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A completamento del trittico mediterraneo e dunque a chiusura di un ciclo sui pilastri culturali su cui poggia l’alimentazione che accomuna i Popoli del Mare Nostrum, Francesco Terrone, ingegnere ed imprenditore, poeta e letterato di fede mariana recentemente insignito del titolo di cavaliere della Repubblica, ci offre la sua prospettiva ed i suoi sentimenti rivolti al grano.

Dapprincipio è fecondità, gioia di lavorare e riscuotere messi abbondanti, inneggiando alla vita, alla donna ed alla terra, quasi un pensiero rivolto alla dea Demetra, dispensatrice e protettrice delle preziose spighe. Ma un raccolto di grano, come tutti i raccolti in agricoltura, non è mai una certezza ed i piccoli chicchi per diventare pane ne dovranno fare di cammino, un cammino che culmina a tavola nella consapevolezza che esso è grazia di Dio, diritto non acquisito ma conquistato col lavoro, tra sudore, lacrime e preghiera di poterlo sempre dispensare nel quotidiano. Dalla fecondità al mito la poesia attraversa le cose terrene per sigillarsi nella sacralità: il chicco è diventato il Corpo di Cristo e la Parola di Dio, assumendo la forma dell’ostia e della speranza di fede che lega l’uomo all’eternità.

IL GRANO

Spighe di grano e gocce di rugiada rendono la festa della vita.

Giorni felici si svegliano al mattino quando le donne cantano e mietono piccoli fili d’oro.

Fragile chicco di speranza, gigante di tavole imbandite regni sereno tra lacrime e parole.

Testimone del Verbo, che trionfa nella speranza di renderci per sempre figli dell’Eterno.

Francesco Terrone

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