I partigiani del genoma
Share

Recensione intervista del libro di Lisa Corimbi, I partigiani del genoma.

Uno dei libri di cui parliamo questo mese è “I partigiani del genoma”, di Lisa Corimbi, edito da Aìsara. Una scrittrice emergente e una giovane casa editrice, direi un evento che sposa perfettamente il tema di mediterranea di aprile, “Scoprire l’invisibile”.

Gli invisibili sono persone, fatti e cose che a volte non vorremmo mai avere la sfortuna di conoscere. Ma la verità, una volta resa pubblica e visibile, non è più possibile evitarla. I fatti, le persone, le occasioni descritte in questo libro sono molto realistiche, molto vicine alla realtà. Non alla realtà visibile del celebrato “Progetto genoma” o progetto pilota. Abbiamo sentito i vari servizi televisivi che parlavano delle meravigliose opportunità che la Sardegna avrebbe nell’ospitare gli scienziati del Progetto genoma, di cui sappiamo solo che studiano i geni dell’invecchiamento nella regione dell’Ogliastra, nella Sardegna orientale.

Così recita la terza di copertina: “un’organizzazione segreta di cui fanno parte insospettabili professionisti di fama mondiale sta per completare la mappatura del genoma umano. Tonga, Islanda e Sardegna sono isole-laboratorio accomunate da un inquietante destino. In Sardegna, sede designata per il progetto pilota, l’inaspettata liberazione di una donna, sequestrata pochi mesi prima, indica a un giornalista di provincia la pista da seguire. Dal campo dei papaveri di Second Life ai sotterranei della massoneria si combatte sul labile confine fra apparenza e realtà”.

Cosa è vero e cosa non lo è non lo scopriremo noi, sono segreti invisibili che stanno al di sopra di chi scrive, dei personaggi descritti, ma forse sono notizie meno segrete per qualche lettore.
La storia si potrebbe definire un thriller, un romanzo che intreccia diverse vite, diversi racconti. Persone vere come quelle dell’organizzazione islandese Mannvernd (Association of Icelanders for Ethics in Science and Medicine), i veri partigiani a difesa di un mondo in cui si possa decidere della nostra privacy genetica. Il progetto genoma ha bisogno, nel libro, come nella realtà di scoprire tutta la chiave del DNA umano, tutte le diverse combinazioni del segreto della vita. Una volta raggiunto l’obbiettivo i risultati dovranno essere usati, ma da chi? Questa è la domanda che viene spontanea leggendo il libro. Chi fa le ricerche, chi userà i risultati, e per quali scopi? Se a fare le ricerche sono le multinazionali del farmaco possiamo intuire che lo scopo sarà quello del profitto a tutti i costi. Se saranno i governi mondiali a decidere allora forse ci sarebbe perlomeno una contrattazione tra scopi umanitari e scopi utilitaristici. Stiamo ragionando per ipotesi, diciamo, macroscopiche. Non si hanno i dati sufficienti per poter fare previsioni adesso, ma sicuramente sappiamo che “Partigiani del genoma” non è un organizzazione terroristica che intende semplicemente disturbare una multinazionale. Intende invece difendere il diritto di decidere del nostro corpo, delle nostre informazioni genetiche.

Per scrivere un libro di questo tipo c’è bisogno di molte ricerche e di studio sulla materia, abbiamo infatti chiesto all’autrice Lisa Corimbi:

– Hai intervistato qualcuno per avere il materiale sufficiente a scrivere la storia?

– Non ho avuto la possibilità di intervistare il portavoce di Mannvernd, i “Partigiani del genoma” islandesi, gli unici che si sono posti il problema bioetico. Il loro sito, www. mannvernd. is è stato oscurato. Vorrà dire qualcosa? L’inchiesta celata nel mio romanzo è stato frutto di fortuna – ho rinvenuto la notizia per caso – e di ricerche, durate anni.

– Il libro è il risultato di un’inchiesta giornalistica mai pubblicata su quotidiani o riviste, è il frutto di un compromesso tra verità giornalistica e un’ottima costruzione letteraria.
Hai avuto difficoltà a trovare un editore?

– Dipende da cosa intendi per editore… se intendi l’editoria legata alla diffusione di inchieste, sì, nessuno ha voluto pubblicarla. Se intendi l’editoria canonica, quella dei libri, ho avuto piccole difficoltà. Il romanzo lo avrebbe dovuto pubblicare Mursia, avevano curato l’ editing per un anno e mezzo ed era pronta l’uscita per Natale 2006, poi ho avuto la sventurata idea di dire loro che si trattava di un’inchiesta vera e non si sono più fatti sentire. Ogni opera ha un destino… proprio quando non ci speravo più, Eliano Cau mi presenta Francesca Casula, editor di Aìsara che ha fatto un gran lavoro. Loro hanno avuto il coraggio di pubblicare. E’ una giovane casa editrice ma con oltre 40 titoli all’attivo, la casa editrice che ha tradotto André Héléna in italiano, per intenderci. Sono fiera di far parte della squadra.

– La tua inchiesta ha il sapore di quelle da giornalista vero, di quelle che non si fanno più. Hai mai pensato che fosse pericoloso andare troppo avanti nella tua indagine? Non avendo un editore a proteggerti.

– Non ho mai pensato che fosse pericoloso andare troppo avanti… finché la diffusione di queste informazioni sarà circoscritta al mondo della letteratura, finché non si solleverà il polverone e forse non accadrà mai; posso dormire sonni tranquilli e senza scorta, per ora non diamo troppo fastidio, in seguito mi divertirò tantissimo, sono nata per non avere una vita tanto normale.

Il libro, oltre ad essere un testo di inchiesta, è anche un ottimo testo letterario. C’è una tecnica molto usata dagli scrittori e registi contemporanei, ossia il mescolamento. Un melting pot di situazioni, stili e tempi storici dove passato, presente e futuro si intrecciano fino a definire la storia solo all’ultimo paragrafo. Da segnalare una pagina molto bella dove si descrive l’affondamento di una barca, molto toccante.

– La tecnica della narrazione ricorda quella cinematografica del racconto e flash back, dove la storia si intreccia tra passato e presente. Hai qualche scrittore preferito a cui fai riferimento, oltre il grande Mishima?

– Permettimi di fare un piccolo passo dentro la storia. Il mio giornalista, quello che si gioca tutto, che mette sull’Ara persino la vita al servizio della verità è Stefano Reali, alias Kiyoaki Matsugae. Metà samurai e metà bastardo. L’ultima reincarnazione di Kiyoaki. Un tributo a Mishima, sì, il più grande drammaturgo del Novecento che ha fuso etica e poetica e li ha suggellati in un gesto estremo, che io non condivido, ma che capisco. Ho scritto un thriller per nascondere l’inchiesta, ho usato il linguaggio vero, da strada, per permettere la massima diffusione dei temi difficili che ho trattato. La storia scorre veloce, come in un film. L’ho sceneggiato fittamente per rendere il messaggio meno pesante, sì, ho pensato proprio ad un film, ad un manga giapponese. Scrittori che amo oltre a Mishima… tanti, sarebbe un elenco lunghissimo. A chi non ha mai avuto il piacere di incontrarli consiglio due testi: Bel Ami e 1984.

Nonostante l’uso sapiente di nomi di fantasia, ci sono però luoghi e situazioni invece noti alla cronaca isolana. La realtà però non coincide con i tempi raccontati nel romanzo, gli avvenimenti nel libro hanno uno sviluppo casuale. In ogni caso ci inquieta la possibilità che la trama del romanzo sia più vera della fantasia. Una descrizione che nel libro viene spiegata nel contesto, ogni notizia si appoggia ad uno studio accurato delle fonti e si dispiega attraverso ragionamenti pratici le trame degli avvenimenti, comandate da centri di potere sempre oscuri e segreti. I segreti del potere che vengono alla luce nel tuo libro sono così realistici che si fa fatica a non pensarli come somiglianti a quelli veri.

– Il tuo libro vuole dare un messaggio positivo o registra semplicemente una situazione, come un’inchiesta giornalistica dovrebbe fare?

– Con questa domanda mi dai modo di esprimere un parere che reputo importante. Oggi si assiste alla enunciazione della notizia, ma lungi dall’essere spiegata con i principi della logica la si svuota del contesto, viene eliminato ogni rapporto di causa – effetto. Sono le informazioni di Vincent, cantate da De Gregori, quelle che “girano in tondo e non ti spiegano perché…” I fatti non posso essere separati dalle opinioni. Opinioni che possono esprimere solamente coloro che conoscono l’argomento, non da un Platinette qualsiasi, per intenderci…

– C’è una forte motivazione morale che ti ha spinto a scrivere il libro, questo si vede dalle prime pagine. Quali azioni individuali dovremmo compiere per cercare di limitare i danni degli esperimenti sul DNA?

– Io ritengo che ogni piccola azione, di ciascuno di noi che decide di spendere il proprio libero arbitrio faccia la differenza. Tanti piccoli gesti per recuperare la nostra libertà individuale. Chi è insegnante insegni, chi è giornalista, scriva, chi è medico, applichi il giuramento di Ippocrate, chi è casalinga, si nutra di informazione, non di gossip…ognuno di noi può costruire un piccolo pezzo di futuro collettivo.

Quello che noi sappiamo di questo progetto mondiale è frutto di servizi giornalistici regionali, a volte nazionali che ci spiegano i fantastici benefici di queste ricerche. Una notizia, se non è resa pubblica o è falsata, semplicemente non esiste. Certe cose non le verremo mai a sapere se guardassimo sempre lo stesso telegiornale o lo stesso quotidiano. Oggi non c’è più una competizione tra giornali per una interpretazione diversa su uno stesso fatto, certe notizie non si danno e basta, così per moltissime persone non è mai accaduto nulla. Non si ragiona sulla notizia poiché molte volte le subiamo passivi. La possibilità di ragionamento deriva dalla complessità di un sistema dell’informazione, dalla ricchezza di punti di vista.

– Qual è il messaggio che il mondo della comunicazione dà sulle ricerche del Progetto genoma, e quali scopi persegue esattamente questo progetto internazionale?

– La Sardegna ha il progetto pilota in campo mondiale sugli studi della mappatura fisica del DNA. Le altre isole sono Tonga e Islanda. Perché? Perché sono popolazioni che garantiscono un isolamento genetico datato secoli e che hanno gli archivi per ricostruire la genealogia di ogni patologia. Servono razze isolate perché la ricerca studia i polimorfismi, le diversità genetiche che ovviamente in ceppi “ vergini” sono più evidenti e dunque più comode. In Islanda ci sono regole chiare per la gestione degli studi, eppure, nonostante questa “ trasparenza” è nato un movimento di opposizione, Mannvernd, che ha raccolto le firme di 20.000 cittadini i quali chiedono di essere cancellati dalle banche dati. Una donna ha vinto la prima causa contro la multinazionale che gestisce l’accordo. In Sardegna le multinazionali sono tante e ognuno fa un po’ quello che gli pare. Quali scopi perseguono le multinazionali mi chiedi? Beh, quelli legati al dio danaro, mi sembra logico.

– Nella realtà però le notizie date nel romanzo sono note ai governanti di turno, oppure anche loro subiscono l’azione delle potenti multinazionali? C’è qualcuno che detiene il potere politico o che lo ha avuto in Sardegna che si sia mai preoccupato di capire veramente in cosa consisteva il Progetto genoma?

– Ahia, qui tocchiamo un tasto dolente. Vedi, a me è capitato di rinvenire la verità in un punto trasversale… la verità mi ha scioccato proprio per la sua collocazione, mi spiego? Poi questa notizia mi ha fatto talmente pena, che ho deciso di portarla sulle mie piccole spalle. Non solo ci sono persone che detengono il potere, ma lo hanno usato per insabbiare la vera storia che in breve è questa: i sardi, gli islandesi e gli abitanti di Tonga sono degli splendidi criceti. I criceti sardi sono davvero appetitosi se si aggiunge che nell’affaire ci sono assurdi picchi di concussione politica. Qui scorrono fiumi di danaro, danaro che pesa. Considera che stanno giocando a fare dio, la mappa fisica del DNA sarebbe la scoperta del secolo. Stanno cercando la “proto mappa”, quella che ti fa ammalare Tizio e salvare Caio, quella che ti fa costruire le bombe etniche, quella che ti dà il potere sulla vita e sulla morte del genere umano, in mano alle multinazionali… ti sentiresti tranquillo? Si può fare qualcosa? Sì, ho deciso di mettere in piedi un progetto dove ogni persona può registrare il proprio testamento bioetico. Questo forse è poco, ma già qualcosa.

Infine un fuori intervista piacevole e doveroso!

“Mi permetti di fare un appello? Un appello agli intellettuali e agli artisti:
Tocca a voi, ragazzi. Siamo in pieno regime, se dovete criptare, criptate, usate qualsiasi linguaggio, qualsiasi mezzo, qualsiasi iniziativa ma scrivete, colorate, musicate, digitate, fate le vostre sculture. Quando l’ Arte deve metterci la faccia, significa che stiamo vivendo tempi davvero bui, ma significa anche che c’è una splendida percentuale di riuscita. All’Arte!”

Leave a comment.