Nessuno può essere libero se costretto ad essere simile agli altri
Oscar Wilde
Nel corso degli ultimi decenni si sono compiuti numerosi e importanti progressi nell’ambito della percezione della disabilità, a partire dalla sostituzione della parola “handicap” (che nell’immaginario collettivo era sinonimo di menomazione) con quella di “diversamente abile”, che sembra rendere meglio l’idea di un individuo in grado di trasmettere “comunque” qualcosa all’altro, e in un’ultima analisi alla società. Lo stesso termine disabilità sembra essere portatore di una contraddizione, quantomeno di una certa ambiguità. Se, infatti, il suffisso “dis” sembra volerci porre al cospetto di una situazione di “limitazione”, nel senso della “mancanza di qualcosa”, contestualmente, la parte restante “abile” è evidentemente indicativa della capacità in, o di qualcosa. Entrano cioè in gioco quelle abilità, capacità che ciascun essere umano possiede, indipendentemente dalla sua specificità e particolarità. Ciascuno di noi, infatti, porta con sé un mondo e dei vissuti personali che lo rendono unico e speciale, perciò diverso rispetto a ciò o a chi è “altro” da noi. In tal senso è allora possibile, plausibile e anzi auspicabile intendere la diversità non più come un limite e un ostacolo a, quanto piuttosto come un valore aggiunto, una risorsa in termini di crescita individuale e sociale e di arricchimento interiore.
Nonostante la nozione “diversamente abile” continui ad agire ancora come una sorta di discriminante, è innegabile come sempre più si intraveda anche in questa forma di diversità una risorsa preziosa da valorizzare moralmente, socialmente, culturalmente ed economicamente. Proprio sulla scia di ciò, ultimamente, e anche nel nostro paese, sono nate numerose iniziative volte a garantire ai diversamente abili la libertà e la possibilità di vivere come tutti. Ci riferiamo in via generale alla comparsa di un nuovo modo di intendere e vivere la disabilità fisica, intellettiva e psichica e, nello specifico, alla comparsa, nell’ambito delle attività di ristorazione, orticoltura e allevamento, di numerosi progetti di inclusione sociale con cui si cerca di promuovere un percorso di orientamento, formazione e job coaching mirato e finalizzato all’inserimento lavorativo, sociale e territoriale di persone diversamente abili. Progetti il cui obiettivo è quello di far cessare l’idea secondo cui un disabile è sempre e solo un soggetto passivo. Progetti che sono anche e soprattutto un modo per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità, favorendone, incoraggiandone e promuovendone l’inserimento lavorativo, considerato che proprio il lavoro è in grado di fornire all’individuo la possibilità di divenire il protagonista della propria vita.
Sono nate così trattorie, locande, pub e osterie dove ragazzi e ragazze diversamente abili cucinano, accolgono i clienti e servono ai tavoli con impegno e professionalità e allo stesso modo si prendono cura di orti sinergici i cui prodotti sono utilizzati come ingredienti base per la preparazione di piatti genuini e gustosi inseriti nei menù e caratterizzanti una cucina che si fonda prevalentemente sui cibi di stagione e che arriva da una filiera corta.
Questi giovani hanno, dunque, da una parte l’opportunità di imparare un mestiere e di metterlo in pratica in un contesto lavorativo reale, dall’altra sono messi nella condizione di poter socializzare tra loro e con i clienti. In qualche caso, nelle loro attività lavorative quotidiane sono affiancati dai loro stessi amici o dai familiari che li aiutano e coadiuvano in via del tutto volontaria.
L’obiettivo di questi progetti non implica solo ed esclusivamente una forma di integrazione lavorativa, essi mirano piuttosto all’integrazione territoriale. Alla base di tutto, infatti, sta l’impegno a voler ribaltare il concetto stesso di integrazione sociale così come siamo abituati ad intenderla. Il giovane portatore di disabilità non deve integrarsi all’interno di un gruppo di normodotati; sono piuttosto proprio i giovani con disabilità a integrare i normodotati. Tavoli, sedie e piatti sono tutti differenti tra loro, dalla cucina, dall’orto e dal frutteto giunge a tavola ed è servito sempre qualcosa di diverso. Tutto ciò a voler significare che la diversità è un valore aggiunto, una fonte di arricchimento interiore, non un elemento di disomogeneità.
Ambienti lavorativi che si fanno e diventano luogo di incontro e di integrazione, in cui imparare a stare insieme e dove ci si può cimentare in attività diverse (informatica, recitazione, musica, tanto per fare alcuni esempi). Progetti che in alcuni casi prevedono anche attività di catering e la fruibilità di spazi comuni aperti a tutti, una fitta rete di attività in grado di coinvolgere, dunque, un’intera area geografica, il suo territorio, le sue risorse e i suoi abitanti in una vera e propria ottica di welfare dinamico. Attività all’insegna dell’inclusione e della creatività, come pure dell’innovazione sociale; una scommessa indubbiamente importantissima che vuole dimostrare come attraverso esperimenti di welfare di nuova generazione, basati sul lavoro e sull’innovazione sociale, sia possibile dare vita a un vero e proprio riscatto non solo sociale ma anche in termini di occupazione ed economia.
I ragazzi impegnati in questi progetti sono stimolati e aiutati a guardare al loro futuro senza timore, animati da una nuova speranza di riscatto e sono chiamati a farsi essi stessi protagonisti di questa nuova dimensione esistenziale. Ciascuno di essi, infatti, è lasciato libero di scegliere il ruolo che ritiene gli si addica di più o rispetto al quale si sente più incline e portato.
Ciascun individuo portatore di disabilità può e deve diventare un soggetto socialmente attivo. E’ dovere di tutti farsi carico della loro volontà, di assumerla socialmente, politicamente, economicamente. Tutti dovremmo sentire l’esigenza di fare piazza pulita di qualsivoglia ostacolo di natura psicologica, fisica, giuridica che tenda a frenare, limitare e complicare questo percorso.
Tuttavia, affinché questi progetti, anche questi progetti, vadano a buon fine sarà necessario abbandonare l’annosa idea dell’assistenzialismo per poter iniziare a guardare alle persone diversamente abili in maniera attiva, senza pietismo alcuno, come risorse positive per il singolo e l’intera comunità sociale.
Fonti:
Associazione di Promozione Sociale Sipario – FirenzeLa Lucciola – Stuffione di RavarinoLa Locanda dei Girasoli – RomaTrattoria degli amici – RomaCaffè Basaglia – TorinoAddha onlus – associazione difesa diritti handicappati – RomaOsteria Harissa – Rimini
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