dante-frankfurter-1200
Share

di Elena Porcelli

Gli italiani sono in allarme. Il 25 marzo, primo Dantedì, arriva “un incredibile attacco dalla Germania” e il Sommo Poeta sarebbe stato definito “Arrivista e plagiatore”.

A leggere questo titolo di Repubblica, sembra che orde di barbari abbigliati con sandali e calzini stiano calando sulla nostra Patria intenzionati ad abbattere le statue del sommo Poeta, per poi festeggiare con un piatto di spaghetti innaffiati di cappuccino. La notizia viene ripresa in tono scandalizzato da quasi tutte le testate. Sui social italiani si scatena il delirio, con offese razziste a tutto il popolo tedesco. Ci casca persino Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che diffonde su Twitter l’articolo di Repubblica con il commento “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa (Inf. III, 51)”.

A qualcuno viene la buona idea di verificare cos’è successo e scopre che la pietra dello scandalo è un articolo di Arno Widmann, apprezzato traduttore di  Umberto Eco e Curzio Malaparte, che si può leggere cliccando su questo link. Il Fatto Quotidiano ne pubblica un riassunto, dal quale si scopre che praticamente nulla di quello che hanno scritto le altre testate è vero.

Roberto Saviano, amico personale dell’autore, insorge in sua difesa. Widmann non fa nessuna accusa di plagio, si limita a dire che la Commedia è in parte ispirata ai Poemi della Scala, opere letterarie in arabo che descrivono l’ascesa di Maometto al cielo. I dantisti discutono se questo sia vero o no dal 1919, quando l’ipotesi è stata avanzata la prima volta, ma nessuno al mondo, e di certo non Widmann, si è mai sognato di dire che Dante  avrebbe “copiato un poeta arabo”.

Però La Stampa gli ha attribuito questa scempiaggine, in un titolo a caratteri cubitali. Nell’articolo tedesco non c’è neppure l’accusa di arrivismo, anche se a Dante è attribuito un ego enorme, perché gode nel decidere chi merita l’inferno il Purgatorio o il Paradiso e perché aspira a superare i trovatori provenzali, i poeti arabi e tutte le altre fonti alle quali si ispira. 

Forse Widmann non sottolinea abbastanza che il Sommo Poeta a superare gli altri c’è riuscito. Ma scrive che i provenzali facevano canzonette, mentre Dante fa musica solo con le parole. Fa paragoni più o meno appropriati con altri autori, soprattutto William Shakespeare e Marco Polo, ma non sono mai sfavorevoli: si limita a sottolineare che hanno diverse sensibilità nel guardare il mondo.

Il tono dell’articolo può infastidire perché presenta con saccenza fatti che stanno su tutti i manuali di letteratura italiana per i licei, come l’importanza del francese provenzale nell’Italia del Duecento. Tira in ballo anche Martin Lutero, solo per dire che prima di lui la famiglia non era vista come una strada verso la beatitudine eterna e che quindi è normale che nella Divina Commedia ci sia Beatrice e non la moglie di Dante. In Italia lo sanno tutti.

La disquisizione di Widmann, in breve, non è né tanto profonda e brillante né tanto scandalosa da meritare di venir citato su tutti i giornali italiani. Visto che è stato tirato in ballo, il bardo da questa polemica avrebbe tratto lo  spunto per scrivere il seguito di “Molto rumore per nulla”.

di Elena Porcelli
Blog: Eau de Purcel

1 thought on “Germania vs. Dante: molto rumore per nulla

Leave a comment.