Come recita un vecchio adagio, un ciliegia tira l’altra. La stessa cosa accade per le vacanze: sportive, con gli amici, con la persona che si ama o in totale solitudine, devono essere lo specchio della nostra interiorità. La vacanza è un sorso d’acqua fresca dopo un lungo tragitto al sole. Ognuno ha la sua, la mia è iniziata prestissimo una mattina in cui mi sono imbarcato su un piccolo caicco turco di un’amica piuttosto addentro al jet-set internazionale.
Non è forse l’ambiente più consono al mio carattere, riservato e a tratti pervaso da un certo culto per l’adombramento improvviso (in Brasile la chiamano saudade), ma fra notizie fake, politica fake e persone fake, mi sono detto: “proviamo con un ambiente più easy, con il sole, il mare e qualche esperta socialite nell’età ‘del caftano’, come ha definito Ira von Fürstenberg la terza età”. Posso preannunciare di non essermi pentito: sono una persona piuttosto noiosa, lo sanno tutti quelli che mi conoscono. Amo parlare di cani, antiquariato e libri (ma solo quelli che piacciono a me). In questo viaggio sono stato fortunato: ogni luncheon un successo, ogni aperitivo un dibattito, ogni dopo cena una rilassante seduta di gossip (quello vero, per intenderci).
I grandi spazi, insoliti per un’imbarcazione, hanno reso la mia permanenza a bordo, da Marsiglia a Marrakech, un turbinio di chiacchiere, pranzi e cene e intense nuotate lungo costa. Un caicco è una barca in legno a due alberi, costruita per la pesca e il carico di merci che esibisce un albero prodiero svettante rispetto a quello di poppa. Ha una caratteristica fondamentale che lo ha reso fra le imbarcazioni più amate dalle ciarlanti comitive di turisti d’alta fascia: lo spazio.
Come abitare fra le pagine di un romanzo di Agatha Christie, ma senza alcun omicidio (non sono mai stato ucciso da cattiva conversazione, che rimane la mia paura più grande), adagiato su morbidi cuscini, sorseggiando un moscatello ghiacciato, ho parlato a lungo con gli altri ospiti – fra cui un coltissimo rubicondo cardinale – e osservato il capitano, Mr. Thorlington, manovrare con decisione il grande timone.
Nelle selvagge calanques della Provenza, immerso nelle sfumature di un mare divino in cui è possibile scoprire un mondo fatto di coralli, pesci e rocce ricamate dalle correnti. Un reef più affollato di New York a Natale, in cui ci si aspetta di vedere Ariel e Sebastian. Proprio davanti a Château d’If ho avuto modo di discutere con una mia arguta compagna di viaggio sulla frase di Dumas che recita: “servono le sventure per scavare certe miniere misteriose nascoste nell’intelligenza umana; serve la pressione per far esplodere la polvere”. Chissà che prima o poi ciascuno di noi, spesso nascosto dietro alla routine, non trovi la pressione giusta per fare delle proprie sopite passioni un incendio memorabile!
Dopo alcuni giorni sono arrivato a Marrakech, fra i profumi di curcuma e curry, nei vicoli al riparo dal sole cocente, nei mercatini ricchi di tessuti, la vita scivola leggera e libera. Lungo la via Yves Saint Laurent, dedicata allo stilista che fece del Marocco la sua seconda casa, fino ai giardini Majorelle, ideati dall’omonimo artista nel 1922 insieme al colore blu oltremare che sempre da lui prende il nome.
Una profusione di aromi e sensazioni che mi hanno accompagnato anche durante il ritorno nella fresca cabina del caicco e sul ponte del veliero, consolato solo dalla loquace presenza della ciurma.
Con me solo due libri, “El palacio varado” di Clara Sánchez e “Tyll” di Daniel Kehlmann. Letture consigliate. Parola di marinaio!
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