Articolo di Maria Melania Barone
Nascita e sviluppo dello Stato moderno sono dei momenti cruciali della formazione della società attuale. Ma quanto l’organizzazione della società attuale riflette l’idea di Stato espresso dalla nostra Costituzione? Lo Stato favorisce maggiormente il capitalismo, la borsa o l’economia reale?
Lo Stato è, come si sa, un’invenzione giuridica necessaria per l’amministrazione, il controllo e la guida di un paese. Si tratta di un’entità politica che prescinde dall’identità culturale o etnica del popolo che viene organizzato in base ad un sistema giuridico ed amministrativo che costituisce la struttura dello stato stesso.
In uno Stato ciascun cittadino gode di diritti e di doveri. Nella nostra Costituzione si parla di diritti relativi alla proprietà privata. Un segno questo, che indica quanto lo stato difatti abbia assunto la sua forma più matura proprio con lo sviluppo della società capitalista.
Come sappiamo l’affermazione del capitalismo non è stata parallela in tutte le parti del mondo. Nei territori della manomorta ecclesiastica ad esempio, come Barletta (in Puglia) o a Teramo (in Abruzzo), vigeva ai primi del ‘900 un sistema ancora fortemente feudale dove anche le innovazioni tecnologiche della rivoluzione industriale erano ben lontane. Il progressivo accentramento del potere a scapito della frammentazione feudale, che ha visto la subordinazione anche della Chiesa Cattolica, ha così favorito la nascita e lo sviluppo dello Stato Moderno.
I cittadini sono regolamentati da un complesso di leggi che ne stabilisce i diritti e i doveri. In particolare il sistema giuridico dello Stato italiano, che trova i suoi fondamenti nella costituzione, garantisce una certa libertà individuale ai cittadini ed in particolare l’inviolabilità della libertà personale, di pensiero, parola, segretezza della corrispondenza e quant’altro. E’ interessante però notare come il titolo II che comprende gli articoli dal 29 al 34 concerne anche i diritti doveri della famiglia, mentre il titolo I parla di “inviolabilità del domicilio”. In queste parole che sono le fondamenta della nostra Costituzione, vi è una verità di fondo. Lo Stato Moderno non può essere separato dalla concezione capitalista e della proprietà privata.
In buona sostanza l’individualità del cittadino è scandito anche dall’idea dei suoi propri possedimenti amministrati sulla base della legge generale.
Ma quali sono i doveri dello stato nei confronti dei cittadini? Un tempo esisteva il diritto alla terra. Nella società feudale, dopo un periodo di profondo impoverimento delle classi più basse della gerarchia sociale, si decise di destinare parte della terra all’uso comune. In questo modo si assicurava la sopravvivenza di buona parte della popolazione.
Oggi si accetta l’esistenza dello stato come qualcosa di ovvio e dogmaticamente ci si arrabbia quando si notano le mancanze dello stato nei confronti dei suoi cittadini. In uno stato tutti i cittadini dovrebbero ricevere assistenza sanitaria e sociale, e tutti i cittadini dovrebbero vedere riconosciuto e tutelato il proprio posto di lavoro in quanto “la Repubblica italiana è fondata sul lavoro”.
Oggi non accade questo, anzi, potremmo dire che accade l’esatto contrario. La disoccupazione supera ad oggi il 30% su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti. L’Inps eroga pensioni per 15,9 milioni di cittadini che hanno negli anni offerto i loro contributi ma di questi circa il 22% sono di natura assistenziale mentre il restante 78% ha natura di trattamento pensionistico. Oltre la metà dei pensionati ha una pensione inferiore ai 500 euro mensili. Ciò significa che esistono circa 34,1 milioni di lavoratori in Italia a sostenere l’intero paese. Una condizione di indigenza che ridisegna interamente la struttura sociale definitasi in circa 150 anni. Un momento di profondo cambiamento che fa sì che diventino lecite molte pretese.
Il ceto medio non esiste più o si sta fondendo con il ceto più povero. In questi casi lo Stato che dovrebbe essere il produttore della moneta (ma non lo è), potrebbe adottare una serie di provvedimenti in modo da rilanciare l’economia e la produzione. Tuttavia il capitalismo odierno guarda a tutto il mondo: nascono così delle economie che, per qualche legge non scritta, “devono” sfrecciare più delle altre. In questo modo non è proprio semplice riprendere le redini in mano e garantire una ripresa dell’economia. Ci vuole coraggio, ci vuole soprattutto vocazione nel fare politica.
A questo punto se dovessimo fare un bilancio tra ciò che un cittadino riceve dallo Stato e ciò che da, potremmo constatare che la bilancia pende tutta in favore dello stato capitalista a svantaggio del singolo cittadino. Tutto ciò predispone la caduta dei fondamenti che hanno spronato la nascita dello stato moderno, cioè quelli che potrebbero esser ricondotti ai principi fondamentali della costituzione francese del 1793. Oggi dunque siamo proprio sicuri di vivere ancora in uno Stato Moderno? O stiamo forse pagando il prezzo della peregrinazione dallo Stato moderno allo “Stato Globalizzato”?