L’ottimista vede la ciambella, il pessimista il buco.
(Anonimo)
Il dolce, prima di tutto.
11:23. Una risata lontana risuona per la strada. Apro gli occhi. Sollevato dal mio torpore riprendo coscienza, inizio a ricordare. Ricordo il virus. Ricordo le morti. Ricordo di essere intrappolato qui a casa con i miei demoni.
Oltre un mese è passato ma sembra non sia passato neanche un giorno. Li fuori i messaggeri della pandemia insistono nei giornali raccontando di come i governanti di mezzo mondo, spiazzati cerchino di porre rimedio a uno tzunami che ci sta colpendo tutti, c’è chi si protegge in un bunker chi semplicemente con un ombrello.
Il discorso politico economico è divenuto alieno con cifre, idee e numeri che appaiono assurdi. 35 miliardi, 100 miliardi, 1000 miliardi numeri vuoti alimentano le speranze della popolazione costretta a guardare uno scontro titanico dalla distanza, muto e distante.
Ancora in dormiveglia frugo nel freezer cercando l’ultimo croissant. Niente. Seduto a colazione, sorseggio il mio caffè maledicendomi per la mia pigrizia. Li ho visti finire lentamente. Potevo iniziare a prepararne altri ma ormai era tardi.
Sono le 13 e 30 normalmente pranzerei, ma oramai la mancanza di una morale oggettiva mi ha trascinato in un torpore nichilistico dal quale non riesco più a risvegliarmi.
Torno a letto, frugo Netflix sperando di trovare qualche titolo nuovo, niente. Il libro che ho iniziato mi osserva disgustato dalla mia mancanza di interesse nei suoi confronti. Mi sento giudicato e chiudo la porta. Meglio che vada in cucina.
Li l’enigma su cosa fare di un’altra giornata senza nome mi raggiunge, parliamo animatamente, comprendo le sue ragioni ma vorrei continuare nella mia nullafacenza spinta, alla fine il suo giudizio prevale e decido di risolvere il problema della colazione.
Solo un dolce merita l’immane sforzo che qualsiasi azione ora come ora mi richiede: la bomba. Un dolce che ha una dicotomia insita, originario della comunità ebraica, è divenuto tra i dolci tedeschi per eccellenza, tanto da essere chiamato “Berliner” dagli anglosassoni.
Inizio mescolando il lievito di birra (10gr ) con le uova (4 medie) aggiungo una goccia di olio essenziale al limone e il contenuto di mezza bacca di vaniglia.
Infine aggiungo la farina manitoba (350 gr) mescolata a un pizzico di sale, mescolo fino ad ottenere un impasto omogeneo e infine incorporo il burro morbido (80 gr).
Soddisfatto guardo la mia sfera di impasto, come un amuleto allontana il giudizio di fannullone col quale mi sono autoincoronato.
Avvolgo la mia creazione con le sue coperte di pellicola trasparente per metterla a riposare in frigo.
Attendo circa mezz’ora che si sfreddi così da poterlo stendere più facilmente.
Nel mentre leggo sul telefono le ultime notizie. Ogni volta spero arrivi la notizia che tutto sia finito, ma niente.
Ogni articolo come una manciata di terra mi seppellisce nella rassegnazione più totale. Pare non ci sia una via di uscita.
Riprendo l’impasto, lo stendo con uno spessore di 2 cm e lo taglio in dischi di 5 cm col coppa pasta per poi distenderli su una teglia infarinata. Il più è fatto penso mentre mi pulisco le mani sporche di farina sul grembiule. Dannazione, penso tra me e me.
Sono le 18 e 30 e per passare il tempo decido di farmi una doccia, nel mentre che il bagno si riempie di vapore la mia mente volteggia tra le note sfiorate sulla tastiera da Alain Planes con la sua grandiosa interpretazione di Suite Bergamasque.
Un nome che oggi richiama alla mente le bare, i pianti e i camion militari.
Il dolce tepore dell’acqua calda mi ravviva dal mio torpore esistenziale, le mie gambe sempre più deboli cadono e li cedo sotto il peso di quell’acqua così piacevole, sotto il peso di quelle note cosi delicate.
La traccia finisce risvegliandomi dal mio sogno lucido e lentamente il calore dell’acqua mi abbandona per riportarmi la freddezza di un mondo ormai alieno.
Attendo che l’impasto lieviti.
Fuori dalla finestra due ubriaconi discutono vivacemente.
Annoiati dall’inconsistenza della loro vita privata si gettano in giudizi certosini sugli argomenti più disparati: economia, virologia, legge, immigrazione, per citarne alcuni. Hanno opinioni forti e sembra sappiano cosa stanno dicendo. Si arrampicano l’uno sul discorso altrui. Sembra abbiano una soluzione. Ma La voce metallica di un megafono della polizia in lontananza li fa disperdere. Di questi tempi neanche loro sanno cosa fare.
I krapfen sono pronti. Riscaldo l’olio per friggere a 160 gradi precisi.
E li friggo da entrambi i lati.
Una volta asciugata la loro unta pelle. Li getto in una ciotola piena di zucchero che li avvolge di un alone ancora piu peccaminoso.
Non resisto ne addento uno ancora caldo.
Il calore e la dolcezza si diffondono nella mia bocca mentre nella stanza risuona “Piano concerto No.21 si Mozart” è tutto perfetto o quasi
“La crema! Maledizione la crema “
Ma sono le 20 e 11 e io non ho ancora pranzato. Sarà per domani.
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