“Siamo il Paese della biodiversità e quindi nettamente contrari all’accordo CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) tra Europa e Canada, perché non è nei migliori interessi dell’Italia”. Lo ha affermato David Granieri, presidente di Unaprol alla conferenza stampa di TUTTOFOOD a Milano, che ha aggiunto “così come è articolato l’accordo apre all’omologazione dei sapori ed al livellamento verso il basso della qualità dei nostri prodotti agricoli.”
Il tutto avviene mentre i consumi di olio di oliva sono in diminuzione. Secondo i dati del Consiglio Oleicolo Internazionale di Madrid, negli ultimi dieci anni il consumo dell’olio di oliva in Italia è calato di oltre 200 mila tonnellate. A fare compagnia al nostro tricolore vi sono, nello stesso periodo, Spagna con –100 mila tonnellate e Grecia. Quest’ultima ha perso il 22% scendendo a 120 mila tonnellate all’anno.
Per invertire questa tendenza negativa, afferma ancora Granieri “dobbiamo riempire di nuovi contenuti il rapporto con il consumatore mondiale. Intercettare i loro bisogni, creare nuovo valore intorno all’olio extra vergine di oliva italiano che è tra i prodotti più soggetti a maggiore pressione promozionale (70%)”.
Nel mondo l’86% dei consumatori sa cos’è l’olio extra vergine di oliva e una media del 72% sa che l’Italia è uno dei paesi produttori. Inoltre, nella misurazione della notorietà tra i paesi produttori di olio di oliva, l’Italia è prima in classifica nel mercato globale. “L’accordo CETA però, continua Granieri, mischia le carte e crea confusione tra i consumatori perché avranno più difficoltà a distinguere prodotti originali da quelli con nomi simili agli originali e di fantasia che evochino anche una certa italianità. Questo non è corretto – ha poi concluso – perché non si può sostenere la globalizzazione a spese dell’olivicoltura italiana che è basata sul concetto di biodiversità e di glocalizzazione dei territori di produzione”.