C’è chi li chiama scoraggiati, l’Istat li definisce inattivi, altri prendono a prestito un acronimo inglese: Neet, not in education, employment or training. Ovvero è l’esercito di persone che non studia, non ha un lavoro e non lo sta nemmeno cercando. Invisibili ai principali indicatori del mercato del lavoro, la nuova categoria degli inattivi ha oramai inondato il mercato della disoccupazione.
Gli scoraggiati, sebbene disponibili a lavorare qualora qualcuno offrisse loro un’occupazione, sono persone che non fanno parte della forza lavoro, inattivi che alla domanda posta dall’Istat “Qual è il motivo principale per cui non ha cercato un impiego nelle 4 settimane dal … al …?”, rispondono: “Ritiene di non riuscire a trovare lavoro”. Alcuni sono convinti di non poter trovare un’occupazione perché troppo giovani o troppo vecchi, altri perché pensano di non avere le competenze richieste o più semplicemente perché ritengono che non esistano opportunità d’impiego nel mercato del lavoro locale.
Nel secondo trimestre del 2011 il tasso d’inattività della popolazione tra 15 e 64 anni si è attestato al 37,9 percento, in aumento rispetto allo scorso anno. Circa una donna su due in Italia non lavora e nemmeno è in cerca di un impiego, quindi non rientra né nella categoria degli occupati e nemmeno in quella dei disoccupati. Il tasso d’inattività femminile risulta essere pari al 48,6 percento, mentre quello maschile è del 27 percento. Nel 2010, secondo l’Istat, il numero d’individui che non cerca un impiego ma è disponibile a lavorare è pari a 2 milioni 764mila unità (11,1 percento della forza lavoro), di cui 1 milione e 700mila donne. I Neet, giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, rappresentano il 23,4 percento degli under 30, quasi un giovane su quattro. La situazione non migliora se alziamo l’asticella fino ai 35 anni, includendo anche i laureati, la percentuale dei Neet rimane abbastanza alta, circa un giovane su cinque.
Siamo così di fronte a un paradosso. Da un lato abbiamo un tasso di disoccupazione ufficiale tra i più bassi d’Europa (8,3 percento contro una media europea del 10,2 percento), dall’altro un tasso d’inattività che non ha eguali, arrivato al 37,9 percento contro una media europea del 29 percento. Giovani e donne sono le fasce di popolazione più colpite, in particolare nel Mezzogiorno. Le regioni meridionali, infatti, risentono maggiormente dell’effetto scoraggiamento, che spinge alcune fasce della popolazione, generalmente quelle marginali come giovani, donne e persone con basso titolo di studio, a smettere di cercare lavoro ed essere quindi classificate come inattivi.
In Italia il tasso di disoccupazione ufficiale è l’8,3 percento, ma chi, non avendo un impiego, non ha attivamente cercato lavoro nelle quattro settimane precedenti non viene incluso in questo conteggio. La scelta di una definizione ampia di disoccupazione, includendo gli inattivi scoraggiati e i cassaintegrati, comporterebbe un incremento del tasso di disoccupazione rispetto a quello ufficiale: l’ex-governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha parlato di un tasso di disoccupazione reale superiore all’11 percento. Nella versione meno stringente, la disoccupazione nel Mezzogiorno sarebbe il 24,5 percento e quasi una donna meridionale su tre risulterebbe disoccupata, circa il doppio rispetto al tasso ufficiale.
Fonti
Rapporto sul Mercato del Lavoro 2010 -2011, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.
La Disoccupazione tra Passato e Presente, Istat, 2011.
Occupati e Disoccupati, Statistiche Flash, Istat, Agosto 2011.
http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/grafici/3_5.html