Talvolta il tempo placido del sud Italia diventa convulso e energico, quasi tarantolato: è il momento dei 6/8 (o dei 18/8, o dei 4/4) della pizzica, che partendo dal meridione con il suo ritmo da molti secoli sconquassa l’intero stivale italico.
La pizzica fa parte della grande famiglia delle tarantelle tipiche del sud, balli veloci legati al fenomeno “magico” di cura del tarantolismo, la malattia causata dal morso della tarantola1: come si legge sul sito www.taranta.it, infatti, “Non v’è più alcun dubbio che il termine “tarantella” sia il semplice diminutivo con suffisso in -ella (molto diffuso nel sud) di “taranta”, lemma che in quasi tutti i dialetti meridionali indica la “tarantola”. Il nome del ballo dunque conduce direttamente al rituale di terapia coreo-musicale del tarantismo”. Il rito prevedeva un complesso insieme di atti il cui fine era di portare alla guarigione il malato che, morso dal ragno, presentava una serie di sintomi psicofisici simili all’epilessia o all’isteria. Così, lo stato di “pizzicata” veniva guarito o quantomeno alleviato da questa danza frenetica che col suo ritmo sostenuto intendeva riprodurre i movimenti dei ragni2. Gran parte del repertorio delle tarantelle consiste in balli di coppia – m anche a quattro persone o in cerchio-, così come altrettanto vari sono gli strumenti musicali utilizzati (tamburo, zampogna, violino, organetto, mandolino, friscalettu…). Le prime testimonianze che si riferiscono a cure musicali per il morso della tarantola risalgono al XVII secolo, sebbene esplicite riferimenti a un ballo chiamato “tarantella” bisogna aspettare al XVIII secolo.
La pizzica pizzica nell’immaginario comune oggi è fortemente legato al Salento, ma in realtà è diffusa in tutta la Puglia e nell’area ionica della Basilicata, tanto da poterla legare, come ci viene spiegato da Giuseppe Michele Gala (i cui testi sono raccolti nel sito sopracitato), al “sottogruppo apulo-lucano della tarantella meridionale”, come confermano le analogie con le altre tarantelle dal punto di vista strutturale: la danza in coppia, eseguita all’interno di un cerchio di spettatori, prevedeva fondamentalmente un “ballo frontale” e un “giro”, con vari abbellimenti (rotazioni, avvicinamenti, giri legati). Esiste poi quella particolare danza chiamata erroneamente la danza delle spade, meglio definibile come pizzica scherma, una forma di danza duellata, praticabile da soli uomini, in cui veniva mimata un combattimento di coltelli con le mani secondo forme e codici schermitori di non facile esecuzione e interpretazione. Spesso gli schermidori erano legati ad ambienti carcerari oppure ad ambienti rom: ci viene in soccorso ancora il Gala, rivelandoci che “La semantica gestuale è conservata e trasmessa con riservo o addirittura segretezza. La partecipazione alla danza-scherma aveva modalità settarie e iniziatorie tipiche delle società segrete: infatti un tempo per entrare nella cerchia degli schermidori bisognava aver avuto lezioni da maestri di riconosciuta fama, passare una sorta di rito di iniziazione […] e godere dell’altrui considerazione, altrimenti si rischiava di essere beffeggiati dagli altri schermitori”.
Un particolare tipo di pizzica è la pizzica di San Vito dei Normanni3 (piccola cittadina in provincia di Brindisi), la quale non presenta riferimenti cristiani (che anche nella pizzica pizzica si sono sovrapposti a una precedente ritualizzazione tutto pagano), ma delle particolarità: il gran numero di suonatori (negli anni cinquanta se ne contavano varie decine) e l’idea che per guarire un taratolato o una tarantolata pizzicata in acqua si dovesse compiere il rito proprio in acqua.
Merita attenzione dal punto di vista antropologico il fenomeno della Neo-Pizzica, che si lega a una più ampia “riscoperta” della tradizione in ogni ambito dell’esistenza umana in opposizione al lato meno buono della globalizzazione. Tuttavia la neo-pizzica non è stretta parente della pizzica pizzica, in quanto nata da una mescolanza di elementi eterogenei e quasi estranei alla tradizione; inoltre nella trasmissione delle conoscenze gli anziani sono stati accantonati per far posto a una trasmissione da “giovane” a “giovane”4. Il Gala evidenzia le differenze strutturali fra la pizzica pizzica e la neo pizzica: un diverso rapporto del corpo con il terreno (molto più energico nella forma tradizionale), la differente gesticolazione di braccia e gambe (più “accademica” nella neo pizzica), la relazione diversa fra i danzatori e la perdita della “circolarità” nel ballo della pizzica contemporanea. Sebbene le neo-pizziche “siano state reinventate senza un reale confronto e una mutazione coerente dei modelli tradizionali” e nonostante le distorsioni derivanti dall’essersi avvicinati al ballo tradizionale quasi spinti da una “contro-moda” antiglobalizzazione, è bene che ci sia stata la volontà di non abbandonare il proprio repertorio folklorico (non folkloristico, cosa ben diversa) e di volerlo riattualizzare; sappiamo bene inoltre che la tradizione non può essere “museificazione” o peggio ancora “mummificazione”, ma dev’essere un integrarsi dinamico del passato con le istanze del presente; come dice bene ancora il Gala “la pizzica non è oggi solo un ballo, è un emblema, un forte richiamo, una griffe, una sorta di nuovo mito culturale che crea moda, spettacolo, turismo, mercato editoriale e musicale”. Ci vedete qualcosa di male?
E allora non possiamo non concludere citando “La Notte della Taranta”, festival nato nel 1998 su iniziativa dei Comuni della Grecìa Salentina e dell’Istituto Diego Carpitella (con la collaborazione anche della Regione Puglia) che prevede un tour itinerante e una serata conclusiva (la “Notte” che dà il nome al festival) dedicata alla rilettura del repertorio tradizionale salentino dando vita però a un progetto nuovo ogni volta. Il festival ha ospitato grandi nomi internazionali e dà spazio ai gruppi e agli artisti salentini dediti alla pizzica: un evento straordinario che ogni anno richiama un numero sempre crescente di persone, pronte a essere “pizzicate” almeno per una notte.
Qualche link per chi voglia approfondire:
[1] In realtà, il morso della tarantola è praticamente innocuo: a essere pericoloso è invece il morso della malmignatta, in Sardegna conosciuta con il nome di argia, un ragno facente parte della famiglia delle vedove nere. Occorre altresì precisare che “la taranta” è comunque un animale “mitico”, non riconducibile a una specie esatta
[2] Sull’argomento ha scritto tanto uno dei maestri dell’antropologia italiana, Ernesto de Martino, che al tarantismo ha dedicato “La terra del rimorso”, pubblicazione del 1961 che meriterebbe un’adeguata trattazione a sé stante.
[3] Uno dei pezzi più noti di Vinicio Capossela è dedicato proprio al Ballo di San Vito.
[4] Gala la vede così: “Un entusiastico mercato di nicchia, prevalentemente giovanile, sensibile alla creazione di nuovi miti alternativi e pronto a lasciarsi andare a un sorta di ‘fascinazione collettiva’ prodotta dalla riscoperta culturale del tarantismo, ha assunto la pizzica ad emblema ideologico dell’antiglobalizzazione”.