere bene per i lettori e non per il committente. Come posso imparare? “Posso cominciare con la curiosità e scegliere il mio progetto di scrittura, insomma posso imparare come imparare senza dare nulla per scontato”.
“Fresca misticanza di destinazioni” ci porta a trattare la scrittura enogastronomica nel settore turistico. “Se alla parola insalata sostituisci viaggio”, capirai che “scrivere di un territorio e dei numerosi incontri enogastronomici che può regalare è come gustare una bella insalata”. Guardate, assaggiate, degustate. È necessario imparare a distinguere i sapori nel piatto. “Non solo l’appetito. Anche il turismo vien mangiando”.
Il menù ci presenta il dolce, un “Tiramisù perbene con peccato di gola”, dove si analizza il rapporto che ci esiste o dovrebbe esistere fra food writing ed etica: cosa c’è dietro il cibo che mangiamo? La food writing ha una grande responsabilità, deve spingere i consumatori a ripensare ai modelli di produzione econsumo; invitare alla responsabilità; emancipare i lettori affinché si scoprano persone e non solo consumatori. “Una buona scrittura enogastronomica può trasformare il lettore, che spesso è ancora un eterno e adorabile infante che pratica uno spensierato vagabon eating, in un individuo consapevole dell’importanza dell’atto alimentare”.
Come ogni pasto, il menù di Mariagrazia Villa si conclude con il caffè, “Ti va un caffè”, tira le somme. Conclude, ma ribadisce quali sono le basi per diventare un buon food blogger: la corretta comunicazione. “Come uno chef, prima di avere un taglio di capelli all’ultima moda, dovrebbe imparare a pelare una cipolla, così un food writer, prima di andare in giro a fare il fenomeno da programma televisivo, dovrebbe imparare a scrivere qual è senza l’apostrofo”.
Scrittura, revisione e consapevolezza dei propri limiti sono necessari per poter sfruttare a pieno il proprio potenziale.
Insomma c’è materiale per tante riflessioni; il libro può essere letto partendo dal dolce per risalire fino all’antipasto, oppure scomponendo il menù all’occorrenza. Al termine di ogni capitolo vengono proposti esercizi atti a risvegliare la nostra creatività e fantasia, oltre alle competenze necessarie per scrivere in modo professionale. I capitoli sono inoltre corredati da illustrazioni degli studenti del corso di Laurea triennale in Scienze e tecniche della comunicazione grafica e multimediale (Università IUSVE di Venezia), per valutare “come il linguaggio visivo possa interpretare un determinato tema in modo personale originale”.
Mettetevi in gioco e trovate la vostra voce. Non esiste una vita senza sfide.