Aristofane
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di Carla Dotzo

ispirato da I cavalieri di Aristofane

Due servi del vecchio Demos parlottano del collega Paflagone, entrato con menzogne e furbizia adulatoria nelle grazie del padrone. Approfittando della sua assenza, sfogliano il libretto di sentenze oracolari nel quale è scritto che Paflagone è destinato ad essere sostituito, nel cuore e nella casa di Demos, da un Venditore di salumi. Sollevati dalla scoperta, i due trovano un Salsicciaio e lo presentano al loro padrone. Da quel momento inizia una serie di irresistibili agoni retorici, gare oratorie nelle quali, a mo’di assemblea politica, Paflagone e il Salsicciaio combattono per guadagnarsi i favori di Demos a colpi di bassezze demagogiche e volgarità. I valori tradizionali sono qui comicamente sovvertiti e i due contendenti competono non in onestà e rettitudine morale, ma in grettezza e abilità nel mentire.

La gara è dura, i due sono entrambi professionisti della rozzezza e della bugia. Ma alla fine il Salsicciaio prevale e l’avversario deve abbandonare la casa del padrone e iniziare a vendere salsicce al mercato al posto del vincitore. Durante un dialogo fra il coro e Demos, quest’ultimo ribadisce le proprie lucidità e intelligenza e rivendica la capacità di capire la natura di chi lo circonda e, qualora non si comporti onestamente, punirlo.

Solo al termine della rappresentazione il Salsicciaio ricompare sulla scena affinato e ripulito; il suo padrone Demos, ringiovanito grazie ad un incantesimo del servo, appare accompagnato da una giovane donzella con cui si prepara a divertirsi, avendo ripreso l’antico splendore.
Questa, in sintesi, la trama dei “Cavalieri”, la più riuscita e feroce commedia di satira politica di Aristofane e di tutta la letteratura greca, rappresentata nel 424 a.C.

Come altre opere dello stesso genere, la commedia è una gigantesca allegoria della situazione politica dell’Atene del tempo, afflitta dalla devastante guerra del Peloponneso. Demos è, chiaramente, la personificazione del Popolo, che della politica della città è ormai arbitro. I suoi servi sono i singoli uomini politici chiamati all’epoca a rappresentare le istanze democratiche. In particolare, sotto le spoglie di Paflagone si nasconde, nemmeno troppo accuratamente, Cleone, esponente di spicco del partito e promotore del prosieguo della guerra contro Sparta. Il Salsicciaio è una creazione letteraria…un ciarlatano, un politico cialtrone, totalmente disinteressato al rispetto dei valori e della morale e concentrato esclusivamente sulla conquista del consenso; per centrare il suo obiettivo deve competere con Paflagone – Cleone, fatto della sua stessa pasta, nel guadagnarsi con l’inganno i favori del popolo. Eppure dal dialogo col coro si deduce che il popolo non è poi così sciocco e non si fa imbrogliare.
Finge di non capire ma in realtà sa quando e dove colpire…

La scena finale, con il Salsicciaio ormai serio e compito nel nuovo ruolo e Demos, rinvigorito dalla giovinezza ritrovata, a rappresentare il regime democratico del passato, quello sano e incorrotto dei tempi delle vittorie contro i persiani, è da sempre oggetto di discussioni filologiche. La soluzione del salto temporale sembra, infatti, ad alcuni studiosi poco realistica e priva di logica, ma sono in molti a pensare che ad Aristofane non interessasse affatto rimanere ancorato su binari di veridicità. Commedia era anche rottura della barriera della realtà e evasione nell’utopia. E proprio questo doveva piacere molto agli ateniesi che, pur interessati a ridere e riflettere sui loro uomini politici, sempre dimostrarono di prediligere un finale che potesse presagire un futuro di rinnovato splendore, di prosperità e pace. Anche le donne che si accompagnano al Demos ringiovanito altro non sono che un segno di benessere e abbondanza che in Aristofane, abitualmente, simboleggiano la Pace.

Oggi può stupirci il fatto che la satira sul popolo credulone – tema quanto mai attuale – debba il suo successo proprio a quello stesso popolo, la risposta è che gli ateniesi sapevano scindere la prassi politica dalla satira; quelle stesso pubblico che applaudiva Aristofane avrebbe a breve eletto Cleone per rappresentarlo. Né è necessario vedere in Aristofane un reazionario o un moderato, data la poca stima dimostrata nei confronti degli esponenti democratici. La satira, nell’antica Grecia, è infatti imperniata “ sulla massima libertà di calunniare, di attaccare direttamente e ferocemente personaggi pubblici… che a sua volta si basa su uno dei meccanismi fondamentali promossi dal regime democratico, vale a dire la piena libertà di parola.”

 

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