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Visioni di un’intellettuale del primo secolo

di Anna Cantagallo

Ildegarda di Bingen nasce in Renania nel 1098, in un’epoca che segna l’inizio delle crociate verso il Medio Oriente e la Palestina. L’epoca è di grande fermento teologico grazie a nomi quali Bernardo di Chiaravalle, che fonda l’ordine dei Cistercensi, Pietro Abelardo ed Anselmo d’Aosta, che contribuiscono a fissare i concetti fondamentali della dottrina cristiana.

 Preda di visioni mistiche dalla più tenera età e di salute fragile, a otto anni Ildegarda fu portata nell’Abbazia di Disibodenberg dove fu educata dalla badessa Jutta von Sponheim secondo la regola benedettina. A 14 anni Ildegarda si decide definitivamente per la vita claustrale, come benedettina. Dopo la morte di Jutta, Ildegarda fu eletta all’unanimità dalle consorelle come superiora del convento. La sua salute rimase però sempre molto fragile e, a causa dei suoi malesseri, trascorse lunghi periodi a letto.

Riferendosi alle sue visioni. “A tre anni vidi una luce così grande, che la mia anima si scosse, però per la mia giovane età non potei esprimermi a riguardo ….” E poi aggiunse:

“Fino al mio quindicesimo anno di vita vidi molte cose, e alcune le raccontai semplicemente ma quelli che le udivano si meravigliavano a tal punto che si chiedevano da dove venissero e da chi. Perciò mi meravigliai io stessa e nascosi la Visione, per quanto possibile.”

A 43 anni (1141) iniziò a scrivere delle sue visioni per ordine divino. Si tratta del suo primo libro Sci Vias (conosci le vie) che completerà in dieci anni. Ebbe una costante corrispondenza con Bernardo di Chiaravalle a cui confidava i suoi pensieri: “La visione avvince tutto il mio essere. Non vedo con gli occhi del corpo, ma mi appare nello spirito dei misteri… Conosco il significato profondo di ciò che è esposto nel Salterio, nei Vangeli e in altri Libri, che mi sono mostrati nella visione. Questa brucia come una fiamma nel mio petto e nella mia anima e mi insegna a comprendere profondamente il testo”.

Al suo fianco ebbe l’aiuto del fedele monaco Volmar. Il suo testo le dette una certa notorietà tanto che il Papa Eugenio III la incoraggiò a scrivere ancora delle sue visioni.

Da quel momento inizia il suo riconoscimento e il prestigio spirituale di Ildegarda cresce sempre più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di profetessa teutonica.

Un numero sempre maggiore di pellegrini si mette in marcia per raggiungere la badessa ispirata da Dio. Già nel 1154 Federico Barbarossa la invita nel suo palazzo di Ingelheim per farsi consigliare sul comportamento più adatto da tenere nel difficile frangente che, un anno dopo, avrebbe portato allo scisma.

In questo stesso periodo inizia il suo impegno per la realizzazione del convento di Rupertsberg, dopo aver ricevuto l’indicazione in una visione di fondare un suo proprio convento sul luogo della tomba di San Ruperto. La nuova costruzione è contrassegnata da molte difficoltà e dissapori con l’abate di Disibodenberg, Kuno. I primi anni sono contrassegnati da numerose difficoltà e dalla povertà, però Ildegarda, dopo lunghe trattative con l’abate Kuno riesce a risolvere la diatriba nel 1155 (alla morte di questi), con il suo successore Helenger. Finalmente le doti delle novizie con i possedimenti e relativi redditi vengono restituiti alla comunità femminile.

In questi anni Ildegarda scrive le sue opere medico-naturalistiche. Il suo è un contributo notevole alle scienze naturali esplicato con il trattato enciclopedico Subtitlitates diversarum naturarum creaturum, ovvero Physica (libro delle medicine semplici) Causae et Curae, (libro delle cause e dei rimedi e delle medicine composte) che lei stessa cita nella introduzione del suo secondo libro di visioni, scritto tra il 1158 ed il 1163, intitolato Liber vitae meritorum. In questo testo vengono elencate e contrapposte 35 vizi ad altrettante virtù, che l’uomo può scegliere e cercare di perseguire per superare e guarire i vizi. Chiarisce così quale sia la responsabilità dell’uomo nella scelta tra il bene o il male.

Ildegarda usa spesso il termine ciceroniano di viriditas inteso come vigore, freschezza, vivacità giovanile. La intende come un’energia ancora inespressa che vuole far percepire alle sue consorelle per le quali organizza, alla presa dei voti, dei veri e propri matrimoni con Cristo con le giovani  abbigliate per lo sposo celeste. Le cerimonie erano accompagnate da musiche da lei stessa composte. Infatti, ha lasciato 77 canti gregoriani in latino per coro femminile e delle opere liriche.

Ildegarda fu autrice di una delle prime lingue artificiali di cui si ha notizie, La lingua ignota (dal latino lingua sconosciuta). Questo particolare linguaggio utilizza un alfabeto di 23 lettere, definite litterae ignotae (lettere ignote). Ildegarda descrisse parzialmente questa lingua in un’opera intitolata Lingua ignota per simplicem hominem Hildegarden prolata della quale, tuttavia, sono sopravvissuti solo due manoscritti, entrambi risalenti a 1200. Sotto l’aspetto grammaticale, sembra essere una parziale rilessificazione della lingua latina con adattamento a quella latina preesistente o con l’arricchimento di un nuovo vocabolario. Si è ipotizzato che Ildegarda avesse voluto proporre una lingua universale per unire tutte le persone ma anche che tale linguaggio fosse da lei utilizzato per uso mistico.

Il codice principale che contiene l’integralità delle sue opere (a parte quelle naturalistiche) è il  Riesenkodex, cosiddetto manoscritto gigante per le sue dimensioni (30x45cm per 15 kg di peso).
Nel 1165 fonda un nuovo convento presso Eibingen, dall’altra parte del fiume Reno, che visita settimanalmente, dove vengono ospitate una trentina di consorelle, fanciulle di non nobile origine. Nello stesso anno inizia la stesura della sua terza ed imponente opera visionaria il Liber divinorum operum, che concluderà nel 1174, dove Ildegarda tratta la storia della Salvezza dalla Genesi all’Apocalisse, ponendo al centro della stessa l’attività creatrice di Dio.

I papi successori di Eugenio III- Anastasio IV, Adriano IV e Alessandro III-, hanno scambi epistolari con lei. Anche altri personaggi di grande rilievo dell’epoca, come il conte Filippo d’Alsazia si metteranno in contatto con la Ildegarda.  All’età di 60 anni iniziano i suoi viaggi che la portano a predicare in pubblico per la Germania, da Bamberg fino a Metz sulla Mosella e a Liegi. Viaggi sicuramente faticosi, considerati i disagi a cui erano sottoposti i viaggiatori dell’epoca, costretti a muoversi con le imbarcazioni o a cavallo anche sotto le intemperie, e considerata soprattutto l’età della monaca. Ovunque le sue prediche riscuotono un grande successo e radunano folle numerosissime.

Ildegarda si spegne il 17 settembre del 1179, all’età di 82 anni, presso il monastero di Rupertsberg da lei fondato. Il segretario Gilberto di Gambleaux, che aveva preso il posto di Volmar, dopo la sua morte, descrive gli ultimi giorni di vita di Ildegarda.

In cielo, sopra la stanza, in cui, trascorsa la notte, nelle prime ore dell’alba la beata vergine rese a Dio la sua anima, apparvero due luminosissimi archi di diverso colore. Occupavano uno spazio molto vasto e si protendevano verso i 4 punti della terra, uno da nord a sud e l’altro da est a ovest. Nel punto più alto dove i due archi si incontravano risplendeva una luce chiara in forma di luna, che rifulgeva in lontananza e sembrava dissipare le tenebre notturne dal letto di morte. In questa luce si vedeva una croce rosso splendente, dapprima piccola, ma poi sempre più grande, fino a raggiungere dimensioni gigantesche”.

Per le sue opere Ildegarda è stata dichiarata Dottore della Chiesa nel 2012 da papa Benedetto XVI.

Ildegarda fu una donna di numerosi talenti pur non avendo potuto studiare nelle scuole come un clerico. Seppe scrivere in latino, espresse competenze tecniche che spaziavano dalle scienze naturali alla medicina, dalla linguistica alla letteratura, dalla filosofia  alla teologia, dal diritto alla politica. Seppe creare delle opere musicali complesse, definite da lei stessa “una descrizione della melodia nell’aria”.

Alcuni neurologi hanno collegato le sue “visioni”, concretizzate in una vigorosa produttività intellettuale, al fenomeno delle auree, cioè a quegli stati che precedono l’emicrania o gli attacchi epilettici. Secondo il mio punto di vista, i ricordi di competenze del passato immagazzinate nel palencefalo, lì dove sono presenti le formazioni nervose più antiche, potrebbero inspiegabilmente risorgere in alcuni soggetti. Mi piace ipotizzare che le molteplici capacità espresse da Ildegarda siano state un retaggio delle capacità femminili sviluppatesi durante il lungo periodo della giliania.

ANNA CATAGALLO

medico, ha scritto numerose opere teatrali regolarmente rappresentate. Il romanzo Arazzo familiare (Castelvecchi, 2021), il primo della saga, ha ricevuto consenso di pubblico e di critica. Il sole tramonta a mezzogiorno, secondo romanzo della saga, (Castelvecchi 2022) ha vinto il primo premio ai concorsi Milano International 2021 e Iplac – Voci di Roma 2023. Il libro di ricette antiche Come cibo per l’anima (Redaction, 2023), collegato ai due primi romanzi, ha vinto il secondo premio al concorso Mario Soldati 2023, settore gastronomia. Kintsugi (Castelvecchi), il terzo della saga, è risultato fi nalista come inedito al concorso Giorgione 2023.

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