Cagliari (ITALIA)
La notte cagliaritana del 4 agosto 2009 che ha ospitato Sabina Guzzanti è stata significativa, forte nella sua volontà di squarciare il muro del silenzio della nostra società dell’informazione. Spettacolo che denota una posizione parziale, certo, (estrema non saprei), ma di sicuro effetto.
Si apre con l’ormai celebre video dove Sabina Guzzanti imita Silvio Berlusconi, vestito da imperatore romano, sdraiato sul letto matrimoniale invita le donne del pubblico a raggiungerlo. A posizionarsi da una parte, ad arrivare in fila ordinata nel suo letto dove saranno soddisfatte dalla sua enorme virilità rappresentata da un pene dorato enorme, che la comica romana si piazza in mezzo alle gambe. L’effetto è molto kitsch, per l’oggetto in sé, ma soprattutto per la rappresentazione che ne da Guzzanti. La forza politica, il potere, il senso di comando è dato dalla potenza sessuale… diciamo che si si stava parafrasando Bossi, ai tempi del celodurismo imperante.
Ormai è un fatto risaputo che questo video è stato girato molto tempo prima che scoppiassero gli scandali di Bari, Villa Certosa e Palazzo Grazioli… per citare solo quelli che sentiamo dire. Ai tempi (un anno fa) la Guzzanti era stata tacciata – come al solito – di estremismo, di esagerare la realtà, ma i fatti sono altra cosa delle opinioni.
C’è uno spazio della comunicazione in cui l’interpretazione della realtà si deve arrendere.
Se prendiamo ad esempio la tecnica ermeneutica della interpretazione infinita, non possiamo dire che in questo caso funzioni molto bene. Gadamer immaginava un mondo in cui le interpretazioni non derivassero da un gruppo di potere, ma dalla forza dell’intelligenza che crea cultura attraverso la diversità di interpretazioni, contro il pensiero unico.
Qui il pensiero unico è determinato dalla forza dei mezzi di comunicazione a disposizione. Anche se c’è chi obbietterà che non sono sufficienti tre televisioni, gran parte dei periodici, un quotidiano nazionale, parte dei dirigenti della Televisione Pubblica per influenzare l’opinione pubblica, qualche sospetto è lecito averlo.
Per chi fa la satira, è ovvio, scontrarsi con il potere è affare quotidiano. Per una donna è una lotta ancora più dura in un’Italia che non è cambiata molto poco rispetto a cinquant’anni fa, dove le donne non avevano nessun diritto di parola.
Un’Italia raccontata da Guzzanti attraverso il libricino prodotto dalla ex ministro per le pari opportunità Prestigiacomo, in cui la moglie di Mussolini era dipinta come donna di grande valore, mentre Tina Anselmi una donna poco affidabile vista la sua estrema parzialità. Un libretto costato parecchi soldi dei contribuenti, distribuito nelle scuole a ragazzi che di storia non sanno ancora nulla. Ma anche qua, dice, si potrebbe obbiettare che per molti anni la storia è stata a senso unico, si racconta solo quella dei vincitori e non dei vinti. Ad ognuno la sua interpretazione, appunto.
Scandali di ogni genere, verità indigeste, dati di fatto che ormai non provocano più effetto.
Ma non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto. Ci sarà qualcosa di nuovo che ci sconvolgerà veramente? “Forse il premier che mangia i suoi stessi escrementi?”. Forse neanche quello ci farebbe poi tanto schifo.
Sabina Guzzanti si muove in uno spazio demenziale, perché la realtà che racconta lo è. E’ veramente stupita, destabilizzata lei stessa dalla sostanza delle notizie. Per raccontare queste verità bisogna avere stomaco, o essere grandi comici come Benigni, oppure grandi giornalisti come Montanelli e Biagi.
Al giorno d’oggi abbondano i comici che fanno il mestiere di giornalisti, che tentano di scavare e proporre inchieste che avrebbero fatto la fortuna di un giornale in passato. Oggi i giornalisti si riposano e mandano in prima linea chi invece dovrebbe farci sorridere senza prendersi la responsabilità diretta di tentare di migliorare il Paese.
L’informazione continua ad essere, a detta di Obama (Presidente degli Stati Uniti d’America), il termometro della democrazia. Non viene ascoltato da molti, purtroppo.
Guzzanti attacca tutti, anche i vari fallimenti dei dirigenti di sinistra, dal Walter, definito “irresponsabile”, per essere scappato nel momento del bisogno.
L’intelligente D’Alema, che continua a dare consigli e distinguersi per il suo non avere nessun incarico politico… diciamo… e quindi non avere responsabilità nei fallimenti elettorali.
Ma ce n’è anche per in nuovi candidati alla poltrona di leader del PD, che ormai orfano di Prodi non sa dove andare. Tutto è inutile per la sinistra che vuole diventare forza di governo, e perciò di destra?
“Spostarsi a destra è l’unico modo per raccogliere voti”, così si ironizza sulla situazione attuale del PD. E qualcuno dal pubblico urla “fai qualcosa tu!”, e lei “non sono la persona adatta”.
Ma Sabina Guzzanti trova spazio per parlare anche dei magistrati, quelli bistrattati che lavorano senza mezzi, senza leggi che li aiutino, e quelli che giudicano una come lei, che non si sa bene come classificarla: showgirl, comica, soubrette, ballerina, cantante. Tutti mestieri che le sono stati imposti dai giornalisti, ma ovviamente lei ci scherza su…
Balla rap, danze di Bolliwod, canta. E’ in forma smagliante, fisicamente e con lo spirito combattivo.
Prova anche a recuperare la memoria storica del ’68, perché “è stato un periodo di grandi cambiamenti”, contro anche il pensiero di Pasolini che difese i poliziotti a Valle Giulia, che a suo parere erano tutti figli di proletari, mentre gli studenti tutti figli della borghesia. Ma anche tra gli studenti esistevano ragazzi che provenivano da famiglie povere, desiderosi di cambiare la propria vita attraverso anche il cambiamento dell’Università e del modo di gestire il sapere. Anche i poveri studenti partecipavano ai movimenti. Dice Guzzanti, “anche a Pasolini, voglio dire, gli poteva scappare una cazzata!”
Ridere e scherzare, ragionare e ricordare, pensare al futuro e al presente. Tutto questo è “Vilipendio”, un’inchiesta che offende le coscienze solo delle persone citate.
Al pubblico resta però l’amaro in bocca. Ossia, aver assistito ad uno spettacolo-inchiesta dove si viene a sapere di verità terribili, e dove si scopre di non poterci fare nulla. Una sensazione di impotenza che lei sintetizza nel modo più reale che abbiamo in democrazia: “dove votare la prossima volta?”