Maria Antonietta d'Asburgo
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Articolo di Federica Contu

Tra le innumerevoli definizioni attribuibili al termine viaggio, quella che più si confà all’odierno modo di pensare, lo designa come “uno spostamento per un periodo limitato nel tempo”, connesso a esigenze di natura lavorativa o ricreativa.

In passato, tuttavia, questo vocabolo era sinonimo di impegno, fatica e sacrificio. Ci basti pensare alle Crociate, alle esplorazioni delle terre oltreoceano nel XVI secolo e alle grandi migrazioni in età contemporanea. Attualmente, il viaggio è stato spesso associato alla parola speranza, quando ci si riferisce alla pericolosa traversata che ogni giorno migliaia di esseri umani disperati affrontano, sostenuti solo dal miraggio di una nuova vita. In quest’ultimo caso parlare di viaggio risulta quindi paradossale, proprio per l’incompatibilità esistente tra enunciato e azione.
La medesima considerazione, seppur apparentemente lontana per epoca, ambiente e ragion d’essere, potrebbe calzare per un altro tipo di viaggio, quello delle future regine, migranti di lusso per necessità. Emblematico è il caso di Maria Antonietta d’Asburgo, che raggiunse la Francia con un bagaglio carico di altrui speranze, e che mai avrebbe potuto permettersi di disattendere.

Come gli fortunati esuli dei nostri giorni, benché vestita di seta e gioielli, Maria Antonietta non venne mai realmente accettata dai francesi, nobili inclusi. Le sue origini furono sempre motivo di disprezzo, anche tra i membri della famiglia acquisita, tanto che tra i corridoi di Versailles cominciò ad echeggiare un soprannome palesemente dispregiativo a lei dedicato: l’austriaca.
Oggi, come allora, appellare un individuo con la propria nazionalità significa denigrarlo, ricordargli quali erano i suoi limiti all’interno di una società, riportare alla mente collettiva il ricordo dei torti che quella determinata Nazione aveva intenzionalmente procurato alla propria, senza curarsi di fare ammenda.
Il viaggio che Maria Antonietta intraprese per giungere a Parigi, come una metafora, incarna la sua vita una volta valicato il confine. Inizialmente cominciato con entusiasmo, si snodò per strade tortuose e percorsi inagibili, terminando in un abisso dal quale non sarebbe più riemersa.

L’invio della quindicenne principessa era necessario per sedare definitivamente l’astio tra Parigi e Vienna; purtroppo le firme tra capi di Stato non sempre riescono a sigillare la pace degli animi, perché il popolo difficilmente dimentica.
Un corteo composto da cinquantasette lussuose carrozze intraprese il viaggio per la Francia; la sposa portava in dote 200.000 fiorini d’argento, un equivalente ammontare in gioielli e un bene per lei inestimabile: le raccomandazioni scritte di sua madre, l’imperatrice. Ma nessun opuscolo avrebbe potuto preparare la Delfina a fronteggiare quello che la storia aveva in serbo per lei.

A partire dal 21 aprile 1770, il viaggio della speranza (di una pace duratura!) si protrasse per più di due settimane prima che, come “un pacco reale, sigillato con l’aquila a due teste degli Asburgo e il giglio dei Borboni”, Maria Antonietta venisse consegnata nelle mani del re di Francia; il percorso si snodò in più tappe, allietate da soste durante le quali la principessa venne accolta calorosamente e acclamata con entusiasmo. La consegna della sposa sarebbe avvenuta in un’isola in mezzo al Reno, dove in gran fretta era stato eretto un edificio per la cerimonia, al cui interno un tavolo coperto di velluto rosso rappresentava il confine tra i due Paesi. Dopo i discorsi di rito pronunciati dai due ambasciatori, l’ex arciduchessa d’Austria e Lorena, si separava dai tedeschi, per divenire a tutti gli effetti francese.
Luigi XV e suo nipote Luigi Augusto, lo sposo, erano stati accompagnati dalle figlie nubili del sovrano, che purtroppo si sarebbero rivelate le prime vere antagoniste della giovane Delfina.
In seguito le impressioni negative, atte a screditare la “straniera”, sarebbero sopraggiunte sempre più copiose da tutti i fronti: le manchevolezze, che per due secoli distinsero la monarchia francese, avevano trovato, nella giovane Antonietta, un capro espiatorio pronto ad essere immolato sull’altare del taciuto malcontento popolare.
Nonostante nei primi tempi la principessa non mancò mai di dare prova del suo spirito e della sua sensibilità, col passare del tempo i sudditi, dimentichi di cotanta magnanimità, avviarono una campagna infamante tale da farla considerare in poco tempo la maggiore (se non l’unica) causa dell’impoverimento della nazione.

L’odio del popolo verso questa migrante austriaca si acuì durante la Rivoluzione. Arrestata insieme alla sua famiglia, Maria Antonietta venne condannata a morte senza prove: l’accusa era un capolavoro di retorica che la presentava come responsabile d’ogni male capitato alla Francia fin dal suo arrivo in veste di Delfina. Per chi un tempo l’aveva accolta con plauso, ora era un flagello, una sanguisuga, una vipera, un’affamatrice del popolo. Venne incriminata per altro tradimento attraverso l’enunciazione di tre punti cardine: esaurimento de tesoro nazionale, intrattenimento di corrispondenza segreta col nemico, cospirazione contro lo Stato.
Questa donna è stata la vittima sacrificale delle fiacchezze della monarchia, il capro espiatorio di un popolo esasperato dalla fame e assetato di rivalsa nei confronti del ceto agiato.
Loro, gli immigrati, sono le vittime sacrificali dell’indifferenza dello Stato, il capro espiatorio del popolo ospitante, che forzato ad accoglierli e stanco delle manchevolezze del proprio governo, si trova costretto a giudicare senza appello, odiare, diffamare e oltraggiare lo straniero, solo in ragione della diversità che egli rappresenta. Il termine viaggio implica accrescimento e accettazione, una partenza ed un rientro felici. Nei casi citati parliamo di un tragitto, di uno spostamento dove il dopo è sempre un’incognita.

Bibliografia

ANTOINE, Michel, Louis XV, Paris, Fayard, 1989.
CAMPAN, (Madame), Mémoires sur la vie de Marie-Antoinette, reine de France et de Navarre, Paris, Firmin-Didot, 1849.
FELIX, Joël, Louis XVI et Marie-Antoinette. Un couple en politique, Paris, Payot, 2006.
FEUILLET DE CONCHES, Félix-Sébastien, Marie-Antoinette et Madame Elisabeth, Paris, 1865.

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