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Estate: è tempo di buon cibo e buoni vini in compagnia. Di sera le temperature scendono e possiamo tranquillamente goderci una grigliata e un buon vino rosso.

E quando si parla di Sardegna si parla di Cannonau, sicuramente il vitigno a bacca rossa più importante e prestigioso dell’isola. Esistono diverse tipologie di questo vino: Rosso, Rosato, Riserva, Liquoroso Secco e Liquoroso Dolce.

Il Cannonau presenta un bel colore rosso rubino che, con l’invecchiamento, manifesta via via riflessi color granato o arancione sempre più intensi. Il profumo è fresco, speziato, maturo e con sentori fruttati (soprattutto di frutti del sottobosco, note di mirto e di prugne); si possono anche percepire sentori eterei tendenti al resinato, oppure sfumature floreali che richiamano principalmente alla rosa passita. Il sapore è ricco, caldo, morbido e pieno; lascia inoltre un piacevole retrogusto leggermente amarognolo e tannico. Le versioni passite o liquorose assumeranno tinte granata anche brillanti in virtù della concentrazione zuccherina e/o alcolica.

Per la sua stretta parentela con i vini grenache è entrato a far parte di “Grenaches du monde”, il più importante concorso internazionale riservato ai vitigni della famiglia cui appartiene anche il cannonau. Il Concorso, nato nel 2013 a Roussillon in Francia, per volere del Consiglio Interprofessionale dei Vini del Roussillon è poi diventato itinerante e ospitato ogni anno da una regione produttrice di vini che hanno come base il vitigno grenache.

Se il concorso “Grenaches du monde” rappresenta una grande opportunità per l’isola, sia sul piano economico che turistico, vanno però ricordate anche le numerose ricerche e scoperte che tendono a far prevalere la natura autoctona del vitigno. “La storia del cannonau è la storia della Sardegna, sull’isola c’è traccia di produzione di cannonau già tremila anni fa”, ha infatti dichiarato l’assessore regionale del Turismo e delle Attività produttive, Francesco Morandi durante la manifestazione svoltasi in Sardegna, ad Alghero, nel 2017.

I dati riportati dalla rivista Vitae, a sostegno di questa tesi, ci indicano appunto come a lungo si sia ritenuto che il vitigno cannonau fosse stato portato sull’isola dagli spagnoli, e da qui l’inserimento e l’apparentamento con i diversi grenache presenti nel Mediterraneo, e di come invece recenti scoperte abbiano dimostrato la presenza del Cannonau in Sardegna in epoca ben precedente rispetto alla dominazione spagnola. Importanti ricostruzioni che fanno sì che questo vitigno possa essere considerato autoctono, ma soprattutto atutto uno dei più antichi del Mediterraneo.

I dati in breve: la superficie vitata in Sardegna è pari a 27.200 ettari, di cui il 27 per cento in collina; per il 40 per cento i vigneti sono ancora coltivati ad alberello. 7300 sono gli ettari impiantati a cannonau. La Doc Cannonau di Sardegna è stata istituita nel 1972. Ogni anno sono circa 71.000 gli ettolitri di Cannonau di Sardegna Doc prodotti, pari a 9,5 milioni di bottiglie, che rappresentano un quarto di tutto il vino Dop prodotto nell’isola. Nelle province di Nuoro e Ogliastra il cannonau costituisce la quasi totalità del vigneto.

Questo si rispecchia nella varietà ben fornita sia di vitigni autoctoni sia di vini, ognuno specchio del territorio da cui proviene, nonostante abbiano magari come padre lo stesso vitigno.

All’interno della DOC esistono tre sottozone, Jerzu, Oliena o Nepente di Oliena e Capo Ferrato, le uniche che possono infatti utilizzare in etichetta sia i toponimi sia la menzione di “classico”, introdotta nel 2001, poiché zone storicamente di elezione e particolarmente vocate.

Ma è abbastanza per avere in mano degli strumenti adeguati a promuovere appieno un vino così carico di significato per i nostri territori? Anche considerata la volontà da parte dei produttori europei di voler costituire un circuito mondiale dei Terroir del Grenache con l’obiettivo di mettere in collegamento aziende e territori diversi per poter dialogare, confrontare le diverse particolarità e fare rete.

E quindi sarebbe possibile sviluppare un’idea univoca di “Cannonau di Sardegna”, rendendola viva sul mercato mondiale senza entrare a far parte di un sistema più vasto? Non la renderebbe invece restrittiva e limitante? Chi si batte per apportare delle modifiche all’attuale disciplinare di produzione è il movimento nato a Mamoiada; diventata zona di produzione del Cannonau storicamente in tempi più recenti rispetto alle zone più antiche, ma che da subito ha acquisito grande fama sia per la qualità dei suoi vini sia per la nascita dell’associazione Mamojà, che tra i suoi obiettivi, oltre allo sviluppo e alla valorizzazione del territorio e delle pratiche vitivinicole, ha proprio la messa in discussione della DOC, che attualmente non permette margini di movimento, nonché la creazione di un’identità chiara e definita per affermarsi e farsi conoscere sui mercati.

La Doc Cannonau di Sardegna presenta infatti alcuni aspetti che penalizzano la produzione e che la rendono inadeguata per valorizzare appieno le qualità del vino: prima fra tutte l’estensione, pari all’intero territorio regionale, non proprio in linea con le direttive delle denominazioni; il divieto di utilizzare il nome cannonau al di fuori delle Doc, e la scelta di inserire un aumento della percentuale minima di uve cannonau (90% invece che 85% mentre il restante 10% può essere rappresentato da altri vitigni a bacca nera, in prevalenza pascale e bovale sardo, o muristellu), una riduzione delle rese per ettaro (da 110 a 90 quintali) e una maturazione più lunga in legno (12 mesi, sui 24 complessivi), doppio rispetto alla Riserva.

Modalità di servizio e abbinamenti.

Utilizzare un calice di dimensioni medio-grandi, baloon o a luce ampia per permettere la diffusione dei profumi. Temperatura di degustazione, 16-18°C. Nel caso delle versioni passito e liquoroso, usare un calice per vini passiti a stelo lungo e una temperatura di degustazione di 8 -12 °C.

Fra gli accostamenti gastronomici più riusciti senza dubbio, sia nelle versione classica che riserva, l’abbinamento consigliato è sicuramente quello legato ai piatti tipici della cucina sarda, come gli arrosti di maiale, capretto o agnello. Si adatta bene ad accompagnare anche brasati e selvaggina (cinghiale) e, in genere, tutte le carni rosse ben cucinate. Invece crostate di more o ciliege, semifreddi anche alla nocciola o cioccolato, ma anche formaggi stagionati potranno trovare un abbinamento armonico con le versioni passite, mentre il Cannonau liquoroso si degusta al meglio accompagnato a pasticceria secca o come vino da meditazione.

Una curiosità: la fama del Cannonau è stata resa immortale dal poeta Gabriele D’Annunzio, che del vino di Oliena e del suo soggiorno barbaricino nel 1910, scrisse un articolo per il Corriere della Sera intitolato “Un itinerario bacchico”.

“Non conoscete il Nepente d’Oliena neppure per fama?

Ahi, lasso! Io son certo che, se ne beveste un sorso, non vorreste mai più partirvi dall’ombra delle candide rupi, e scegliereste per vostro eremo una di quelle cellette scarpellate nel macigno che i Sardi chiamano Domos de Janas, per quivi spugnosamente vivere in estasi fra caratello e quarteruolo.”

E ancora:

“A te consacro, vino insulare, il mio corpo e il mio spirito ultimamente.

“Il Sire Iddio ti dona a me, perché i piaceri del mio spirito e del mio corpo sieno inimitabili.

“Possa tu senza tregua fluire dal quarteruolo alla coppa e dalla coppa al gorgozzule.

“Possa io fino all’ultimo respiro rallegrarmi dell’odor tuo, e del tuo colore avere il mio naso per sempre vermiglio.

“E, come il mio spirito abbandoni il mio corpo, in copia di te sia lavata la mia spoglia, e di pampani avvolta, e colcata in terra a pie’ d’una vite grave di grappoli; che miglior sede non v’ha per attendere il Giorno del Giudizio.”

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