Il mare, l’intorno, la schiuma che si infrange sugli scogli, la sensazione di infinito, la predisposizione al sogno; il ‘mare interno’, l’origine della vita, la corporeità, la sensazione di un flusso emozionale crescente, il Bios che tende a ‘scorporarsi’. Quindi, la possibile comparazione tra la massa d’acqua che circonda il pianeta, che ‘nasconde’, talvolta offrendola, una vita sommersa di vario tipo, ed il liquido amniotico, nel quale è immerso il feto nell’utero materno, che si predispone alla futura nascita (anch’essa ‘offerentesi’), e la cui messa a confronto, riecheggia come un rimando a ciò che, evolutivamente parlando, siamo stati come ‘genealogia’ della specie umana.
Si desidera, dunque, proporre una suggestione sull’asse di tale pensiero, seguendo le ipotesi di due studiosi differenti, ma aventi in comune intenti innovativi, come Sandor Ferenczi, psicoanalista ungherese, allievo ‘eretico’ di Sigmund Freud, che si è occupato di un parallelo tra filogenesi ed ontogenesi della specie umana, e come Gaston Bachelard, epistemologo e saggista francese, che sugli elementi della natura (l’acqua, il fuoco, la terra), ma anche sul sogno, sulla poetica, sull’immaginazione, ha costruito delle ‘psicoanalisi’, che hanno restituito, grazie ad alcuni ‘inserti’ prelevati dalla letteratura, dalla prosa, nuove feconde vie al pensiero originario freudiano. Entrambi, per strade diverse, hanno ‘solcato’ il tema del mare, delle acque, come origine della vita e del pensiero immaginativo, dando la possibilità di osservare come questo elemento sia potuto entrare a pieno titolo nella sessualità e nell’affettività (Ferenczi) e nella creazione artistica e nella dimensione onirica (Bachelard).
L’audacia di un simile pensiero si dipana attraverso varie pagine e scritti, dai quali si desidera cogliere ciò che ci sembra essenziale, nell’ottica del tema da trattare: il mare (e ciò che gli si ‘avvicina’) è vita, sogno, arte.
Una delle questioni che si pone lo psicoanalista ungherese, rispetto alla nostra evoluzione umana, è quella relativa alla possibilità che tutto il periodo in cui un feto di mammiferi superiori ‘stazioni’ nell’utero materno, non sia che la riproposizione dell’antica forma di esistenza di molte specie animali nell’acqua, e la successiva nascita (di un essere umano), nella sua ‘spinta’ verso l’alto, verso il non-immerso, sia paragonabile all’emersione della vita terrestre, dovuta al prosciugamento delle falde acquatiche presenti nel globo, che hanno ‘costretto’ le nuove speci che si sono trovate in quel momento, a respirare (con molta fatica) l’ossigeno presente in superficie (un po’ come accade quando un neonato umano, non appena espulso dal ventre materno, si veda costretto a tossire molto forte, magari aiutato anche dall’ostetrica, per ‘recuperare’ quell’aria che gli possa consentire di farsi dare il ‘benvenuto’ dal mondo che lo viene ad accogliere).
E, seguendo Bachelard, come non pensare ad una ‘poetica dell’acqua’, laddove il ‘nuotatore’ dell’inconscio che accomuna gli esseri umani (un poeta, per esempio), tenda a rivivere nell’atto della creazione artistica, una sorta di ‘liquidità’ di pensiero attraverso il linguaggio poetico, una ‘fluidità’ emozionale-acquatica, che permetterebbe così di esprimere ciò che è insito nell’atto creativo originario.
Ma anche, ci ricorda Ferenczi, ciò che è collegato alla sessualità umana, nella fattispecie quella femminile, laddove l’eccitazione sessuale si manifesta tramite un ‘passaggio’ di intensità di umori, che renderebbero quindi l’organo genitale della donna pronto all’atto amoroso (cosa che Georg Groddeck, altro psicoanalista ‘eretico’ della cerchia freudiana, evidenzia similmente nell’atto del parto, laddove il passaggio del feto che risale il canale uterino materno, nel suo ‘farsi strada’ verso l’aria, lasciando la sua sacca amniotica, porterebbe a donare una doppia sensazione di piacere/sofferenza alla gestante che sta per partorire).
Ed è proprio quel liquido amniotico presente nella cavità materna femminile a rappresentare, secondo Ferenczi, quel ‘mare interno’ ricco di Bios, di vita, così importante per la creazione ed il nutrimento, durante la gestazione, del futuro piccolo umano, che lo si potrà ritrovare, spesso, in molti sogni ‘regressivi’ della vita adulta (come, per esempio, il sogno di essere salvati da un pericolo dovuto ad onde marine, o relativamente a tutti quei sogni che ‘ripetono’ le sensazioni, anche cenestesiche, provate durante il coito, con riferimento a dimensioni quali il nuotare, il galleggiare, l’apnea).
Ed anche quella certa sensazione di ansia che si ritrova, in alcune forme di nevrosi, in un misto di piacere(godimento)/angoscia, sembra poter far tornare in mente, in maniera del tutto simbolica, l’angoscia del parto, una sua reminiscenza, la sensazione di soffocamento/annegamento, simile, per esempio, alle sgradevoli sensazioni che attanagliano coloro che sono vittime di un improvviso attacco di panico.
Ma il mare, con la sua distesa di acqua disponibile alla contemplazione dell’uomo, si presta anche alla dimensione quieta della rêverie (la parola starebbe ad indicare quel particolare atteggiamento egoico che, se reso possibile da un data situazione, tenderebbe, per uno o più attimi, a far obliare tutto ciò che è contingentemente prossimo ad una persona, e favorirebbe la distensione e la prossimità verso l’improvvisorietà dell’immaginazione, ‘trascinando’ verso uno stato, seppur in veglia, paragonabile al sogno, all’immedesimazione con le proprie fantasticherie), quasi come una personale rivisitazione del mito di Narciso, che si ‘perde’ specchiandosi nell’acqua di un lago.
E come non pensare, riferendosi alla rêverie,alla possibilità che tale stato di ‘grazia’ sia vissuto, spesso, durante la gestazione di una donna gravida, tra se stessa ed il suo bambino/feto, che immerso nel ‘mare’ del suo liquido amniotico, restituisce alla sua futura genitrice momenti di piacevole fusione narcisistica, di contemplazione ‘sans-yeux’, di attimi di quieta ‘liquidità’ interna/esterna, tale da poter costituirsi come un mondo a parte, che viaggia in parallelo con il mondo circostante, quello dove è ubicato il mare ‘intorno’.
E che il mare sia presente, in talune ‘forme’, nell’interno del corpo femminile, verrebbe confermato anche da un’altra particolarità, ossia la composizione della secrezione vaginale della donna (come di alcuni altri mammiferi superiori) che si sviluppa durante l’eccitamento erotico/sessuale, la quale sarebbe composta da una particolare sostanza denominata ‘trimetilammina’ (un’ammina differenziata), il cui odore sarebbe simile a quello degli ‘abitanti’ del mare, ossia, i pesci.
Inoltre, si pensa sempre più con certezza che il ciclo mestruale femminile (un altro ‘liquido’ corporeo relativo al Bios) sia in forte correlazione, per i suoi canonici 28 giorni di cadenza, con il ritmo alto/basso delle maree.
Ancora, durante le fasi del coito, vengono a crearsi, in parallelo alle emozioni di piacere percepite, diverse alterazioni del respiro, simili sia alla dispnea (mancanza d’aria) provata all’atto della nascita, sia al ritmo respiratorio di chi nuota per un medio/lungo tratto in mare.
Tornando alla poetica, alla rêverie, Bachelard ci fa notare come l’acqua (e quindi, mare, fiumi, laghi) si presti molto a ricreare quella particolare arte divinatoria, la ‘catottromanzia’, dove, osservando uno specchio (superficie liscia e riflettente), si potrebbero osservare eventi o cose future, relative alla persona che si ‘concede’ il rito divinatorio.
In effetti, il mare ci porterebbe a pensare ciò, seguendo la rêverie, poiché in ogni acqua c’è un punto dove qualcosa può nascere e qualche altra cosa può morire, qualcosa si ‘cristallizza’ e qualcosa si ‘dinamizza’, e nella contemplazione di una distesa acquatica, si possono rivivere momenti personali di gioia o di dolore, attimi di dissolvimento, di dissoluzione, di allargamento/restringimento della propria vita soggettiva, del proprio orizzonte epocale.
Il mare, dunque, è vita immaginativa, disposizione all’ascolto (interno/esterno) di se stessi, riproposizione del proprio “Erlebnis”, della propria ‘liquidità’ di pensiero, dove sia possibile rimemorare, come nella fondazione dell’esperienza soggettiva, momenti di ‘elementarità’ uniti a momenti di ‘complessità’, regalando alla contemplazione la possibilità di una nuova ‘ottica’, che ‘diottrizzi’, soggettivamente, la visione dei propri stati interni.
E, tornando al liquido amniotico, l’essere che vi è immerso è anche paragonabile a chi, seppur per un tempo minore, sommerge se stesso nell’acqua marina, ad occhi chiusi e, in uno stato di parziale immobilità, avverte la sensazione di uno stato fusionale con il ‘mondo’ intorno, di un’esistenza non ‘solcata’ dalle questioni del reale quotidiano, stati immaginativi che, nell’essere umano durante il suo percorso di vita, si possono ricreare, con una dinamica parallela, sia nel sonno che nell’atto sessuale. Allora, il momento del sonno ci rivela una contiguità con il coito e con la vita intrauterina, quasi a voler ricordare quello stato di ‘immersione’ dal quale ci si ‘solleva’, nell’atto della nascita, nel momento dell’orgasmo sessuale, e nel ritorno alla veglia.
Per Bachelard, si può arrivare alla possibilità di un excursus pieno della propria complessità soggettiva, solo avendo ‘meditato’ in una riva prossima ad un mare che si ‘getti’ nelle sue profondità più recondite, laddove un auspicabile arricchimento del pensiero, comporti una data ‘pesantezza’ vitale (non nel senso di peso, di fardello, ma solo di un ‘bagaglio’ necessario ad uno sviluppo mentale), come quando l’acqua marina, attraversata dalle sue creature, si arricchisce non solo della loro natura, ma anche della ‘cultura’ prodotta dalla moltitudine vivente.
Inoltre, una traversata in mare può essere simbolicamente vista come un ‘passaggio carontico’, ossia un attraversare il flusso liquido della propria individualità, per arrivare su un’altra (possibile) ‘riva’ della propria psiche, dove il Simbolico (ciò che si fa parola, ma momentaneamente bloccato), possa essere di nuovo ripristinato.
E’ possibile osservare così come, in alcuni stati nevrotici depressivi, l’idea/sogno del mare, come momentanea uscita da quella dimensione di abbattimento, sia, all’interno di un percorso psicoterapeutico/analitico, una delle ‘strade’ percorribili, rispetto al proprio vissuto ‘raffreddato’, così come il sognare un ritorno nel grembo materno, stia a ‘segnalare’ una difficoltà di recupero positivo verso un Edipo non interamente svolto, pertinente ad una difficoltà di poter accettare la propria castrazione simbolica, fondamentale per una corretta ‘entrata’ nel campo dell’Altro, nel Logos, e nella dimensione di soggettivazione della propria esistenza, che ci potrà permettere di ’emergere’ dallo stato originario di fusione amniotica, e di vivere con la propria individualità ben delineata, fatta di spazi di immaginazione e di realizzazione simbolica.
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