Giuseppe Dessì, dedica la sua vita professionale quasi interamente alla Sardegna. Un amore senza cedimenti, reso più struggente dalla lontananza. <<Ho viaggiato molto nella mia vita, ma andare in Sardegna per me è “il viaggio”>>, così racconta nel suo documentario per la RAI del 1963 “La Sardegna un itinerario nel tempo”. Un’opera di quasi tre ore (oggi impossibile solo immaginarla), in cui si vive insieme al celebre autore sardo un percorso della memoria e allo stesso tempo un importante lavoro di cronaca delle trasformazioni in atto nell’isola. Dice ancora “un tipo di viaggio che misura il tempo della mia vita, in base al tempo millenario e quasi immobile dell’isola”.
Dessì è un autore che non si accontenta di raccontare la realtà cristallizzata dalle leggende, o quella prettamente delinquenziale dei giornali dell’epoca. Non gli interessa neanche quella enfatica dei racconti intrisi di falso romanticismo dei viaggiatori stranieri, non cade neanche nel vizio isolano di denigrare ogni fenomeno che non soddisfi i propri desideri.
Adotta lo stile dessiano, nella letteratura come nel racconto di viaggio, ossia la relatività della conoscenza sullo sfondo di grandi avvenimenti storici. L’esperienza personale diviene parallela e a volte contigua alla coscienza collettiva. Un viaggio che diventa universale attraverso la sua esperienza.
La vastissima cultura letteraria e filosofica struttura necessariamente il lavoro di narratore, ma c’è un continuo e sapiente uso della prospettiva: dal particolare al generale e viceversa, dal centro alla periferia, dal problema di un singolo territorio alla natura stessa dell’isola. Senza mai giudicare severamente quello che vede, si immerge totalmente nel racconto. Sa dialogare con le donne di Villacidro, parlando in lingua sarda nel patio di qualche casa tradizionale, poi discutere del futuro della Sardegna con l’allora presidente della Regione, far notare all’architetto che progetta la Costa Smeralda i problemi di deturpazione di un paesaggio incontaminato unico al mondo, forse l’unico in quel periodo ad avere dubbi sul progetto.
Nei primi anni sessanta la Sardegna è al centro di grandi progetti che avrebbero cambiato per sempre la geografia culturale che albergava nel cuore dello scrittore. Da una parte il Piano di rinascita: un grande progetto del governo centrale per l’industrializzazione massiccia dell’isola, regione troppo arretrata per gli standard del tempo. Nascono le raffinerie a Cagliari e Porto Torres, successivamente le industrie chimiche di Ottana. Alla fine degli anni sessanta il polo di Portovesme nel Sulcis, dove le industrie avrebbero dato occupazione stabile alle migliaia di operai rimasti senza lavoro dopo la chiusura delle miniere. Tutta l’isola sarebbe stata interessata da questa trasformazione.
Quasi contemporaneamente il principe Karim Aga Khan IV decide di creare la Costa Smeralda, insieme alla compagnia aerea Alisarda (poi Meridiana) e l’aeroporto di Olbia. Fiumi di inchiostro sono stati spesi su questo progetto, come sia nato e quali vantaggi si ebbero, e si hanno ancora oggi da questa mutazione genetica del territorio.
Dessì compie questo viaggio per
fissare sullo schermo e nella sua memoria, un momento storico
fondamentale: la trasformazione di un’economia ancora largamente agro
pastorale, immobile da secoli, ad un’economia e quindi una società,
industrializzata e moderna. Anche qui sarebbe arrivato il boom
economico, sull’isola sarebbe nata una generazione di nuovi cittadini
non più legati alle intemperie del tempo, al destino funesto o alle
tradizioni baronali del feudalesimo strisciante. Le promesse erano
quelle di un cambiamento sociale radicale, dove – si prometteva –
sarebbe state superate anche le rigide classi sociali.
Il viaggio
in Sardegna di Giuseppe Dessì rientra forse in un progetto di
racconto della Sardegna che si arricchiva negli anni successivi con
la pubblicazione Scoperta della Sardegna, (Milano, Il
Polifilo, 1966). Anche se lo scrittore era molto critico sull’uso di
questo termine: “scoperta mi dà l’idea di un’azione quasi
colonizzatrice, la scoperta del buon selvaggio, di una nazione nuova.
Non è così ovviamente, la Sardegna esiste da millenni e non ha
certo bisogno di essere scoperta. Si può intendere però, come
riscoperta, come dare luce ad un territorio mal conosciuto e male
interpretato”.
Il suo lavoro è diverso da quello che avrebbe potuto fare un giornalista, il suo è un docufilm ante litteram. Tutto il viaggio corre sul filo della memoria, si visitano i luoghi dove ha vissuto da bambino, costretto a spostamenti continui della famiglia a causa del lavoro del padre. Il viaggio comincia da Cagliari dove Giuseppe Dessi è nato. Una città in quegli anni concretamente triste, ancora molto danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, più di un terzo della città venne completamente distrutta. Dessì ci parla anche di una città che ha ospitato grandi personaggi politici.
Cagliari vide la nascita del sardismo e del Partito Sardo d’Azione attraverso l’avventura di Emilio Lussu: un movimento indipendentista, liberal-socialista e naturalmente antifascista. L’avvocato ed eroe della grande guerra ebbe il coraggio, in pieno regime, di uccidere un fascista che a sua volta voleva ucciderlo. Personaggio sempre amato e ammirato dallo scrittore, con cui collaborò poi nella rivista “Riscossa” nata a Sassari nel 1944.
Ci presenta il liceo dove studiò con alterne fortune, fu bocciato diverse volte fino a quando non scoprì la sua vera vocazione. Allievo di Delio Cantimori, (allora giovanissimo storico, al liceo “Dettori” di Cagliari) il quale riuscì a portarlo alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, una delle città universitarie più prestigiose d’Italia. Il liceo classico Dettori è quello dove studiò anche Antonio Gramsci, di cui ci presenta anche il paese dove nacque il grande pensatore sardo, soprattutto la casa paterna dove oggi esiste un museo importante a lui dedicato. A Nuoro si va in cerca di Grazia Deledda, ravvivando il ricordo che i suoi stessi concittadini avevano sepolto nell’oblio. La Deledda non fu mai amata pienamente dai nuoresi, rea di aver messo in luce le loro debolezze.
Visita le città ma soprattutto i piccoli paesi dove ancora si poteva trovare una storia antica, che resisteva nonostante le trasformazioni in atto. Un viaggio che mescola passato e futuro, letteratura e ed economia, professori e amministratori pubblici. Tutto il viaggio alla fine è un viaggio del cuore, si torna sempre a Villacidro, sede oggi dell’importante omonimo premio letterario. Lo scrittore ne parla con emozione e sicurezza, “queste sono le montagne che ospitavano una comunità di gente testarda, gli unici a non essere mai stati conquistati e neanche comprati dai ricchi cagliaritani”. Qui il primo amore, la scoperta della filosofia e della follia, le strade misere e la natura rigogliosa e possente. Il viaggio dello scrittore in Sardegna è un lungo cammino, che dura per tutta la sua vita.
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