HAMLET MOTEL debutterà il 2 novembre al Festival du THeatre International de Bejaia in Algeria
NORDAFRICA: partecipazione e bellezza.
HAMLET MOTEL
Una creazione di teatro/circo
diretto da Lucia Falco
con
Lucia Falco, Jurij Longhi, Giulia Piermattei e Marcello Serafino
liberamente ispirato ad “Hamlet Machine”, di Heiner Muller
e al dramma “Amleto”, di William Shakespeare rielaborato da Francesco Olivieri
Sono passati 21 anni da quando ho messo in scena per la prima volta Hamlet Machine. Durante questo tempo il testo di Heiner Muller non mi ha mai lasciata. Come un dipinto in attesa di essere completato, una creatura che richiede luce, colore e forma. Pochi mesi fa mi sono sentita finalmente pronta a riprendere in mano il progetto e così, dopo aver messo su carta le nuove idee, ho parlato con gli attori.
La mia prima esigenza è stata quella di contestualizzare il lavoro, adattando il testo al nostro tempo. Il forte tormento vissuto dal protagonista maschile mi ha messo nella condizione di dover trovare una nuova e diversa causa originale, un evento tangibile. Ho così deciso di collocare la follia del protagonista nella drammatica realtà della guerra. Il mio secondo bisogno è stato quello di trovare un secondo personaggio, una presenza passiva ma dotata di una forza silenziosa, con cui il protagonista potesse interagire: ho capito subito che questo personaggio doveva essere di sesso femminile. Il mio terzo bisogno è stato quello di racchiudere il tutto in uno spazio unico: ho optato per una camera di motel, un luogo dove la luce elettrica si riflette sulle pareti, dove il senso di transitorietà permea ogni angolo e dove la TV è sempre accesa, sintonizzata su ogni canale possibile, perché il vuoto da riempire è enorme. La quarta e ultima necessità, fondamentale in chiave artistica ed espressiva, è stata quella di tradurre sulla scena il sogno, il delirio e la follia che riverberano dalla psicologia del protagonista, dandogli una forma. Per riuscire in questa impresa mi sono posta alcune domande: in che lingua parlano le visioni? di quale materia sono fatti i sogni? con quali dinamiche il mondo esterno e l’inconscio entrano in contatto? Ho quindi scelto di utilizzare lo spazio in senso trasversale, con gli spettri che si calano dall’alto e che salgono dal basso, come il fumo, come le particelle, come un soffio d’aria sporca. L’irreale rimane così sospeso, in una dimensione dove tutto è velleitario, magico e impermanente: una quarta parete creata grazie al lavoro degli artisti circensi, sempre sospesi tra la vita e la morte, a ricreare sul palco la condizione della nostra esistenza.
Penso che questo nuovo adattamento di “Hamlet Machine” sia fortemente cinematografico, e porti in sé una sensazione speciale, molto simile a quella che ho provato guardando film come Paris Texas, o Thelma & Louise. L’interprete, è un soldato in procinto di tornare a casa dal fronte. L’uomo è nella stanza del Motel, dove trascorrere la sua ultima notte lontano da casa, in attesa dell’alba. C’è una donna con lui, seduta in un angolo, con le mani legate.
Le forti emozioni vissute durante la guerra esplodono di colpo, trasfigurando l’uomo e facendolo tornare al suo passato di attore, quando ancora recitava la parte di Amleto, sognando un futuro diverso. L’uomo con la pistola e la donna intrappolata sembrano distanti tra loro, ma sono in realtà vicini, perché prigionieri nella stessa solitudine. Esiste in tutto lo spettacolo una sensualità trattenuta, palpabile, che dipinge con ombre rosse i respiri dei due personaggi, e una tensione costante che si sviluppa nell’unicità dello spazio chiuso, talvolta esplodendo in energia fisica, talvolta trasformandosi in visioni, come il principe Amleto e la dolente Ophelia, o come lo spettro del re e il fedele Orazio.
Hamlet Motel è uno spettacolo che occupa la terra di nessuno, un gioco di specchi sospeso tra il linguaggio teatrale e l’acrobazia. L’arma del soldato, puntata in modo gratuito, più e più volte, contro la testa della donna, é l’arma di colui il quale è rimasto senza altre risorse. L’arto meccanico che sopperisce alla fragilità di una mente che non può cancellare gli orrori vissuti durante la guerra e che, sotto la minaccia di uccidere, chiede silenziosamente di essere uccisa, sulla soglia del deserto.
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