“Chi siamo noi, se non siamo europei, e nemmeno siamo indios, se non una specie intermedia, tra aborigeni e spagnoli? Siamo coloro che furono disfatti in quel che eravamo, senza mai arrivare ad essere quel che saremmo stati o avremmo voluto essere. Non sapendo chi eravamo quando permanevamo innocenti in loro, inconsapevoli di noi, ancor meno sapremo chi saremo.” ‒ Darcy Ribeiro
In tutte le librerie virtuali e fisiche dal primo maggio 2019 è disponibile “Utopia selvaggia ‒ Saudade dell’innocenza perduta. Una fiaba” romanzo del famoso sociologo, antropologo, scrittore, educatore ed uomo politico brasiliano Darcy Ribeiro (Montes Claros – Minas Gerais 26-10-1922/ Brasilia 17-2-1997), pubblicato nella collana “Il Pasto Nudo, assaggi di antropologia” curata da Giancorrado Barozzi per la casa editrice mantovana Negretto Editore con la nuova traduzione ad opera di Katia Zornetta.
La stessa traduttrice ci rivela il suo particolare rapporto con il testo di Ribeiro e con la prima interprete Daniela Ferioli che nel 1987 dialogò con Ribeiro per la trasposizione dal brasiliano all’italiano per la casa editrice Einaudi.
“Questa ritraduzione di Utopia selvagem è stata innanzitutto una sfida e una sorta di «passaggio di testimone» con la prima traduzione di Daniela Ferioli pubblicata dall’Einaudi nel 1987, che tuttora appare brillante e innovativa. In tempi non lontani ho avuto il privilegio di poter incontrare di persona e intervistare Daniela Ferioli, apprendendo dalla sua viva voce nozioni rivelatesi fondamentali per la mia futura attività di ri-traduttrice. Il testo integrale dell’intervista è riportato in appendice a questo libro.
Poter ricreare una «nuova» traduzione, che si potesse contraddistinguere dalla precedente, è stato alquanto difficile perché Ferioli era riuscita a riprodurre lo stile di Darcy Ribeiro nonché a trasporre un mondo sconosciuto, quello indigeno e dei tanti «Brasis», rendendolo accessibile al lettore italiano di trent’anni fa, il quale non aveva molte notizie su un paese come il Brasile, sentito come esotico e distante. […]Nonostante questa nuova traduzione sia stata fatta in dialogo con quella di Daniela Ferioli, “Utopia selvaggia. Saudade dell’innocenza perduta. Una fiaba” vuole offrire un nuovo sguardo e una lettura più attuale sul mondo brasiliano e su quello indigeno, cercando di mantenersi il più possibile «fedele» al testo di Ribeiro così da far conoscere senza «filtri» quel mondo, con i suoi costumi, cibi, fauna e flora, lasciandone inalterati, sul piano lessicale, molti termini, in modo che il lettore di oggi possa percepire la specificità del cosmo narrato da Ribeiro e avvicinarsi ad una realtà diversa da quella Occidentale; gustando così il nuovo sapore di quel meticciato linguistico che appare ormai come un «segno» tangibile dei nostri tempi.” ‒ Katia Zornetta
La scelta da parte della casa editrice Negretto Editore in dialogo e collaborazione con Fundar (Fundação Darcy Ribeiro), con sede a Rio de Janeiro, offre un contributo importante all’attuale dibattito sui temi di identità e diversità presenti non solo nel nostro paese ma anche in tutta Europa.
La cosiddetta “crisi migratoria”, che da una decina d’anni si è palesata sulle coste del Mar Mediterraneo e sui confini della Turchia, è una problematica che ancora non ha risposte convincenti e che pian piano si allontana, per la grande paura del disuguale sempre più presente nel popolo europeo, dal concetto di mutuo appoggio tra popolazioni e culture diverse.
La pubblicazione di “Utopia selvaggia” ci pone davanti agli occhi il dialogo che il grande antropologo brasiliano instaurò con i nativi dell’America del Sud, ci ricorda la bellezza della diversità culturale e la necessità di proteggere questa differenza. Lo fa con un romanzo particolare nel quale il protagonista, il Tenente Pitum (Gasparino) Carvalhal, da combattente a nord dell’Amazzonia si trova prigioniero in una tribù di sole donne, le mitiche Amazzoni, e successivamente ospite dai Galibi, una popolazione che sta “subendo” la cristianizzazione ad opera di due missionarie.
“I missionari si battono per anni, decenni e spendono le loro vite in questa pia vocazione, per niente. Ogni nuova generazione di indios – come di ebrei o di zingari – nasce india e permane india nel profondo del cuore, e vede in noi, gli altri, i cristiani. Sarà perché noi stessi li vediamo solamente come i selvaggi che sono stati?”
Una fiaba espediente che trascina in continue riflessioni poste dallo stesso autore, “Utopia selvaggia” è infatti in constante dialogo con il lettore e la lettrice sia per ipotizzare una spiegazione degli accadimenti della storia di Pitum sia per esaminare passo passo il processo che la nostra mente attua quando si trova di fronte usi e costumi sconosciuti.
“Vedi lettore: immersi in questa confusione, discutendo di utopie, il birbante e le due santedame perdono la testa. È così poco plausibile nel Brasile delle monache la rotazione semestrale delle occupazioni, quanto lo è il cambiamento quotidiano delle attività con cui gli utopisti inglesi vollero incoraggiare l’umana vocazione al dolce far niente. E tu cara lettrice, hai visto questa novità del tornare alla vita bucolica? Tanti secoli di lotta e di lavoro in millenni di civiltà urbana per poi, alla fine, abbandonare la vita civile. È mai possibile?”
Darcy Ribeiro si laurea nel 1946 in Sociologia con una specializzazione in etnologia presso l’Universidade de São Paulo e dal 1947 inizia una decennale peregrinazione nella regione del Pantanal, nelle foreste del Brasile centrale e in Amazzonia, per instaurare una sorta di convivenza con alcuni popoli indigeni: i Kadiwéu, cui dedicò la sua prima monografia (Kadiwéu, 1950), ed i Kaapor. L’antropologo è tra i fondatori dell’Universidade de Brasília, di cui divenne il primo rettore, fu ministro dell’Educazione ed ebbe altri incarichi durante la presidenza di João Goulart (1961-64).
In seguito al golpe militare fu costretto all’esilio: soggiornò in America Latina (Uruguay, Venezuela, Cile e Perù), in Europa ed in Algeria. Rientrò in Brasile nel 1976, dove venne eletto vicegovernatore dello Stato di Rio de Janeiro; nel 1991 fu eletto senatore e l’anno seguente divenne membro dell’Academia brasileira de letras.
Durante il lungo periodo dell’esilio si dedicò alla progettazione di programmi di riforma ed alla composizione dei cinque volumi dei suoi Estudos de antropologia da civilização. Pubblicò il primo romanzo, “Maíra” (1976), al suo rientro in Brasile. Seguirono “O mulo” (1981), la fiaba “Utopia selvagem” (1982) ed il romanzo “Migo” (1988).
“Se nossos governantes não fizerem escolas, em 20 anos faltará dinheiro para construírem presídios.”
(“Se i nostri governatori non faranno scuole, in 20 anni saranno necessari soldi per costruire le prigioni.”) ‒ Darcy Ribeiro
In copertina: Darcy Ribeiro, foto archivio Fundação Darcy Ribeiro
Le librerie, per eventuali richieste dei lettori, sono tenute a rivolgersi ai distributori regionali che sono indicate nel sito Negretto Editore.
Written by Alessia Mocci
Responsabile dell’Ufficio Stampa di Negretto Editore
Info
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