Articolo di Enrico Santus
È una situazione sempre più preoccupante quella che emerge dai rapporti sul mercato del lavoro nella provincia di Pisa. Alla lieve ripresa del PIL nazionale nel 2010 (+1,1%), infatti, non è corrisposto nessun aumento dell’occupazione nella nostra area. Secondo le stime dell’Istat, anzi, essa sarebbe addirittura calata del 2% (dal 64,20% al 62,20%). Questo calo, se affiancato alla diminuzione della disoccupazione di 0,2 punti percentuali (dal 5,50% al 5,30%), non può che far pensare ad un aumento degli scoraggiati, ovvero quella categoria di persone che – non trovando alcun impiego – decidono di ritirarsi dal mondo del lavoro.
Le fasce d’età più colpite sono i giovani e gli over 45.
I dati Istat sulla nostra provincia parlano chiaro: nel 2010, il tasso di occupazione è crollato del 10,6% per la fascia d’età compresa tra i 15 e i 25 anni (quasi il doppio del dato toscano, -5,9%) e del 4,5% per la fascia d’età compresa tra i 55 e i 65 anni (in controtendenza col dato regionale, +2,2%).
Da una parte, perciò, aumentano i cosiddetti Neet (not in education, employment or training, cioè coloro che non lavorano né studiano) e dall’altra crescono coloro che ricorrono al prepensionamento o che si ritirano dal mercato del lavoro in attesa di maturare l’anzianità necessaria a percepire una pensione. Questi ultimi, privi di una famiglia che possa sostenerne le spese di sussistenza, sono spesso costretti a vivere con l’aiuto degli ammortizzatori sociali, qualche volta addirittura ospitati da parenti o amici nella lenta e logorante attesa di raggiungere i requisiti per il prepensionamento. Ciò perché vanno sempre più deteriorandosi, per loro, le possibilità di trovare un’occupazione: il grosso delle assunzioni nella nostra provincia nel 2010, infatti, ha riguardato gli individui in età tra i 25 e i 44 anni.
A dispetto della crescita delle comunicazioni di avviamento al lavoro (+7,30%, in termini assoluti 34.257), a cui è corrisposto un aumento delle comunicazioni di cessazione (+2,08%, in termini assoluti 18.874), si è registrata una diminuzione del numero di lavoratori coinvolti, confermando quel fenomeno detto di job-carousel, secondo il quale le persone che terminano e cominciano un’attività sono sempre le stesse, ovvero precari costretti a passare da un posto all’altro mediante contratti a termine e con scarse prospettive di stabilizzazione.
Viene a crearsi così una situazione di totale precarietà che va a danneggiare le categorie più deboli, spingendo i lavoratori – specie quelli più giovani – a un estenuante turnover e tagliando fuori dal mercato tutte quelle fasce d’età più alte, che sono impossibilitate a seguire tali dinamiche.
Questa situazione emerge drammaticamente nei forum dei siti che trattano di tematiche lavorative e di disoccupazione: in una di queste pagine, per esempio, si legge ciò che dichiara una donna pisana diplomata: «Sono uscita da un’azienda tre mesi fa perché non c’era futuro […]. Per la prima volta in vita mia ho chiesto l’indennità di disoccupazione. Ho 50 anni e due figli di 32 e 18 anni. Non mi sono mai sentita cosi precaria». Le fa eco un altro pisano, anche lui diplomato, che racconta amareggiato di aver cercato lavoro per dieci anni e di essersi ormai arreso: «Adesso sono ad un “teorico” passo dalla pensione e questa Italia per più di 10 anni ha fatto a meno del mio contributo lavorativo e della mia esperienza».
Secondo le proiezioni della Provincia, continuando di questo passo, diverrà sempre più realistica la possibilità di un ulteriore deterioramento del mondo del lavoro nel 2012 (maggiore precarietà, più disoccupazione giovanile e aumento dei lavoratori scoraggiati). Unica possibilità per uscire da questa situazione sarebbe tornare alla competitività e far ripartire lo sviluppo, ma le politiche messe in piedi dal governo per ridurre il peso del debito pubblico non sembrano spingere in questa direzione.
Enti e istituzioni locali, intanto, stanno cercando di reagire adottando – oltre alle classiche politiche passive (contributi a sostegno del reddito delle categorie più colpite) – anche politiche attive, mirate a riqualificare la forza lavoro, incentivare la formazione e spingere verso l’aumento della competitività delle aziende dell’area.
«Finora – ha spiegato l’assessore provinciale al lavoro Anna Romei – siamo la provincia che ha ottenuto il miglior risultato nel progetto Welfare to work, grazie ad un costante lavoro di marketing che ci ha permesso di fidelizzare le imprese». «Nonostante ciò – ha lamentato la Romei – sono ancora numerose le richieste a cui la Provincia non può dare risposta per la mancanza di finanziamenti».
Solo nel mese di ottobre, infatti, il numero delle persone che si sono rivolte al Centro per l’Impiego di Pisa è cresciuto da 2.789 a 3.597, con un trend che si è riscontrato anche negli altri Centri per l’Impiego provinciali, tranne che a Santa Croce, dove le concerie sembrano tornare a respirare.