Mercato a Marrakech
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Lui il folle, il rivoluzionario, l’uomo coraggioso e acclamato, ha già una pagina su wikipedia che lo definisce un lottatore per la libertà che ha dato inizio alla sommossa tunisina ed ha cambiato politicamente, economicamente e socialmente il volto del suo Paese; l’eroe che ha portato alla fuga il presidente Zine El Abidine Ben Ali. Mohamed Bouazizi, vero nome Tarek, aveva solo 27 anni.

Una serie di rivoluzioni che stanno cambiando l’intera geografia del Mediterraneo è nata dal suo clamoroso gesto, non penso sapesse a cosa avrebbe portato il suicidio, ma l’intenzione, la rabbia scatenante che lo ha portato a violare un comandamento severissimo della sua religione, a lasciare per sempre i suoi affetti più cari, a fare ciò che è meno innato e contro natura, credo mirasse proprio a questo. Un folle suicidio per il cambiamento. Un folle no. Una tempesta di sabbia in quelle zone aride, spesso senza speranza.

E’ stata la piazza di Sidi Bouzid, dove Tarek Bouazizi si è dato fuoco per le umiliazioni e i soprusi ricevuti dalla polizia, a scatenare il vento del cambiamento. La Rivolta dei Gelsomini iniziata in dicembre ha spazzato via la dittatura di Ben Ali lasciando la Tunisia libera di reinventarsi il proprio futuro. Il desiderio tunisino di libertà si è espanso in breve in tutto il nord Africa con proteste antigovernative più o meno sanguinarie. L’Algeria ha lamentato disoccupazione e corruzione e il persistente stato di emergenza che pretende di giustificare autoritarismi militari. La Rivoluzione di Loto ha inebriato l’Egitto di Mubarak privo di libertà e lavoro ma ricco di corruzione come il resto dei paesi nord africani. Le proteste in Marocco, più contenute ed anestetizzate dal turismo di Marrakech e Casablanca, non hanno generato eccessiva insofferenza e rabbia, ciò nonostante la difficile situazione economica ha determinato agitazione anche nel paese magrebino. Fuori controllo, invece, la situazione in Libia che ha determinato un numero imprecisato di morti e una guerriglia urbana tra manifestanti e milizie di Gheddafi che tutt’ora esercita il suo sanguinario potere.

Un malcontento esteso, represso per anni, nascosto sotto cumuli di sporcizia e sabbia, cresciuto a temperature cocenti è sfociato in un momento di follia che ha esortato alla libertà.

Dal latino follis – pallone, testa piena d’aria – la follia ha rappresentato nel corso dei secoli l’accezione di persona sopra le righe, fuori dal coro, considerata folle salvo poi esser reintegrata riconoscendo come vero ciò che da questa veniva professato. Folli sono stati considerati i centinaia di eroi che si sono battuti per diritti considerati inusuali, per la democrazia di popoli considerati inferiori, per l’indipendenza di stati sottomessi per generazioni. Ma l’etimologia della parola folle si discosta da quella di pazzo, legata alla sofferenza, alla malattia del disturbo mentale; il consueto uso come sinonimo ha perpetrato un allontanamento delle persone che mal si accontentano dello status quo. Ma la follia, passione che annebbia la mente e impedisce l’uso della sapienza e della razionalità, porta, nella sua connotazione positiva, a guardare oltre ciò che ci viene presentato.

La follia che ci spinge all’estremo è sempre latente, ma non sempre la tiriamo fuori. Spesso è più facile ignorarla e vivere nella rassegnazione, spesso abbiamo bisogno della forza della massa, del numero per poterla sfogare, ma se siamo una stella incendiaria basta l’ennesimo no, l’ennesimo sopruso che ci scatena il fuoco giusto per urlare la nostra voglia di rispetto. Questo era Tarek, una stella incendiaria che è riuscita con il suo gesto ad infiammare l’animo di intere nazioni.

Il silenzio verso le atrocità non fa che abituare i nostri occhi e le nostre orecchie lasciandoci impassibili, privi di reazione e disponibili ad accettare ancora.

La rassegnazione umana, l’abitudine ai confort e alla speranza di un domani migliore che dovrebbe arrivare per merito d’altri, ci spinge a considerare folle il gesto isolato di uno che sceglie la morte per protesta, che sceglie di dare agli altri l’input per non arrendersi, che conferisce coraggio in nome di qualcosa che non si vede, che si può solo sognare. E l’uomo oggi ha difficoltà a sognare, a lasciare il certo per l’incerto, solo un folle può abbandonarsi a qualcosa di sconosciuto; ma sono questi folli ad aver dato vita alla libertà di tanti, ad aver fatto ascoltare la voce di un popolo ignorato, ad aver restituito dignità e rispetto a uomini e donne calpestati da soprusi e mancanza di speranza, uomini che avevano perso il coraggio di guardare verso il cambiamento. Sono questi folli ad aver segnato la svolta in tante democrazie.

Rabbia che scatena la follia di un gesto eclatante in cerca di giustizia. E quando questa rabbia sarà sfogata, quando la follia cederà il posto alla razionalità, saprà, la folla osservante, raccogliere quell’input costato la vita? Sempre ai posteri spetta il risultato ultimo di un gesto folle, coloro che rimangano devono riuscire a comprendere il reale significato di quel gesto sopra le righe che ha smosso gli animi, agitato le acque, manomesso l’apatica tranquillità quotidiana nella quale serpeggia il malcontento; l’inerzia insaziabile di cui si nutre l’insoddisfazione. Saprà reggere il contraccolpo che li chiama ad agire, la massa inerte che ha sopportato la violazione dei propri diritti per decenni o vedrà in tutto questo sangue un orrore ingestibile cui non c’è futuro?

Il nord Africa continua a bollire, reagisce come può. E noi? Stiamo a guardare?

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