Una lettera di grazia Deledda
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Da Giovanni Maria Angioy ad Antonio Gramsci, diversi sono gl’illustri personaggi sardi che hanno trovato accoglienza fisica o intellettuale in Francia.

Le donne non fanno eccezione e Grazia Deledda, unica Premio Nobel italiana di cui quest’anno ricorre il 150° anniversario della nascita, fa parte integrante della «famiglia».

Tutti sanno che la Deledda fu Premio Nobel di letteratura nel 1926. Pochi invece sono al corrente del fatto che il traduttore francese di Gabriele D’Annunzio e di Blasco Ibañes, Georges Hérelle (1848 – 1935), erudito, etnografo, traduttore e archivista nell’animo, da lei ricevette ben 140 lettere e svariate cartoline, a testimonianza di una storia, epistolare ed editoriale, non indifferente.

Il 24 gennaio 1901 è la data della prima lettera della Deledda a Hérelle, momento a partire dal quale s’intesse questa fitta trama che permette di scoprire il funzionamento interno della scrittrice, desiderosa di affermarsi in Francia, dopo aver conquistato l’Italia.

Attraverso tali lettere si fa luce sulla cultura francese di Grazia, una conoscenza che passava attraverso i libri letti, le sue fonti, le persone incontrate e quelle solamente contattate.

Questo, tuttavia, non costituisce l’unico aspetto degno d’interesse del carteggio.

Le lettere testimoniano infatti il minuzioso lavoro di scrittura e di riscrittura della scrittrice nuorese.

Il grande numero di varianti non è infatti spiegabile come il frutto di esigenze editoriali diverse, basti pensare all’odissea di un romanzo deleddiano come «La via del male», scritto che rivelerà l’originalità della sua autrice.

Questo viene pubblicato per la prima volta in Italia nel 1896, per la casa editrice torinese Speirani, poi nel 1906 appare in rivista con il titolo di «Il servo». Nello stesso anno viene pubblicato nella «Nuova Antologia» e, nel 1916, per la casa editrice Treves .

Georges Hérelle traduce il romanzo «La via del male» in francese, opera che nel maggio del 1909 viene pubblicata dalle edizioni Calmann-Lévy.

Le pagine deleddiane non possono che arricchirsi, dal punto di vista della comprensione, tramite una lettura comparativa con le traduzioni di Hérelle, fine indagatore dell’animo umano, proprio come Grazia.

Con le traduzioni in francese delle opere deleddiane, la Sardegna si svela altresì ai francesi che conoscono solo Cagliari e le grandi città.

Ed ecco che Grazia parla della «montagna meridionale dei Sette Fratelli» come del punto di ritiro di ladri di bestiame partito dai dintorni di Fonni.

Nuraminis è il nuovo posto di un carabiniere trasferito. Luras è il paese natale di un mercante installato nella regione di Nuoro.

Iglesias è il lontano e singolare «paese dei vampiri e delle donnole».

Certo, la Sardegna della Deledda è una regione specifica che si estende essenzialmente fra Orosei e Fonni, sugli altopiani che servono da piedistalli ai massicci del monte Ortobene e dei monti di Orgosolo. E Nuoro è il cuore di questo piccolo mondo un po’ ruvido e romanzato dalla scrittrice.

Grazia Deledda possiede una sorta di lealtà che le fa scrivere unicamente di una realtà territoriale e culturale che padroneggia alla perfezione per averci vissuto.

Così, sempre per riallacciarmi a «La via del male», quando i due innamorati Maria e Francesco che si sono recati alla festa di Nostra Signore di Gonare, salgono su un picco per ammirare gli sconfinati orizzonti, Francesco indica il villaggio di Sarule, poi la pianura di Macomer…infine parla di nebbia che gl’impedisce di descrivere il resto.

Nebbia provvidenziale per rispettare questo pudore, pocanzi evocato, dell’autrice.

Grazia Deledda.

Il passaggio da una lingua all’altra permette, inoltre, a Grazia Deledda di liberarsi da certe oppressioni specifiche della propria isola, ponendosi in una dimensione internazionale dove il centro e la periferia si spostano in un’altra dimensione.

Il passaggio dalla Sardegna alla Francia consente infatti all’autrice di accedere a nuove proporzioni, a uno spessore molto più ampio, che fu ulteriormente amplificato dal Premio Nobel.

In un contesto internazionale, la portata dell’autrice si misura con un altro metro e i suoi testi si leggono attraverso nuove prospettive.

Parigi, capitale delle Lettere francesi, fu per lei luogo di consacrazione.

Ancora oggi, Grazia Deledda s’impone in Francia con le sue opere, avendo superato a pieni voti le difficoltà che le donne scrittrici dovettero affrontare alla sua epoca. Basti pensare che fra il 1891 e il 1899 le pubblicazioni femminili in Francia rappresentavano il 25% di quelle generali e che, nel periodo compreso fra il 1906 e il 1910 queste scemarono progressivamente fino al 14%.

Se il Premio Nobel attribuito a Grazia Deledda è un fattore determinante per il suo riconoscimento francese e mondiale, rimane il fatto che Grazia, tramite la sua forte volontà di essere tradotta, esce dal complesso rapporto con la sua regione insulare, e con essa si libera dai sospetti di regionalismo e folklore che, aggiungendosi al suo essere donna, hanno rischiato di handicappare fortemente la sua considerazione letteraria.

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