Share

La prima cosa che si scorge, senza necessariamente conoscere il suo iter studiorum, è che nel cuore di Nicolò Grippaldi, classe ‘86 e vignaiolo biodinamico, c’è una visione kantiana della vita e della vigna: il cielo stellato sopra le sue vigne riflesso in un suo personale ed intimo codice interiore che a poco a poco esce dalle sue mani e si traduce in ostinato lavoro ed in una carezza per ogni grappolo amorevolmente portato a maturazione.

Nativo di Gagliano Castelferrato in provincia di Enna, Nicolò è un sognatore, ama la scrittura creativa e quella musicale, vista la sua passione per la chitarra classica, non guarda la tv ma adora i film di Robert De Niro e tutta la trilogia de “Il Padrino”;  tra i libri che più lo ispirano c’è il “Manuale del Guerriero della Luce” di Paulo Coelho, un libro che a suo dire gli torna sempre utile nei momenti più cupi, capace di restituirgli forza e consapevolezza… non è un caso dunque se le frasi che più rappresentano sono “ta panta rei kai ouden menei” e “dipingo tutto quello che posso anche quando il mare è nero e il cielo si è stancato di essere azzurro”.

Fiducia in sé stesso e tanta, tanta resilienza per poter realizzare un sogno che per molti ha inizio ma che non è da tutti portare a compimento. Tutto ha inizio nel 2015, anno in cui Nicolò si laurea in Lettere e Filosofia a Firenze, un anno di incontri e di folgorazione che vedono affiorare in lui con decisione la via da percorrere, seguendo le orme dell’amico che lo ispirerà e diventando di conseguenza un fedele adepto di Rudolf Steiner: il 3 aprile del 2015 a Gagliano Castelferrato, nella terra dove un secolo prima il bisnonno aveva una vigna, pianta le sue viti dando seguito alle sue aspirazioni.

In un terreno molto disomogeneo, a tratti di sabbia bianca, ora gialla, dalle concrezioni di quarzo e granito arenario, poi gessoso e solfifero, in tutte le digressioni dell’argilla, Nicolò si cura dei suoi 3,33 ettari di vigna ad un’altitudine variabile tra i 650 ed i 700 metri sul livello del mare, mare sigillato nella tessitura di questa terra che ne custodisce gelosamente il ricordo in forma di conchiglie. Come direbbe lui “la terra dà, la terra prende” ed è per questo che persino l’irrigazione è bandita. I filari allevati a guyot vedono un’esposizione che punta a Sud, filari di Nero d’Avola e Nerello Mascalese che danno vita al Dei Pinti, allo Spinasanta ed a Le Domeniche di Teo, vino quest’ultimo che inneggia alla gioia di correre tra i filari del cagnolone così caro a Nicolò.

Il Nerello Mascalese come il Nero d’Avola, soprattutto qui in provincia di Enna, hanno trovato dimora in epoche remote, dando origine alla viticultura che col tempo purtroppo è stata accantonata, lasciando spazio a colture più redditizie per certi versi, ecco perché la vocazione di Nicolò per la viticultura biodinamica è un viaggio iperbolico che dalla Sicilia a Firenze e dunque di nuovo nei luoghi dell’infanzia, diventa ricerca, riscoperta e riscatto di una pratica dimenticata che nelle sue mani torna a rivivere. Senza dare nulla per scontato anche l’etichetta voluta da Nicolò è espressiva del terroir e fedele al suo singolare percorso: l’elemento centrale è il simbolo araldico delle famiglia che più di tutte ha regnato su Gagliano, a sinistra si intravede ciò che rappresenta il primo dipinto del paesaggio gaglianese e che è custodito presso la chiesa madre di questo borgo, mentre a destra è immortalato il fido Teo, con il giglio di Firenze ed il font che si ispirano per riconoscenza al capoluogo toscano ed ai suoi amici di Castello dei Rampolla, poi la Luna…

Luna che Nicolò segue nelle sue fasi con attenzione in attesa che diventi ascendente così che la marea diventi montante e la linfa dalla radice arrivi ai grappoli in riconoscenza di un lavoro che non ha mai fine.

Un aneddoto che ti riguarda personalmente e che ti ha segnato positivamente…

Ce ne sono diversi ma uno tra tutti, il più curioso e incredibile, risale a tanti anni fa, quando ancora non sapevo che sarei diventato un vitivinicoltore biodinamico: una donna mi lesse la mano, finito di leggerla successe una cosa incredibile che però preferisco raccontare solo davanti a un bicchiere del mio vino di fronte chi riesce ad ascoltarmi. Ci trovavamo in piazza della Madonna della Neve a Firenze.

Persone che ti hanno ispirato?

Mio padre Salvatore, professore di lettere, e poi colui che in cuor mio è il mio maestro di biodinamica.

E qual è il tuo primo ricordo con la terra, la vendemmia ed il vino?

Il profumo del mosto è un ricordo nitido della mia fanciullezza e da bambini io e mia sorella correvamo tra i filari ad alberello di una piccola vigna di un centinaio di viti della mia famiglia. Ricordo chiaramente di quel periodo mio nonno materno che, pompa in spalla, dava lo zolfo in polvere. Ricordi che hanno anche a che fare con la cucina siciliana che adoro: la pasta fatta in casa, i dolci e la domenica poi era ed è tradizione della mia famiglia riunirsi e fare il pane cotto nel forno a legno. Ecco quei profumi e quei sapori mi riportano a quando ero bambino e quando li sento ancora oggi è così che riaffiorano in me gli stessi attimi di felicità.

Cosa ha determinato la scelta di fare il vignaiolo?

La Biodinamica. Hai presente quando hai un colpo di fulmine? Mi è successa una cosa simile, è partita la scintilla ed è scoppiato un incendio.

Ricordo di quando a Firenze ad una festa incontrai il mio amico Martino per la prima volta e mi disse “”questo è il mio vino, senti”. Era un Sammarco di Castello dei Rampolla, non ricordo l’annata ma era incredibile.

Da lì a pochi mesi la mia vita sarebbe cambiata totalmente.

Quali sono le pratiche ed i criteri che contraddistinguono il tuo mestiere in vigna ed in cantina e perché li hai adottati?

Ho deciso di piantumare la mia vigna nel 2015 con un solo scopo, dare identità a quel terroir sconosciuto, avendo come unico vettore la vitivinicoltura biodinamica da cui segue questa passione, questa follia e questo mio amore infinito per questo sogno.

Ogni lavorazione in vigna è rapportata a un calendario astronomico lunare, e in due fasi dell’anno dinamizzo un preparato biodinamico chiamato 500 a base di letame ed erbe officinali, mentre in prevendemmia effettuo un altro preparato chiamato 501 a base di quarzo. Le operazioni in cantina sono totalmente rapportate a un calendario astronomico lunare e non vengono modificati i parametri analitici di mosto e uva, uva che deve arrivare perfettamente sana e con parametri analitici di maturazione eccellenti.

Cosa vuol dire fare oggi fare il vino in provincia di Enna?

Farla uscire da un anonimato che non le appartiene e veicolare la bellezza e la cultura di questa terra. Dai racconti degli anziani l’ennese è stato un territorio zeppo di vigneti che poi la fillossera ha distrutto, così che le viti autoctone furono sostituite da altre colture…. la scommessa è di restituire a questa terra la sua reputazione e la sua vocazione di terra del vino, per quanto Il sentiero sia ancora lungo e tortuoso e penso lo sarà sempre, vendemmia dopo vendemmia ma ho con me la mia lanterna a farmi luce: una grandissima fede in un percorso prestabilito prima ancora che lo immaginassi e quattro viti centenarie, proprio dinanzi alla mia cantina, due di Nerello Mascalese, una di Nero d’Avola e di Zibibbo.

Il Nerello Mascalese ed il Nero d’Avola secondo te…

È ancora troppo presto per descrivere queste due cultivar rapportandole al mio terroir, poiché è all’imprinting territoriale che bisogna fare riferimento in quanto ciò che faccio non è interpretare l’uva “secondo me” ma secondo sé stessa. Però so per certo che le viti sentono e ricevono, giorno per giorno, il mio amore. L’uva matura in maniera eccellente e il vino a quanto pare non è migliore o peggiore di altri ma diverso e soprattutto ha qualcosa da dire, qualcosa la cui chiave di lettura è la mineralità.

Un certo pubblico guarda con approvazione alle cosiddette innovazioni varietali per la loro sostenibilità ambientale. Di che avviso sei, non credi che la sostenibilità ambientale parta proprio dal rispetto della vitis vinifera?

Innovazioni varietali, viticoltura di precisione… tutto questo va in antitesi con la mia filosofia di vita e di fare vitivinicoltura. Sostenibilità a partire dal rispetto della vite? Assolutamente sì! Rispetto amore e passione sono gli ingredienti giusti dal mio punto di vista per esaltare l’identità di un territorio. Se diamo fiducia alla pianta la pianta reagisce in modo ottimale e senza aiuti esterni e ti dona uve sane.

In una visione generale più ampia quali sono le qualità che fanno essere un vino degno di essere definito mediterraneo?

Non riesco a generalizzare o a definire esattamente l’accezione di vino mediterraneo, sia per la mia poca esperienza, sia per la mia visione non meccanicistica della vitivinicoltura. Questo anche perché dico che un vino è buono se apri la bottiglia e la finisci senza nemmeno accorgertene e ad ogni sorso cerchi di capire dove il vino ti vuole portare. Se il vino ti porta esattamente nella terra da dove proviene e Gagliano Castelferrato è un borgo climaticamente e culturalmente mediterraneo, di conseguenza e a modo suo anche il vino sarà mediterraneo con la sua unicità e le sue sfumature.

Cosa beve Nicolò Grippaldi quando non beve i suoi vini?

Acqua.

Eccetto quando si tratta di confrontarmi con colleghi di cui conosco da cosa abbia vita il loro vino, che lavorano in un certo modo e che ci credono.

Quale direzione sta prendendo il mercato dei vini artigianali?

Fortunatamente c’è sempre più interesse verso i vini dei piccoli produttori che lavorano con rispetto la terra e l’uva che producono. C’è sempre più gente stanca del conformismo, chi ha consapevolezza sa cosa intendo.

Ed il tuo vino come possiamo collocarlo?

Il mio vino è sangue della terra dove nasce, quindi è semplicemente identitario.

Esiste un consumatore ideale per il tuo vino?

No, esiste però un vino ideale per ogni tipo di consumatore. A ognuno il suo vino.

Dove sarai tra 10 anni e quale sogno ti piacerebbe realizzare nel mentre?

Spero nella mia vigna e nella mia cantina con la stessa forza e la stessa passione.

Sogni ne ho tanti ma non ve li dico, sono scaramantico.

Leave a comment.