Degustando i vini medagliati del Concours Mondial de Bruxelles…
…un anno dopo!
Oramai siamo alle porte della nuova edizione del Concours Mondial de Bruxelles 2018 che questo anno si svolgerà in Cina dal 10 al 13 maggio.Cliccando qui potrete trovare tutte le informazioni riguardo l’iscrizione per la prossima edizione.Mi raccomando attenzione ai termini di scadenza per l’invio dei campioni che è ormai prossima: entro il 1 marzo 2018.
Prima parte
Come promesso, vorrei fare un tour virtuale di alcune zone vitivinicole del Mediterraneo attraverso alcuni assaggi dei vini che erano presenti al Concorso Mondiale di Bruxelles nell’ edizione 2017 svoltasi a Valladolid in Spagna, e che si sono guadagnati una medaglia.
Qualche giorno fa mi è arrivata la cassa con i campioni di vino che avrei dovuto assaggiare, piano piano che scoprivo le bottiglie, mi sono venute alla mente immagini di vacanze lontanissime, e mi sono emozionata pensando a quanto può essere forte, per noi degustatori, la possibilità di collegare i nostri ricordi personali ad un vino… cercherò in questo breve resoconto degustativo di farvi partecipi della mia memoria.
Penso che lo scandire del nostro quotidiano non possa esistere se non attraverso ciò che siamo stati e da dove proveniamo, la nostra storia è per me inscindibile da tutto questo, e rimango sempre molto affascinata da quello che si può scoprire nei racconti del passato, che sono lì e non aspettano altro che essere scoperti. La storia della viticoltura appunto, è un racconto fantastico che si muove in diversi ambiti socio-culturali. Ripercorrere questa strada è affascinante e complesso allo stesso tempo, e la storia ci ha lasciato moltissime testimonianze riguardo alla coltivazione della vite. Il mistero più grande è quello di capire come questa magica trasformazione avviene: si parte dal frutto e si arriva ad una bevanda. Inoltre si conserva per moltissimi tempo, e induce alla gioia e felicità, crea uno stato di ebbrezza che fu tanto caro ai Greci e ai Romani. Gli studiosi ci raccontano che questo potrebbe essere uno dei motivi principali per cui l’uomo primitivo sia stato incuriosito da questa metamorfosi, naturalmente ai tempi di oggi dobbiamo sempre tenere di conto del “bere in modo consapevole”.
Pensare che le prime testimonianze, di quanto il vino fosse importante già fin dalle sue prime produzioni, risalgono a circa 4000 anni fa. Nei trattati storico-scientifici sull’argomento, pare che la teoria di dove fosse allevata inizialmente la vite, quindi coltivata con il fine di produrre, trova pareri concordi riferiti ad un’area chiamata “il triangolo fertile della vite” un vasto altopiano che si estende tra la catena del Tauro nella Turchia orientale, i versanti settentrionali dei monti Zagros nell’Iran occidentale, e il massiccio del Caucaso (Georgia, Armenia e Azerbaigian).
Le teorie sono molte e quasi tutte dimostrate, che c’è correlazione genetica tra le viti selvatiche locali, di queste zone e le varietà coltivate da sempre in Armenia, Georgia e anche nell’Anatolia meridionale, permettendoci così di ipotizzare che la prima domesticazione della vite sia avvenuta nella zona compresa fra il Tigri e l’Eufrate. La diffusione della vite è partita quindi dalle zone dell’area Caucasica per diffondersi poi in tutto il mondo grazie all’inizio dei commerci e delle attività fluviali, che hanno particolarmente contribuito a questo.
I primi vini di cui voglio parlarvi provengono dal Libano che è parte dell’Antica Fenicia.
I Fenici intorno al IX-VIII secolo a.C. dettero vita a fiorenti scambi nel Mar Tirreno e nel Mar Ionio dando vita ad una rete commerciale molto importante.
E successivamente sia i Greci che i Romani riconoscevano la Vallata del Bekaa come una zona particolarmente vocata per produzione di vino.
I vigneti di questa zona si trovano a circa 1000 m s.l.m. dove godono di un’ottima esposizione e di notti fresche che garantiscono una buona maturazione.
Negli anni mi è capitato spesso di assaggiare vini del Libano e sono sempre risultati molto interessanti.
L’azienda di cui ho degustato due vini è l’azienda Clos St. Thomas situata appunto in questa vallata di terra fertile, circondata da vette molto alte, dove nel 47 a.C Giulio Cesare vi si trasferì e ordinò la costruzione di tre templi, che furono eretti in onore di tre divinità del “Pantheon” romano: uno dedicato a Giove, Dio del cielo e del tuono, uno a Bacco, Dio dell’agricoltura e del vino, e uno dedicato a Venere, Dea dell’amore e della bellezza.
Note di Degustazione:
Les Goumet Blanc 2016: uvaggio di Clairette, Grenache Blanc and Ugni Blanc
Colore giallo paglierino con rifessi dorati, brillante. Il naso si presenta complesso, virando inizialmente su sentori di erbe aromatiche molto marcate come il rosmarino, seguono le note balsamiche di eucalipto, per spostare poi l’attenzione sugli agrumi come il cedro. Note iodate che tornano nella retrolfattiva insieme al legno di sandalo. Entra rotondo e ampio per chiudere con un bel finale sapido e lungo.
Questo vino a maggio aveva vinto la medaglia d’argento, a mio parere qualche mese di bottiglia lo ha reso più complesso.
Sempre di Clos St. Thomas ho degustato Le Merlot A 2009: Merlot in purezza. Queste uve sono coltivate a circa 1000 m s.l.m. con una resa per ettaro di 18-20 hl/ha, quindi con una resa molto bassa. Il vino segue un affinamento in barrique di rovere francese per circa 10 mesi.
Il colore è un rosso rubino intenso e profondo. Il frutto netto della prugna che si alterna ad un floreale di viola, appena si apre un po’ il vino ci regala sensazioni speziate che ricordano il cioccolato, tabacco e la grafite, per chiudere con note balsamiche. Il sorso è ampio e lungo, i tannini sono integrati anche se ancora presenti e lasciano una leggera sensazione polverosa.
Medaglia d’argento a maggio, confermo nel mio assaggio questo punteggio.
A questo punto dal Libano mi sposterei in Grecia…
Come non amare questo paese? Qui davvero si respira la storia, si tocca con mano e fin da adolescente sono sempre stata affascinata dai templi! La prima volta che visitai l’Acropoli di Atene, e mi trovai di fronte all’Eretteo, o meglio alla Loggia delle Cariatidi, mi emozionai tantissimo, inutile descrivere tanta bellezza e perfezione!
La Grecia però non è solo storia antica… il mare, le sue isole con ognuna le sue peculiarità, sono l’attualità, un paese che ha voglia di riscattarsi dal proprio fallimento politico, una popolazione fatta di uomini fieri.
Grecia è anche sinonimo di vacanze e queste si associano alle cene sotto ai pergolati, ai tavoli apparecchiati in modo semplice con le tovaglie a quadri, ai piatti succulenti di carne con cotture importanti e al pesce, si tanto pesce, e le grandi insalate fresche in abbinamento alla “feta” (formaggio tipico, fresco a pasta semidura), il tutto sempre accompagnato da una bottiglia di vino. Ci sono molte similitudini con il nostro paese, anche a livello di tradizioni culinarie, in particolare con il nostro Sud.
Le regioni vitivinicole attuali in Grecia corrispondono più o meno a quelle dell’Antica Grecia, e sono principalmente: la Macedonia, Tessaglia, Peloponneso, le isole dell’Egeo e l’isola di Creta. E i vitigni autoctoni sono stati classificati in circa 300 varietà diverse, quindi possiamo affermare con un panorama piuttosto ampio.
Al nord, nella regione della Macedonia si trovano principalmente vitigni a bacca rossa come Xynomavro e Negoska, in Tessaglia che si trova al centro del paese, nella zona del monte Olimpo, si trovano sempre vitigni a bacca rossa come: Xynomavro, Stavroto e Krassato. A sud invece, nel Peloponneso troviamo tre zone vitivincole, considerate fra le più importanti, come: Nemea, Mantinia e Patrasso. Si pensi che Omero aveva definito la zona di Nemea, poco lontana da Corinto, come una zona Ampelóessa ossia “colma di vini”. In questa zona il vitigno più diffuso è l’Agiorgitiko, mentre nella zona di Mantinia i vini sono prodotti perlopiù con Moscophilero, un’uva aromatica con la buccia rosa, che viene vinificata in bianco. L’area però più celebre è quella di Patrasso dove si produce il celebre Moscato di Patrasso, un vino dolce da uve Mavrodaphne lungamente affinato in botte e spesso fortificato, conferendo così una lieve ossidazione. Passando poi alle Isole: Santorini e Samos, dove troviamo nella prima l’Assyrtiko da cui si ottengono vini bianchi secchi e il celebre Visánto, ottenuto da uve appassite. Mentre Samos è famosa per l’uva Moscato di Samos da cui si ottiene il famoso vino omonimo, da uve appassite, talvolta si trova anche nella versione fortificata. Creta invece ci regala dei vini provenienti da uve locali come, Kotsifali e Mandelari.
Per concludere questa carrellata veloce, non possiamo non citare la Retsina forse è il vino più conosciuto, considerato che rappresenta il 30% della produzione totale dei vini Greci, l’uva che viene utilizzata è la Savatiano e la particolarità di questo vino è lo spiccato sentore di resina di pino di Aleppo, che durante la fermentazione ne viene aggiunta una piccola quantità al mosto, con il fine di aromatizzare il vino.
Note di Degustazione:
Biblia Chora 2015 Ktima IGP Pangeon – Mattaio: il vino è un blend fra Cabernet Sauvignon, Merlot e Agiorgitiko, e prevede un affinamento di dodici mesi in barrique.
L’azienda si trova a Kokkinochori, Kavala e i proprietari sono due famosi enologi greci: Vassilis Tsaktsarlis e Vangelis Gerovassilion, che nel 1998 hanno selezionato dei vigneti ed hanno deciso di costruire la propria cantina.
Il vino si presenta di un rosso rubino intenso e profondo. Leggere note varietali al naso, che ricordano il Cabernet Sauvignon, frutti rossi come il lampone, segue una frutta più definita come la prugna, note balsamiche di menta e profonde note terrose e di grafite. Il naso è complesso e intenso. In bocca entra molto bene, ampio con ottima acidità, e sapidità finale. Tannini morbidi, con una leggera nota polverosa, con una chiusura non troppo decisa. Peccato perchè la parte olfattiva era davvero esplosiva e ci lasciava intravedere la prospettiva di un vino molto complesso. Confermo nel mio assaggio il punteggio di maggio.
Passiamo ad assaggiare Sémeli Grande Reserve 12: da uva Agiorgitiko, il vino segue un affinamento di 18 mesi in barrique di rovere francese e 30 mesi di bottiglia.
Chateau Sémeli è stata fondata nel 1979, i vigneti sono adagiati sulle pendici del monte Koutsi ad un’altezza di circa 600 m s.l.m. nella regione di Nemea.
Colore rosso rubino brillante e profondo. Il naso è un esplosione di profumi terziari, leggere spezie dolci come la noce moscata e chiodi di garofano, sentori di rabarbaro e macchia mediterranea, i profumi si aprono su una ciliegia non troppo matura per arrivare a splendide note balsamiche rinfrescanti. La bocca è piacevole con buona acidità, lungo e persistente. I tannini morbidi ci regalano una sensazione croccante al palato che rende il vino piacevole al sorso.
Credo che questo vino, possa in questo momento, ambire ad un punteggio più alto, così almeno è stato per il mio assaggio.
Per finire questo tour semi virtuale chiudo l’assaggio con il Moscato bianco di Samos 2011 Anthemis, vino liquoroso delle Aziende Cooperative di Samos, invecchiato 5 anni.
Colore ambrato profondo e denso. I profumi ricordano l’estate, i datteri, i fichi secchi, albiccocca disidratata, sentori di fiori di elicriso e camomilla, leggere note di liquirizia. Bocca ampissima, con un finale lungo e persistente, ottima l’acidità che bilancia in modo perfetto la dolcezza. Direi che la Medaglia d’Oro se l’è proprio meritata!
A presto per la seconda parte, che continua con la Croazia e la Turchia… Buona lettura!
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