Gli anni ’80 e ’90. Quelli della definitiva diffusione dell’animazione nipponica nelle nostre televisioni. Uno scrittore nato in quel periodo, Alessandro Aresu, ha cercato di raccontare l’immaginario culturale del periodo nel libro La generazione Bim Bum Bam (2012).
Che cosa sostiene l’autore
Il titolo chiarisce, ancora prima di iniziare la lettura, quale sia la proposta interpretativa di Alessandro Aresu: un programma televisivo, Bim Bum Bam, è stato il mito fondativo di una generazione.
Per l’autore tutto ha inizio nel 1981, quando, per la prima volta, si incontrano le due fondatrici di questo immaginario collettivo: Alessandra Valeri Manera, responsabile Fininvest (poi Mediaset) della TV per ragazzi, e la cantante Cristina d’Avena.
Il successo di Bim Bum Bam, secondo l’autore, non è legato solo alla loro collaborazione. Altri aspetti hanno contribuito alla fortuna del programma:
- giovani conduttori come Paolo Bonolis, diventato poi uno dei “volti noti” della televisione contemporanea
- un pupazzo di nome Uan, posto nel ruolo di presentatore
- la partecipazione di bambini come Alessandro Gobbi, invidiato per tale ragione da molti coetanei.
Oltre a ricostruire il contesto culturale della sua generazione, l’autore ha un obiettivo più ambizioso:
Lo scopo di questo libro è chiarire il ruolo della Generazione Bim Bum Bam nella storia recente dell’Italia, illustrando la prospettiva della Generazione Bim Bum Bam, e quindi restituendo l’Italia a chi la abita. […] Molti dei nostri problemi derivano dal mancato riconoscimento dell’importanza della Generazione Bim Bum Bam.
Per spiegarlo Alessandro Aresu propone una serie di domande, alle quali dà “risposte precise”. Prima in forma sintetica, poi in maniera più estesa e ragionata.
Efficacia e limiti del libro
Lo schema sopra descritto evidenzia la formazione umanistica dell’autore, laureato in Filosofia. La struttura “domanda e risposta” infatti è presente in testi come Lettere a Lucilio di Lucio Anneo Seneca.
La scelta di Alessandro Aresu ha due innegabili vantaggi: delimita i nuclei tematici del discorso e chiarisce meglio al lettore i problemi posti dallo scrittore. Una soluzione particolarmente convincente nella prima parte del libro, dove Alessandro Aresu ricostruisce la nascita di Bim Bum Bam e sottolinea i suoi legami con la politica italiana.
In queste pagine i significati culturali di Hello Spank, I Cavalieri dello Zodiaco e Lady Oscar si sovrappongono ad altre riguardanti il “Fattore B.”, Eugenio Scalfari, Marco Travaglio e la dietrologia italiana.
Ciò che lega tutte le tematiche è la critica, portata avanti dall’autore, contro la “nazione del sangue e del mistero”. Una generazione nostalgica della Prima Repubblica, ancora sofferente per la morte di Aldo Moro e Pier Paolo Pasolini, che condanna la mentalità “bambocciona” dei giovani cresciuti con Bim Bum Bam.
Alessandro Aresu sottolinea l’inconsistenza di una simile accusa, sostenendo che i cartoni giapponesi abbiano trasmesso valori positivi come l’amore, l’amicizia e l’accettazione della sofferenza.
Ironizza inoltre contro un’ipotesi, largamente diffusa nell’opinione pubblica, che le reti Mediaset – e quindi anche i cartoni trasmessi in quei canali – abbiano condotto un “Grande Piano di Lobotomizzazione” per influenzare le masse. In una pagina del libro, ad esempio, Alessandro Aresu scrive:
Sono stati i cartoni animati giapponesi a ridurci così. È stato il sistematico sfruttamento del corpo femminile che abbiamo visto in Lady Oscar a trasformarci, per farla breve, in una nazione di mercificatori e sfruttatori di lunga lena.
Lo scrittore contesta l’ipotesi del “Grande Piano di Lobotomizzazione”, considerandola estremamente semplificatrice e approssimativa perché «la realtà sfugge da ogni rappresentazione paranoica, apocalittica e complottistica».
Un errore nel quale, secondo Alessando Aresu, non dovrebbe cadere la “generazione Bim Bum Bam”, per evitare il prolungamento di una crisi culturale (ed economica) in apparenza senza soluzione.
I ragionamenti di Alessandro Aresu conservano, in queste pagine, una certa coerenza. Gli argomenti affrontati sono innumerevoli, ma si limitano ad analizzare la realtà italiana e risultano familiari ad un giovane cresciuto tra gli anni ’80 e ’90.
Nella seconda parte del libro, lo scrittore amplia l’orizzonte tematico alla politica e all’economia internazionale. Argomenti che, partendo dalle critiche delle pagine precedenti, dovrebbero spiegare meglio le cause del declino italiano. Ma qui le riflessioni di Alessandro Aresu risultano meno consequenziali.
La ragione principale è legata al “macroargomento” dei cartoni giapponesi. L’autore continua a citarli, ma, rispetto alla prima parte, formula meno riflessioni di largo respiro che colleghino le serie animate con la politica e l’economia.
La scelta di Alessandro Aresu è discutibile perché indebolisce la coerenza tematica del libro, che, nei cartoni giapponesi, dovrebbe trovare il suo principale filo conduttore.
Un altro aspetto che convince poco è l’inserimento di tematiche simili:
- la figura di Deng Xiaoping, il politico che ha guidato la crescita economica della Cina tra gli anni ’80 e ’90
- le riflessioni su Chunxian Chen, che ha trasformato l’area del Zhongguancun nella “Silicon Valley” cinese
- il ricordo di Shigeru Miyamoto, il “padre” di videogiochi di successo come Super Mario, Donkey Kong e The Legend of Zelda.
Argomenti familiari ad Alessandro Aresu, regolare collaboratore di Limes (una rivista specializzata in geopolitica ed economia internazionale), ma non per le fasce meno scolarizzate della “generazione Bim Bum Bam”.
Considerato il titolo del libro, esso dovrebbe avere un intento divulgativo oltre che rivolgersi ai giovani cresciuti tra gli anni ’80 e ’90. Ma com’è possibile pensare che la geopolitica e l’economia internazionale siano materie facilmente comprensibili a TUTTI i coetanei dell’autore?
In conclusione
Il principale problema del libro, in definitiva, resta la disorganicità tematica. Non basta la coerenza stilistica, che alterna continuamente il registro comico ad uno più “serio”, per rimediare a questo aspetto del testo. Il libro offre comunque riflessioni interessanti e rimane una lettura “obbligata” per chiunque voglia conoscere meglio la “cultura dei cartoni animati”. E non solo nel segno della nostalgia.
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