Il Cairo
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Attiviste, impegnate socialmente, attente alle tradizioni ma con uno sguardo al futuro e al progresso. I volti femminili del Mediterraneo raccontano le contraddizioni, le bellezze e le difficoltà di questi tempi. Donne che attendono di diventare madri, madri che cercano di far carriera, studentesse che lottano per i loro diritti, nonne che proteggono le tradizioni religiose. Storie che convivono, che si scontrano e danno vita a quella moltitudine di memorie che si riescono a tramandare solo tra donne.

Il sole a picco e il caldo torrido illuminano i capelli corvini di Hidaya. Non porta veli sul capo. La sua famiglia non è mai stata molto praticante. Hidaya è infermiera, un mestiere faticoso e nobile, soprattutto se vivi nei territori israelo/palestinesi, ma non ne fa un vanto. Il lavoro le occupa parte della giornata, ma riesce comunque a prendersi cura di sua madre. Un rapporto prezioso che la tiene legata a quelle tradizioni che guerra, velocità e modernità le fanno dimenticare facilmente. La mamma di Hidaya ha vissuto l’Intifada, ha visto morire familiari e amici. Non accetta la guerra, ma rispettando il suo ruolo non ha mai espresso la sua opinione. Ritiene che la donna abbia il compito divino di occuparsi della casa e dei figli, non è un compito meno nobile degli altri; a lei il dovere di trasmettere gli usi e i costumi della famiglia, prendersi cura del marito e insegnare il rispetto, la disciplina che la religione impone.

Le tradizioni in casa Nouiri sono gelosamente custodite dalla giovane Maryan. Diciotto anni, pelle ambrata, origini miste. Ha ereditato il lavoro nei campi del Marocco dalle donne della sua famiglia. Dopo il lavoro Maryan ama ascoltare i racconti sulle donne della famiglia. Il dolore e la sottomissione ai voleri dell’autorità maschile non mancano durante le rievocazioni, nonostante questo Maryan riesce ad apprezzare quella cultura così difficile e controversa ma così fortemente radicata in lei.

Sarah invece no, non concepisce il vedere continuamente calpestati i suoi diritti, esser sottomessa per il solo fatto di esser donna. Non alla sua età, non a Il Cairo.
Una città dove le tecnologia sta apportando notevoli e positivi cambiamenti, non può accettare ancora questo genere di discriminazioni. Sarah non ci sta e si dedica anima e corpo per poter dare il suo contributo al progresso. Sa bene che, nonostante la repressione o le ferree tradizioni che impongono regole di facciata, molte giovani trovano uno spiraglio nel web. Sui social network vivono libere, non importa quale velo indossino, la tastiera non fa differenza e non sempre si è rintracciabili. Si può parlare con chiunque e manifestare le proprie opinioni. Sarah tramite il web fa politica. Politica sociale per migliorare il proprio futuro e quello delle donne del suo Paese.

E’ un rischio, ma qualcuno deve pur affrontarlo, sa che non è frequente in Egitto trovare donne attive in politica, ma tramite internet che funge da passaparola il coraggio di osare e far sentire la propria voglia di riscatto aumenta. Si entra facilmente con lavoratrici, madri, studentesse, accomunate dal sentimento di emergere, di partecipare e scambiarsi idee su come migliorare l’Egitto.

La voglia di costruire, o forse ricostruire, c’è sicuramente anche nel cuore di Fatima, ma sa che forse il suo destino è un altro. Dopo la guerra cha ha dilaniato il suoi Balcani il lavoro scarseggia, così come la voglia di ricominciare tra le macerie. Emigrare l’unica soluzione che le prospetta suo marito. L’Italia il Paese più vicino cui far riferimento. Sarà dura ambientarsi e lasciare le amiche, ma il futuro del bimbo che porta in grembo è più importante. Gli sguardi della gente la preoccupano. Capiranno che dietro a quegli occhi color miele, quei capelli castano spento ci sono le sofferenze di una donna che patisce per un figlio ancora non nato? Una donna che ha vissuto in una terra lambita dallo stesso mare, con la medesima religione e che di diverso ha solo la lingua? Fatima è spaventata. Sa che agli occhi di Dio siamo tutti uguali, ma sa anche che l’animo umano è controverso; la paura e il possesso spingono a unirsi con ciò che si conosce e a chiudersi di fronte alle novità…anche se la novità è solo un cognome particolare che proviene dalle coste che si ha davanti agli occhi da millenni.

E quella costa Claudia la conosce bene, è la più vicina alla città dove ha scelto di studiare. Non è certo come il mare della sua isoletta felice, ma è pur sempre acqua. Quando sei cresciuta sulla costa, in un isola come la Sardegna, vivere in una città lontana dal profumo della salsedine non è facile. Ma tentare di raggiungere i propri obiettivi è ciò che le ha insegnato sua madre fin dall’infanzia. Bisogna esser ambiziose, non accontentarsi mai, puntare in alto, anche se questo alto significa non arrivare mai e aver cocenti delusioni. Noi donne sarde siamo come le querce dell’interno dell’isola: forti, secolari, neanche il maestrale le butta giù.

Claudia ripete la frase di sua nonna prima, e sua mamma poi, in continuazione nei momenti di sconforto. Lontana da casa, dopo l’ennesimo rifiuto per un provino a teatro e le difficili delusioni d’amore. Ma in fondo i problemi veri sono altri si dice. Ma in un mondo dominato dall’estetica, contano veramente i problemi? O la tua vita viene livellata dalle misure del tuo corpo? Possono le donne sognare una vita lontana dai bombardamenti patinati delle collezioni autunno/inverno e dal make-up? O c’è chi sogna questi problemi per fuggire da situazioni ben più gravi?
Queste le domande amletiche di Beatriz che passa le giornate a metter insieme dati ed esperienze al femminile per la sua rivista. Cooperazione tra donne, il tema centrale edito in Spagna.

Ma ci può esser cooperazione tra donne di paesi diversi? Si può uscire dalla gabbia del pregiudizio senza cadere nella carità o nella pietà?
Si può e si deve. Zelda sa che questo è necessario per poter andare avanti e dare una valida chance alla sua Turchia. I suoi tacchi alti spiccano nel centro storico di Istanbul, tra i variopinti abiti che l’affollano, un taller nero e una 24ore pare quasi che stonino; soprattutto se a portarli con eleganza è una bella donna dagli occhi verde smeraldo.

Zelda è manager in un’azienda con il 70% di uomini, ma sa come farsi rispettare. Unica donna con sette fratelli, sa però che per avere un vero riconoscimento come lavoratrice è necessario che il suo Paese faccia dei passi avanti, e come il suo anche molti altri. Pari dignità nel lavoro è un’ambizione che le donne hanno, qualunque mare si navighi, ma per raggiungerla la strada da seguire è sicuramente la cooperazione, la complicità e il contatto continuo, virtuale o reale che sia.

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