Tre figli, nove caratteristiche, nove terroir, nove vigneti per ottenere tre vini, tre vini in cui si mescoleranno tradizione e storia, lavoro, viaggio ed una promessa d’amore… quella di Paolo Tuccitto verso i propri figli. Attraversare dunque l’Italia del vino, con un mentore d’eccezione che lo aiuterà ad interpretare le caratteristiche dei vitigni più consone alla personalità dei suoi tre meravigliosi bambini, creando la romantica metafora di un “atto a divenire” in parallelo tra loro e l’elemento liquido ispirato a loro stessi per loro stessi. Questa la sfida di un padre nel seguire un percorso fatto di ricerca, fatica ed amore familiare. Una via non facile ma intrapresa con dedizione ed animo giocoso al contempo, proprio lo spirito giusto per coloro che, come Paolo, credono fermamente che “i viaggi verso i sogni sono l’essenza dei sogni stessi”.
Il fermo intento di consegnare ai propri figli un’eredità creata a loro immagine e somiglianza, l’inizio di una tradizione da tramandare e l’idea tangibile che si possa davvero consegnare ai bambini un mondo migliore di come c’è stato consegnato è un sentimento prezioso ed antico che con Paolo torna ad essere finalmente attuale ed esemplare che va ben oltre un nuovo progetto nel mondo del Vino.
Paolo, classe del ‘72, vive in un piccolo paese in provincia di Torino con la sua dolce metà Barbara e i loro tre figli Sofia, Jacopo e Alice. Laureato in Economia e Commercio, appassionato di sport, lavora da oltre vent’anni nel mondo del turismo con una passata esperienza da professore universitario. Sommelier per passione, gestisce un blog amatoriale sul mondo del vino sul sito www.winexperience360.com, creato per trasmettere un nuovo approccio emozionale alla degustazione. Ha curato un racconto e l’intera postfazione dell’antologia “Brindare alla vita” edito da Neos e ha iniziato, da qualche mese, il viaggio per realizzare il suo sogno nel cassetto: produrre un proprio vino nelle Langhe. Per descrivere la genuinità dell’approccio tra Paolo ed il Vino? Bastano le sue semplici parole: “mi potete incontrare sulla linea di partenza di una maratona in giro per il mondo o mentre degusto un calice in un’enoteca delle amate Langhe, a vedere una partita di calcio allo stadio o a fare la spesa al mercato del paese ma il massimo rimane una serata di autunno a casa in famiglia con il profumo di uno stracotto sul fuoco e un bicchiere di vino appena versato.”
Ed idealmente Mediterranea s’è raccolta attorno ad un focolare familiare con Paolo ed i suoi cari per rivolgergli qualche domanda…
Quand’è iniziata la sua avventura amorosa nel mondo del Vino? Cos’ha fatto scattare la scintilla e l’ha spinta a diventare sommelier?
La vita è composta da milioni di piccoli istanti ognuno legato, indissolubilmente, a tutti gli altri. Ogni scelta ed ogni gesto nascono dalla combinazione di fatti, eventi, emozioni che si legano tra loro tra conscio ed inconscio. Gli incontri Slowfood dei primi anni ’90, le settimane delle cene stellate a 30000 lire per gli under 26 e le serate all’Ostu, locale storico nel quartiere Crocetta di Torino, tra bottiglie, discussioni per cambiare il mondo e chitarrate. Credo che tutto sia partito da li.
Ci parli del suo approccio emozionale alla degustazione e di com’è nato “winexperiece360.com”, il suo blog personale, e perché.
Ho letto, piangendo, un libro sulla tragica storia del produttore del Roero, Matteo Correggia, e, bevendo una sua bottiglia, ho sentito il bisogno di scrivere. Per me il vino è passione, emozione e ricerca. Non amo gli approcci burocratici, formali e impostati. Ho aperto il mio cuore di fronte ad ogni bicchiere che è diventato il mezzo con cui raccontarmi al mondo e condividere un approccio più emozionale con gli esperti e gli appassionati del mondo del vino.
Vorrei che ogni mio gesto e ogni mia parola, detta e scritta, su questo mondo, fosse un invito ad andare oltre, a scavare, a cercare, a trovare… nel vino ma anche dentro noi stessi.
La sua attività nell’industria del turismo l’avrà certamente condotta in molti luoghi ed altrettanto la sua passione di sommelier?
Ho lavorato all’estero e ho viaggiato tanto per lavoro. Onestamente per il vino molto poco. Il viaggio è stato un elemento indispensabile per la mia crescita professionale e, soprattutto, personale. Mi ha lasciato tracce indelebili negli occhi e nel cuore. Il primo viaggio in taxi dall’aeroporto JFK a Manhattan, gli sguardi dei bambini della Baja California, la tristezza delle strade di Pattaya in Thailandia, gli atolli maldiviani, le favelas di Caracas, queste alcune delle immagini che mi accompagneranno per tutta la vita. Il viaggio è conoscenza ed esperienza. Come la vita.
Quand’è avvenuto il primo viaggio verso una delle tante tappe del mondo del Vino e qual è stata quella che l’ha colta di sorpresa ed entusiasmato di più?
Per comprendere a fondo una bottiglia serve calpestare la terra del vigneto dove è cresciuta e stringere le mani di colui che l’ha lavorata.
Le tre ore trascorse insieme a Roberto Voerzio di Lamorra, durante il nostro primo incontro, restano per me impresse nel cuore per la semplicità e la dolcezza di uno dei più grandi produttori di Langa che mi ha accompagnato con le parole e con le mani nella sua vita, nei suoi sogni, nel suo vino.
Quanto l’Italia del Vino, da Nord a Sud, si somiglia e quanto differisce da sé stessa?
Il nostro paese è ricco di micro eccellenze. Il vino non fa eccezione da Aosta a Lampedusa. Ritengo, da umile appassionato, che le istituzioni dovrebbero aiutare maggiormente queste piccole realtà a “fare squadra”. Molte di loro investono e si presentano ai mercati internazionali con sforzi enormi che sicuramente sarebbero semplificati se avessero un filo comune a cui attaccarsi.
Ci sono modelli provenienti dal panorama internazionale del Vino che importerebbe volentieri nel nostro Paese o che prenderebbe personalmente come esempio?
Confesso di non avere una conoscenza del panorama internazionale così ampia per poter rispondere a questa domanda.
Dal suo punto di vista di dottore in Economia e Commercio come vede attualmente il Vino Italiano sul mercato estero? Si inventano algoritmi commerciali, tecniche comunicative e nuovi sodalizi tra i grandi marchi per contrastare la concorrenza, ma è così difficile comunicare l’unicità e l’irripetibilità del nostro Vino? Dove dovremmo aggiustare il tiro a suo parere?
Il vino ha una grande pregio. L’essere irripetibile nel tempo e nello spazio. Questo è anche il suo limite perché per comunicare l’unicità, ad esempio, di una bottiglia di Loazzolo ad un appassionato di Sidney o hai la fortuna di vederlo passare in provincia di Asti oppure devi portargli la bottiglia sul tavolo in Australia.
Sicuramente una banalità, ma una politica di promozione turistica seria del nostro Paese sarebbe il primo passo che favorirebbe, senza dubbio, anche il Vino italiano delle micro eccellenze.
Dai nuovi cloni termoresistenti e che innalzano i limiti naturali del Vino in latitudine, a definizioni quali “convenzionale”, “naturale” e “biodinamico”, fino all’idea che esso debba essere costoso e di prestigio per essere di qualità piuttosto che un fenomeno di bevanda più democratica e civilizzata al mondo… sembra che il concetto di Vino sia oggi più che mai imbrigliato in una miriade di confini per morfologici, immateriali e concettuali che siano. Dobbiamo superare qualche confine e superare ancora qualche preconcetto?
Il vino deve, a mio modo di vedere, trasmettere principalmente piaceri sensoriali, quindi, se una bottiglia, sia essa da 1000 euro o da 5 euro, delizia ed emoziona la tavola ha raggiunto il traguardo. L’importante per ogni consumatore, estremista o esteta, sarà’ scegliere il meglio per i suoi sensi e per il suo ego.
Qual è la definizione di Vino secondo lei? Sofia, Jacopo e Alice, ci parlerebbe dei suoi figli per favore? Quali tra i loro aspetti vorrebbe convogliare nella bottiglia?
Il figlio concepito dall’amore tra il lavoro del vignaiolo e la sua terra. A mio modo di vedere, il vino si fa in vigna ed in cantina perché deve portare sulla nostra tavola sia l’anima del terroir e del vitigno che l’impronta delle mani che lo hanno lavorato.
Tre regali che ho ricevuto per scoprire che cosa vuol dire la parola amore, senza limiti e senza condizioni, tre cuccioli che sono stati affidati a mia moglie e a me, per essere accompagnati e seguiti nel loro cammino, tra sbagli, ansie, preoccupazioni ma con la forza e la volontà di volerli crescere e rendere pronti alla loro vita. Siamo partiti con mia moglie in questo viaggio, un po’ per gioco e un po’ per visione, con la volontà di fondere in ogni bottiglia le caratteristiche di ognuno di loro. Condividendo i loro tratti distintivi abbiamo il compito di ricercare i vitigni ed i terroir che, assemblati, ci consentiranno di portare sulle tavole degli appassionati bottiglie che parlino di loro.
“Un bambino può porre domande a cui un adulto non può rispondere”… le è capitato, in merito a questo progetto, di non aver saputo rispondere a qualcuna delle loro domande? A proposito, come l’hanno presa e come si fa a far innamorare i piccini di questo affascinante mondo?
Ogni bambino ha il diritto di conoscere e di porre tutte le domande che desidera e gli adulti hanno il compito di dare risposte e certezze. I miei bambini sono ancora abbastanza piccoli, ad esclusione di Sofia, che, al racconto di quello che vorremmo fare anche insieme a lei, si è “semplicemente” emozionata.
Il mondo del vino è sicuramente per loro ancora molto lontano ma, giocando e colorando, hanno passato e stanno passando molte ore a scrivere e disegnare piccole bozze con la semplicità e la naturalezza propria dei bambini. Questo perché le etichette saranno, in esclusiva, opera loro.
Nove caratteristiche per nove territori e nove vitigni per un percorso che la porterà a creare la sua prima bottiglia mono varietale dal nome della sua primogenita “Sofia” (a cui ci auspichiamo seguiranno i vini “Jacopo” e “Sofia”). Quali sono dunque queste caratteristiche, le terre e le uve? Con quali criteri ha operato questa selezione e perché? Pensa in futuro se ne possano aggiungere delle altre visto il così ampio panorama ampelografico e territoriale italiano?
Io e mia moglie siamo partiti scrivendo su un pezzo di carta le caratteristiche che meglio potevano descrivere nostra figlia. Per ora abbiamo lavorato esclusivamente sul Sofia. Ne abbiamo scelte tre (furbetta, elegante, fine) e ne abbiamo parlato con l’enologo che ci ha suggerito alcuni potenziali vitigni con relativi terroir che potevano avvicinarsi alle caratteristiche del nostro cucciolo. Li abbiamo visti, visitati, toccati e abbiamo scelto un Syrah ed un Sangiovese di Montalcino ed un Montepulciano in provincia di Pescara. Per Jacopo ed Alice inizieremo a lavorare da gennaio.
Ci parlerebbe del famoso enologo che la accompagna e di com’è riuscito a coinvolgerlo nel progetto? A proposito, si dice che “Le Opere sono come i Figli, non si toccano!”, dunque come riusciranno le sue personali idee a prevalere sul suo lavoro o avete già un compromesso? Ed il luogo ideale ove il “Sofia” vedrà la luce è stato già scelto?
Il famoso enologo e amico che mi accompagnerà in questo cammino è Roberto Cipresso. Una persona che il destino mi ha fatto conoscere in maniera incredibile e fortuita e con il quale stiamo condividendo, da alcuni anni, alcuni potenziali progetti emozionali oltre che alcuni incontri ludici. Con lui vorrei iniziare a sporcarmi le mani in un mondo che conosco da fruitore ma che ha sempre rappresentato il sogno della mia vita. Iniziamo piano piano un percorso insieme, in cui la sua professionalità sarà fondamentale, per aiutarmi in tutte le fasi assolutamente sconosciute per me di questo cammino. Sofia (il vino ovviamente) vedrà la luce in Toscana, a Montalcino.
Qual è il segmento della produzione del Vino che le è più congeniale e quale reputa maggiormente ostico dovendosi immaginare all’opera durante tutte le fasi?
Sinceramente entro in punta di piedi e, con la consapevolezza di voler fare le cose per bene, scoprendo e studiando ogni passo, cercherò di dare il maggior contributo possibile pur conscio dei miei limiti.
Pensi per un attimo al grande messaggio che “Sofia”, la sua bottiglia, conterrà e veicolerà attraverso gli anni… cosa c’è scritto e a chi è destinato?
Per me il primo piccolo passo verso un sogno, un piccolo passo cui, spero ne seguiranno tanti altri e tante altre annate del Sofia. Una bottiglia con cui trasmettere al mondo l’amore infinito per mia figlia e con cui trasmettere a tutti coloro che lo berranno un messaggio forte legato alla famiglia e alla solidarietà ma anche al gioco, alla spensieratezza e ai sogni.