Talvolta non ci si rende conto di quanto la scelta di una famiglia di legarsi ad un territorio e mettere su casa incida sui propri figli e sulle generazioni future; diamo molto per scontato, sino a dimenticarcene, quanto le frequentazioni e l’ambiente in cui siamo cresciuti sia parte integrante di noi stessi. Sempre con maggior frequenza abbandoniamo la terra da cui proveniamo per varie ragioni… non ci riconosciamo più in essa tanto è in atto il cambiamento che ci trasforma o trasforma e trasfigura il volto delle zone a noi care, scarsezza di opportunità per reale o presunta che essa sia, oppure lo si fa semplicemente per necessità proprie, sogni da realizzare. Nel nostro bagaglio immateriale però tralasciamo di ammettere quanto della nostra terra portiamo in viaggio, dimentichi a tal punto di quanto essa sia connaturata nella nostra persona e di quanto effettivamente ci abbia dato da arrivare persino a reputarla severa, ingenerosa ed ingiusta.
Dunque il distacco.
Ma In fondo si parte per ritornare poiché il viaggio è un percorso di crescita che ha per meta non soltanto il proprio benessere e la stabilità economica, bensì il ricongiungimento con gli affetti e con i luoghi dai quali proveniamo.
Ritornare alla terra.
Se soltanto riconoscessimo di essere noi stessi frutto della nostra terra di origine, distratti e restii a cedere almeno in parte quanto da essa abbiamo ricevuto sino a diventare noi stessi egoisti, ingrati ed ingiusti, allora acquisiremmo una coscienza ed una sensibilità nuova, utile per noi e per il prossimo, per la nostra comunità e l’ambiente in generale, perché è proprio il rapporto con l’ambiente che qualifica i sentimenti che ciascuno di noi vi profonde, il nostro ruolo e la nostra maniera di intendere come saper stare al mondo.
Tornare dunque, tornare e restituire una parte di quanto abbiamo ricevuto, tornare e rendere ancor più fertile, con l’amore e le idee innovative, la propria terra…
Vittorio Arenella lo ha fatto.
Eterno ragazzo dalla coscienza “green” e dalla “coerenza di cuore collettiva”, “sognatore concreto” la cui inventiva ed ingegno sono superati soltanto dal suo grande animo e dalla sua fiducia nel credere che “ciò che rende speciale l’unione di due o più persone verso il raggiungimento di uno scopo comune non siano le intelligenze o le capacità ma i sentimenti… quando le menti e i cuori sono in armonia e si producono idee e fatti, mentre l’animo sorride”; una convinzione tanto forte da fargli creare “Noocleo”, la sua dimensione in continua espansione, riunendo talento ed amici con l’intento di rivoluzionare un mondo apparentemente saturo di invenzioni e “app” di dubbia utilità partendo dall’osservare di nuovo le persone, ascoltare le loro reali necessità, quelle che portano la comunità a progredire, creando un’ampia “partnership” di ingegni capaci di concretizzare le idee primitive ed i progetti inespressi di coloro che vogliono credere in sé stessi, realizzare le loro aspirazioni e renderle pratiche attraverso una consulenza ergonomica e ponderata, un disegno preciso che arrivi subito a far loro conseguire il risultato.
Vittorio, classe del ’78, è nato e cresciuto a Roccapiemonte, l’antica borgata sorta presso le mura della Rocca di San Quirico e successivamente sviluppatasi ai piedi del Monte Solano, graziosamente definito “a forma di Pan di Zucchero” dallo scrittore e paesaggista Edward Lear in un viaggio del 1847 nell’hinterland salernitano. Già verso i 5 anni mostrava quell’irrequietezza creativa che lo contraddistingue tutt’ora: dopo aver smontato un motore a 1,5 volt da una macchina radiocomandata con la ferma intenzione di costruire un elicottero restò fortunatamente illeso dopo averlo collegato con un accrocco di cavi ad una spina direttamente alla rete dei 220 volt… olio bruciato, un fulmine blu ed un primo insegnamento, ossia “non basta il genio ma occorre la conoscenza” e successivamente negli anni, durante il suo percorso formativo, ha successivamente appreso, industriandosi a mettere in pratica la teoria, che “non basta l’idea ma occorre la tecnica”. Laureatosi nel 2002 presso l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Roma in Disegno Industriale Vittorio ha successivamente collaborato alla realizzazione di progetti informatici per diverse compagnie private ed enti statali, diventando “co-founder” di “Clusterlab” e partecipando, in qualità di relatore, a svariati convegni sull’innovazione presso la facoltà di Architettura dell’Università “La Sapienza” di Roma. Inoltre è stato menzionato alla XX edizione del “Compasso d’Oro” del 2004 al progetto giovani per il miglior design italiano sull’abbattimento delle barriere elettroniche ed è stato insignito di diversi premi tra cui l’ “Italian Web Award” del 2005.
Tra le sue letture preferite troviamo “Flatlandia”, romanzo distopico di Edwin Abbott che prende di mira il materialismo ed il riduzionismo positivista e, tutto sommato, come per il protagonista Vittorio ama vedere le cose a più dimensioni, senza fermarsi di fronte a convinzioni o convenzioni comuni. Oggi è “senior interaction and innovation designer”, un “project manager” amante della Natura, dell’eco-sostenibilità e della vita rurale. La sua mission? “Semplificare e rendere usabile la tecnologia informatica, affinché l’uomo possa sfruttarla sapientemente senza essere schiavo di essa. Dare a tutti la possibilità di utilizzare i potenti mezzi offerti dalla tecnologia, prescindendo dal grado di abilità e conoscenza individuale”.
Grazie ad Ortotica Vittorio Arenella ci aiuta a capire che possiamo preservare le tradizioni e l’ambiente utilizzando in maniera virtuosa la tecnologia per ascoltare le reali esigenze della terra.
LAUREA IN DISEGNO INDUSTRIALE, SOLIDA ESPERIENZA DI DESIGN APPLICATO ALL’INFORMATICA IN QUALITA’ DI DOCENTE, COORDINATORE E PRECURSORE NELLA RICERCA E SPERIMENTAZIONE DEI NUOVI MEDIA… QUANTO L’HA PORTATO LONTANO DALLA SUA TERRA TUTTO QUESTO?
Mi definisco un campanilista nell’animo. Amo la mia terra e mi sento davvero a casa solo quando sono a Roccapiemonte. Dopo il liceo sentivo di ricambiare l’enorme amore che il mio luogo d’origine mi regalava ogni giorno così decisi che avrei fatto qualcosa che avrebbe contribuito al suo cambiamento e miglioramento. Ma solo con delle brillanti idee e tanto entusiasmo non si può fare molto se non si ha l’esperienza giusta. Fu così che presi una decisione difficilissima: a 18 anni appena compiuti partii per la capitale per studiare ma soprattutto per avere la possibilità mettermi alla prova con esperienze molto più grandi di me… per crescere… per farmi le ossa… per migliorare ogni giorno. E l’ho fatto sempre con un obiettivo preciso: tornare! Sin dal giorno in cui partii – ricordo ancora mia madre che versò una lacrima affacciandosi alla finestra – avevo bene in mente il mio progetto di vita… respirare il mondo e portarlo a Roccapiemonte. Ed oggi, dopo circa 12 anni con base a Roma poi Treviso e dopo aver cambiato moltissime città per lavoro eccomi qui a casa mia, Roccapiemonte, dove ho creato il mio “Noocleo” in cui mi sento al sicuro e dal quale cerco ogni giorno di innovare. Si perché si può innovare e partecipare al progresso collettivo anche da un piccolo paese della provincia di Salerno. Il mio approccio è “glocale”: avere le antenne puntate al mondo ma i piedi nella propria terra! Senza un luogo dove tornare non si è niente; questo me l’ha insegnato la vita e la nostalgia che ogni giorno mi logorava.
AGLI ESORDI DELLA SUA CARRIERA ERA GIA’ IN POSSESSO DI UN BAGAGLIO PROFESSIONALE FORMIDABILE, COSA LE HA IMPEDITO DI METTERE IN CAMPO LE SUE CAPACITA’ PIU’ SPECIFICHE SUL TERRITORIO?
Noi siamo frutto del posto in cui nasciamo, c’è poco da fare. Se hai fatto molte esperienze in un territorio e ti definisci “esperto” sei solo tra gli esperti di quel territorio. Notai da subito che appunto coloro che si definivano esperti nel mio territorio avevano un gap di molti anni di arretratezza rispetto a ciò che serviva al territorio stesso per evolvere. Bisognava partire non vi era scelta, altrimenti oggi tutti mi avrebbero chiamato “ingegnè” o “dottò” come fanno solitamente le persone del luogo per definire un laureato; invece grazie al mio sacrificio di vita oggi le persone del luogo mi definiscono inventore, genio e quasi sempre un “pazzo”. Ovviamente è ridicolo tutto questo ma spiegabile: quando non si capisce la diversità, ciò che irrompe rispetto al “già visto” è normale definirlo in modo inappropriato o esagerato. Ma non vi nascondo che quando mi dicono “tu sei un pazzo” io provo un profondo senso di orgoglio.
HA REALIZZATO TANTISSIMI PROGETTI COMMISSIONATI DA ENTI PUBBLICI DI RILIEVO E NON SOLO, LE ANDREBBE DI PARLARCENE? QUALE TRA QUESTI LE HA CREATO MAGGIORI DIFFICOLTA’ E QUALE INVECE L’HA DIVERTITA MAGARI? COSA HA APPRESO DA ESSI?
Si è vero ho progettato grandi cose, fatto progetti complessi e di durata infinita, collaborando con Enti e mega organizzazioni. Ma da queste grandi esperienze non si cresce molto in creatività perché quelli che dovrebbero essere stimoli creativi si trasformano in requisiti tecnici che qualcuno, sicuramente poco creativo, prima di me e più in alto di me scrive nelle sue mega documentazioni. Da queste grandi esperienze si impara in termini di organizzazione, diplomazia, comunicazione e conosci tante belle persone che poi diventano tuoi amici dai quali non ti separerai mai più perché se c’è una cosa che ho appreso è che quando si lotta insieme per raggiungere un risultato e c’è intesa non si raggiunge solo il risultato ma si ottiene molto di più: ci si lega per sempre umanamente. Dunque dicevamo… qual è il progetto che mi ha creato maggiore difficolta? Nessuno! Come designer il mio lavoro è risolvere problemi, quindi se dicessi che un progetto me ne ha creati di più affermerei che negli altri ho lavorato poco. La verità è che i progetti che ti danno di più sono quelli che vengono dall’osservazione delle persone e dalle loro abitudini, dalla capacità di saper ascoltare tutti perché ognuno di noi è una preziosa banca di stimoli e di opportunità progettuali. I veri inventori sono le persone comuni. Un amico andava spesso per boschi e mi disse “ma non si potrebbe fare una cosa poco costosa che mi permettesse di stare sereno se mi perdo?”, così realizzai per lui un prototipo di cappellino dotato di GPS che era in grado di dire ai suoi amici la posizione; poi un giorno vidi una persona non vedente usare un computer così studiai così tanto da diventare tra i primi esperti di accessibilità per l’abbattimento delle barriere informatiche e realizzati centinaia di siti e portali che agevolassero la navigazione ai diversamente abili, e potrei continuare per ore, ma il punto di partenza sono sempre le persone e i loro bisogni. Amo le persone, sono altruista e per essere un buon designer io credo che bisogna essere molto altruisti.
E POI NOOCLEO E FONDERIE DIGITALI… CE NE PARLEREBBE?
Non so come è fatta una busta paga. A 18 anni mi trovai all’improvviso imprenditore con uno studio grafico chiamato “Mediagrafica” tutto mio avviato a Roccapiemonte mentre in realtà ero a Roma a studiare. Come ho fatto a laurearmi con 110? Magari ve lo spiego in un’altra occasione perché non lo so nemmeno io ma l’ho fatto! Poi da lì molte esperienze sempre individuali in giro per l’Italia, poi ho fondato lo studio associato “Clusterlab” poi… la svolta! Ad un certo punta della mia vita ebbi un’intuizione: capii che il modello dell’azienda per come lo si concepisce è un modello con molti problemi organizzativi e che tende con il tempo ad impoverirsi umanamente e soprattutto se sei del Sud come me ti costringe quasi sempre a lasciare la tua terra. Così cercai di creare un sistema di lavoro umanamente sostenibile che mi permettesse di tornare a casa… un sogno per me. Perché quando parti tornare è difficile. Già il lavoro al Sud manca poi sei troppo esperto e nessuno ti vuole perché pensano che costi troppo. Così lanciai l’appello scrivendo una mail a un gruppo di professionisti amici che avevo conosciuto durante i tanti giri per l’Italia… l’obiettivo era di creare valore umano prima di tutto perché il valore professionale era scontato. Così nasce “Noocleo” una rete di persone poi professionisti della comunicazione e dell’innovazione che amano lavorare dove amano vivere, che cercano un modello dove gli affetti non devono essere sacrificati per la sussistenza. Il nostro modello nasce dal basso e in soli tre anni abbiamo fatto passi da gigante e siamo un’associazione molto coesa di circa 20 esperti che nel “Noocleo” vedono una famiglia e un “non luogo” in cui poter “tornare” sempre. Grazie a Noocleo oggi sono a casa e lavoro dal mio studio per le stesse aziende di prima e per molte altre che hanno capito che il lavoro è cambiato e si svolge in modo dinamico, ecco perché noi ci chiamiamo “Noocleo Dynamic Team”. Fatta la rete dei professionisti “folli” e innovatori bisognava fare la rete delle imprese, quindi salire un gradino in più. Così nel giugno 2014 nasce “Fonderie Digitali” la rete d’imprese che nasce dal basso dove la collaborazione è più conveniente della concorrenza. Insieme siamo forti, capaci, determinati e abbiamo sete di futuro. Speriamo solo che il mondo ne abbia altrettanto.
LE SUE ATTIVITA’ SEMBRANO ESSERE UN PO’ DISTACCATE DALLE SCIENZE AMBIENTALI E DAL CONTATTO CON LA NATURA…
Un uomo non è il suo lavoro, un uomo è ciò che pensa e ama. Quando non lavoro la mia fidanzata Clara ed io fuggiamo letteralmente e ci immergiamo in contesti naturali incontaminati, percorrendo sentieri, attraversando laghi di montagna o fiumi con un goffo canotto gonfiabile con un fuoribordo minuscolo alimentato a 12 volt che io ho denominato in modo simpatico “ecocanotto”. Poi sono esperto di sopravvivenza patentato, vegetariano, amante degli animali, grande appassionato di agricoltura innovativa nonché piccolo produttore… devo continuare o vuole cambiare la domanda? Ahaha. La verità è che non credo che la tecnologia sia distante dalla natura… tutta la tecnologia che abbiamo prodotto prende ispirazione dalla natura: c’è più tecnologia in un uccello che vola che in un areoplano semplicemente perché un volatile, lo dice la parola stessa, vola in modo naturale e non ha nessun impatto col il pianeta se non positivo. La stessa cosa non possiamo certo dirla di un aereo. Non c’è cosa tecnologica che mi stupisce e mi lascia a bocca aperta di più di una pianta. E’ incredibile: mentre muore il fiore nasce un frutto… è il meraviglioso e incantevole gioco della vita… nascere e morire. E una pianta lo fa di continuo e sempre con estrema eleganza. Ho quasi 37 anni e credo che nel mio settore tecnologico io abbia visto ormai tutto mentre del mondo naturale che ci circonda non so quasi nulla.
DA DOVE NASCE DUNQUE QUESTO LEGAME CON IL TERRITORIO E, A PROPOSITO, COSA L’HA SPINTO A FARE RITORNO NELLA SUA TERRA DI ORIGINE?
Non so risponderle… so solo che questa terra è un magnete che mi ha sempre attratto, in qualsiasi luogo in cui sono stato non ho mai percepito serenità, avevo un senso profondo di incompletezza e di irrequietudine che mi ha spinto a tornare alla terra natia!
LA DOMOTICA IMPRESTATA ALL’AGRICOLTURA. IN APPARENZA SI POTREBBE SUPPORRE CHE UN MONITORAGGIO A DISTANZA PORTI PROPRIO AD AUMENTARE IL DISTACCO TRA L’UOMO E LA TERRA. QUALI SONO DUNQUE I PRO E I CONTRO? CI DESCRIVEREBBE UN PROGETTO TIPO?
L’uomo si è distaccato dalla terra già da tempo. I nostri agronomi moderni non sono come i nostri nonni che nella terra ci passavano gran parte della loro giornata. Per coltivare con buoni risultati credo che tre siano le parole chiave, quelle che io definisco le tre C dell’agricoltura 2.0: Conoscenza, Costanza, Consapevolezza. Conoscenza perché oggi molti dei vecchi saperi non funzionano più perché stiamo vivendo un continuo e repentino cambiamento dei fattori ambientali, quindi le vecchie conoscenze dei nostri avi devono essere reinterpretate e analizzate dalla scienza e dalle conoscenze moderne; costanza perché una pianta ha bisogno di costanza e dedizione per regolare tutto ciò di cui ha bisogno; consapevolezza perché dobbiamo avere la certezza che ogni azione che facciamo sulle nostre colture può decidere il progresso o il regresso del genere umano. Intendo la tecnologia domotica o meglio l’Internet delle cose (“Internet of Things”) applicato all’agricoltura non come la soluzione ma come un ausilio capace di monitorare costantemente e in tempo reale la situazione per permettere tempestivamente l’intervento umano o automatico, se possibile, per risolvere per tempo disagi che diversamente si trasformerebbero in problemi irrisolvibili destinando le colture ad un rendimento pressoché inesistente. Ecco perché ho deciso di creare insieme ad un gruppo di progettisti di “Noocleo” e “Fonderie Digitali” “Ortotica”.
Ortotica è una tecnologia semplice che permette di dare voce alle piante. Attraverso sonde e sensori cerchiamo di creare una comunicazione su base scientifica tra noi e le piante permettendo di sapere ad esempio quando il PH della soluzione nutriente non le aggrada oppure quando l’acqua è priva di sali minerali preziosi per la crescita e la fioritura oppure capire se la luce che stanno ricevendo favorisce la fotosintesi o la blocca o peggio ancora crea stress alle piante. Poi con un complesso e innovativo sistema possiamo sapere tutte queste cose e molto di più ovunque noi siamo, perché le informazioni viaggiano in internet ed attraverso una speciale interfaccia di controllo accessibile che, da qualsiasi dispositivo che sia esso mobile o meno, permette di controllare e agire anche regolando la “fertirrigazione“, temperatura, umidità e altro o analizzare i grafici prodotti dai moltissimi dati acquisiti. Capire, approfondire e trovare il programma di coltura perfetto nel luogo specifico, alle condizioni climatiche specifiche e per la coltura specifica. Questa è Ortotica, questo il futuro dell’agricoltura.
Cosa accadrà in futuro? Coltiveremo a distanza seduti comodamente su una poltrona mentre le nostre piantagioni saranno protette e faranno il loro lavoro? Mai! Non sono un tecnologo puro, uno dei miei soci, Romano Quinto, filosofo e scrittore Noocleo-associato, mi ha definito “tecnosciamano”, neologismo in cui mi riconosco molto. Io credo che nulla possa sostituire il contatto tra l’uomo e la natura poiché in prossimità di una pianta o di un qualsiasi essere vivente avviene la trasmissione di energie che non possiamo ancora comprendere ma che sono certo esistano e quindi le piante sentono il nostro amore, la passione e la cura che dedichiamo loro e questo non sarà mai sostituibile da nessuna tecnologia. Però dobbiamo anche ammettere che l’uomo non è perfetto, si dimentica, commette errori e non ha una memoria così grande da contenere tutto quello che Ortotica sa fare, quindi Ortotica è un alleato dell’uomo, è un ausilio, un prolungamento delle sue possibilità e capacità. Due sistemi computazionali che lavorano insieme: un cervello e un processore.
CI SONO DELLE DIFFICOLTA’ IN ITALIA A REALIZZARE PROGETTI COSI INNOVATIVI? QUAL E’ LA SITUAZIONE NEGLI ALTRI PAESI?
Si le difficoltà sono moltissime. Oggi si parla molto di “start-up” innovative e di fantomatici investitori che, trovata l’idea giusta, sono disposti a finanziarla. Balle! Ho girato l’Italia con i miei soci in cerca di opportunità del genere, ho lavorato per molte “start-up” e sono immerso in questo mondo ma la triste notizia che i telegiornali non dicono è che la maggior parte di queste “start-up” sono autofinanziate, come la nostra del resto, che dà un’idea di come siamo arrivati a un prodotto finito e funzionante, anzi… lo stiamo già usando comodamente nel nostro laboratorio di Ortotica a Salerno dove oltre a testare la nostra invenzione stiamo sperimentando substrati di coltura nuovi, come le zeoliti ad esempio, grazie alla collaborazione col mio amico Francesco Apostolico. Io odio il termine “start-up”, perché ho visto molte idee inutili e stupide essere finanziate mentre le soluzioni che cambiano il mondo non sono appetibili ai grandi “venture capitalist”. Perché? Perché noi tutti desideriamo, o ci fanno desiderare, la “app” che ci sveglia con il gallo che canta o con la voce di un famoso cabarettista e non le cose che ci permetteranno di sopravvivere più a lungo su questo pianeta. E’ durissima cambiare le cose ma noi ce la faremo, andremo avanti e contribuiremo a questo movimento lento e inarrestabile di maggiore consapevolezza del genere umano che ci porterà a fare scelte più oculate che metteranno le multinazionali del potere di fronte alla necessità di cambiare. Ci vuole tempo.
Negli altri paesi non è poi così diverso, sicuramente c’è maggiore consapevolezza e aggiornamento su certe tematiche ma poi tutto è da contestualizzare, localizzare e capire bene. L’America è il paese della “Silicon Valley” dove si progetta il futuro, o così dicono, ma poi leggi le statistiche e vedi che l’America è tra i maggiori consumatori di carne al mondo (sappiamo benissimo che gli allevamenti massificati hanno pesantemente contribuito alla scomparsa di biodiversità importanti in agricoltura per lasciare spazio alla produzione del foraggio) e il Canada è il principale produttore di cereali modificati geneticamente in grado di non perire ai potenti diserbanti chimici creati dalla stessa azienda che produce le sementi. Che grande invenzione, vero? Non mi lascio influenzare dai titoli dei giornali, anzi quasi mai li leggo, piuttosto cerco ogni giorni di agire con consapevolezza estraniandomi da ciò che appare facile, scontato ed immediato.
Ortotica è sicuramente il progetto della mia vita che continuerò, fosse anche solo per me stesso, per autoprodurre ciò che mangio e assicurare a me e ai miei cari una buona qualità della vita. Se il mondo è interessato sa dove trovarmi. Io non attenderò l’investitore che arriva all’improvviso, l’unica cosa certa e sulla quale posso contare è la rete di intelligenze che ho creato un pezzettino alla volta in anni di progetti e amicizia: noocleo.
NELLO SPECIFICO QUALI POSSIBILITA’ DI IMPIEGO DELLE NUOVE TECNOLOGIE VEDE PER L’AGRO SARNESE NOCERINO E LA CAMPANIA IN GENERALE, REGIONE RINOMATISSIMA PER LE SUE PRIMIZIE ED ORA BOICOTTATA A CAUSA DELLA QUESTIONE SULLA TERRA DEI FUOCHI?
L’Agro Sarnese Nocerino e tutta la “Campania Felix” sono terre fantastiche di cui sono fiero esservi nato ma non vado altrettanto orgoglioso di cosa hanno fatto i miei conterranei. Abbiamo trasformato l’oro in immondizia e tutto questo è ridicolo perché dovrebbe essere il contrario. Ma anche qui non bisogna lasciarsi influenza dai telegiornali. L’Agro e molti dei paesi vesuviani sono ancora una terra ricca e fertile e non tutti i terreni sono inquinati. Queste aree sono ricche di serre nelle quali si producono ortaggi di primissima qualità da secoli. Le serre sono un microclima perfetto per ottimizzare le colture e io credo che la tecnologia, Ortotica ad esempio, sia di facilissima applicazione in tutte quelle colture estese in serre già attrezzate e per monoculture. Per le terre dei fuochi è semplice la soluzione: è l’idroponia ovvero coltivare fuori dal suolo. Ortotica è la macchina ideale per le colture in idroponica e aeroponica perché c’è bisogno di un monitoraggio continuo con una frequenza di aggiornamento maggiore per coltivare e ottenere risultati. Una pianta fuori dalla terra in un sistema idroponico può produrre i suoi frutti anche tre volte più velocemente ma se qualcosa va storto muore altrettanto più velocemente nel giro di poche ore. La tecnologia Ortotica per le terre dei fuochi è la soluzione ideale ma c’è ancora molto da fare.
L’EXPO 2015 A MILANO POTREBBE O DOVREBBE INCARNARE QUESTO TIPO DI CONCEPT, NON TROVA?
Mah! L’Expo teoricamente dovrebbe essere il luogo ideale per raccontare tutto questo e credo che saremo presenti con Ortotica se tutto va bene, ma praticamente a giudicare da chi espone e cosa espone non lo è. Ortotica come tanti altri progetti nel settore dell’agricoltura innovativa, come quella organica rigenerativa, oppure biodinamica o meglio dire naturale, non è molto simpatica alle multinazionali e all’Expo. Se conviveranno questi due mondi in netta contrapposizione non credo sarà molto produttivo. Ma se hai qualcosa da dire, devi scendere in campo e non avere paura. Questo è quello che penso.
PROGETTI PER IL FUTURO… E COSA POSSIAMO AUSPICARCI PER UN RITORNO DELL’UOMO ALLA TERRA E ALLA VITA RURALE?
Io spero di poter un giorno unire il mio animo tecnologico con quello “green” e mollare le città per vivere la terra al 100%. Non so l’uomo in generale cosa voglia fare, ma io voglio questo. Conosco molti ragazzi che hanno già fatto questa scelta, rifiutando ruoli prestigiosi in grandi metropoli per ritornare alla terra, tra alcuni di loro il mio amico “bosconauta” Michele Sica co-fondatore di “Rural Hub”, partner di Noocleo, che un bel giorno decise di lasciare Roma e il suo lavoro nel marketing per tornare nella sua Calvanico e a pochi chilometri dall’università di Salerno, per gestire una residenza rurale, “l’Incartata”, scegliendo di fare il contadino 2.0 e l’ambasciatore di movimenti di cambiamento come la “Cumparete”, la rete dei produttori consapevoli e solidali. Ma c’è qualcuno che è stato assoluto pioniere di tutto questo fenomeno che oggi viene chiamato “downshifting” ed è il mio amico Angelo Avagliano della Tempa del Fico a Laurino, nel profondo Cilento, che circa 20 anni fa mollò la chiassosa Salerno per vivere nella Valle di Pruno e da un piccolo chicco di grano antico, recuperato dai contadini locali, ha piano piano creato una comunità che oggi si sostiene e divulga un mondo nuovo possibile. Sono solo due esempi di tante persone alle quali sono molto legato e stimo molto perché hanno donato tanto al mio animo e per il futuro spero di raggiungerli nell’ “Arcadia multimediale” (cit. di Romano Quinto) in cui vivono.
LINK UTILI:
http://www.noocleo.it/http://www.fonderiedigitali.org/http://it.wikipedia.org/wiki/Roccapiemonte
Grazie socio!
E dopo un racconto così dettagliato, esaustivo e accorato, che vuoi aggiungere più?
Le radici che albergano nella terra sono il miglior elemento per dare concretezza ad un apparente ed impalpabile materia padroneggiata da un sapiente tecnologo sciamano.
Mai più nulla di più potente per riprendere le redini della sfuriata economodisgregante vita vissuta per desiderata altrui.
Oltre “il marchio sono io”, c’è “terro io”! In un balsamo di nutrienti d’animo, di senso, di relazioni e prodotti tecnosciamanici, per una società libera e felice.
Auguri!
Con affetto e stima, un caoloroso abbraccio…
Mar