E’ una strana società, la nostra; lo sviluppo accelerato dei canali comunicativi e dei ritmi vitali si è ramificato viaggiando a doppia velocità e se da una parte la tempistica di inviare, ricevere e visualizzare permette un risparmio economico ed efficace, dall’altra non sempre l’obiettivo di ottenere il risultato sperato avviene con la stessa celere facilità.
Ogni giorno centinaia di persone si rivolgono alla rete per allargare il ventaglio delle possibilità di reperire un’occupazione, e attraverso il web inviano a più riprese candidature mirate o spontanee, in un lungo ed articolato processo di analisi e ricerca che occupa una parte delle loro giornate.
Internet è diventato un canale importante, spesso una tappa obbligata per chi si inserisce in ambito lavorativo: molte agenzie interinali pubblicano offerte nei loro rispettivi portali oppure le trasmettono ad altri indirizzi telematici; la preiscrizione on line è diventata ormai una realtà procedurale permanente in diversi bandi relativi a concorsi pubblici e privati.
Esistono inoltre le bacheche elettroniche che, assieme ai social network, offrono spazi nei quali potersi presentare, specificare le proprie esperienze e indicare i settori nei quali ipoteticamente candidarsi.
Un esercito di individui senza lavoro oppure insoddisfatti del loro attuale status che accede a questi servizi si accoda silenziosamente, aspettando il proprio futuro occupazionale in una prospettiva di probabile precarietà, visto e considerato che la maggior parte delle offerte del lavoro contemporaneo non contemplano una contrattualistica indeterminata ma volgarizzata in forma atipica, progettuale, occasionale. Una sorta di impianto di vita piramidale, imposto da agenti esterni, dalla cui base si può salire fino al primo stadio ma, una volta raggiunto, non ti fornisce la certezza di un sereno ed autosufficiente avvenire economico; da un momento all’altro si potrebbe nuovamente tornare al punto di partenza.
Un tira e molla continuo che spesso provoca stress, nervosismo, delusione e scoramento. Questo è uno spaccato poco conosciuto dell’Italia al tempo della crisi, quello che “lavora per cercare lavoro” e che, una volta ottenuto, prosegue in equilibrio precario e incerto. Trovare le opportunità e districarsi nel labirintico mondo virtuale è diventata infatti una vera e propria “occupazione pre-occupazionale non retribuita”, perché la preparazione e l’aggiornamento di un curriculum vitae, la lettura scrupolosa delle diverse offerte al fine di verificarne i requisiti e l’iscrizione ai vari portali, che spesso richiedono istruzioni ed elementi aggiuntivi, reclamano un impiego temporale ampio e complesso. Diverse e composite le provenienze dei candidati: dal laureato con lodi e baci accademici da anni in attesa di prima occupazione, al neo disoccupato ultra quarantenne lasciato a casa dalla propria azienda fallita, al contrattista a progetto cui scadono i termini e deve ricominciare tutto daccapo, a quelli che si arrangiano con qualche sporadico lavoro di ripiego ma spesso costretti a lunghi periodi di inattività. Qualcuno, a volte, esce da questo circuito invisibile e viene contattato per il cosìddetto “colloquio conoscitivo”, neologismo moderno utilizzato per definire il preventivo interessamento dell’azienda all’assunzione, ma che non implica la sua effettiva concretizzazione.
Esiste quindi la possibilità di ricominciare la ricerca e rientrare nell’anonimato riaccolto, per chi ne ha la fortuna, dal proprio tessuto familiare oppure, in un contesto di quotidiana e maggiore drammaticità, alle prese con contributi e spese ai limiti della sopravvivenza. Di solo lavoro non si può ne’ si deve certamente vivere, ma senza lavoro non si può certo programmare un’esistenza serena! “Il migliore dei mondi possibili”, il sistema economico che ci hanno detto sarebbe meglio non mettere in discussione, attribuisce ad un fattore globale il movente principe di questa crisi ed il governante lo stato nazione, recependolo, ne divulga la sua interpretazione, deresponsabilizzandosi. Dicono solo che finirà, prima o poi.
Nel frattempo questi aspiranti attendenti, guardando fuori dalla finestra, vedono un mondo che non gli appartiene. Affidano le loro speranze alle candidature, sorridono amaramente e si preoccupano, non vedendo prossima la fine delle loro angherie.
Di certo, a tutte queste persone detta società globalizzata non restituirà mai il tempo, il danaro e l’energia profusa per mettersi in gioco. E soprattutto la dignità, calpestata in nome di un loro diritto ad esistere. Giuridicamente, economicamente, socialmente.