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Le teste di Moro sono in ceramica di Caltagirone per eccellenza, il gioiello dell’artigianato siculo, sono divenute uno dei simboli più rappresentativi dell’isola siciliana e della “Sicilianità”. Questi oggetti vengono utilizzati in modi diversi, come elemento decorativo dei salotti dei siciliani, sono ovunque si vedono nei giardini, nelle terrazze e adornano originariamente i balconi delle abitazioni.

Le teste di Moro hanno dietro una storia molto antica e importante, in siciliano note anche come “Graste”, si nasconde una storia d’amore fatta di gelosia, passione, tradimenti e vendetta. Quindi, il nome “teste di Moro” è collegato alle storie e ai racconti popolari riguardanti i mori, che dominarono la Sicilia, nel corso dei secoli. La leggenda venne infatti trasmessa alle opere dell’artigianato una sorta di magia, con formazione di un legame con il territorio dove vengono create, la Sicilia.

Nonostante il termine “Mori” sia ampiamente utilizzato nell’arte, nella letteratura e nei libri di storia, non descrive in realtà una specifica razza o etnia. Questo concetto è stato usato per descrivere il regno dei musulmani in Spagna, gli europei di origine africana e altre popolazioni nel corso dei secoli. La parola deriva dal latino “Maurus” ed è stata originariamente usata per riferirsi ai Berberi e altri popoli dell’antica regione romana della Mauretania, nell’attuale nord Africa. Con il passare del tempo il significato è stato esteso ai musulmani, che vivevano in Europa. All’inizio del Rinascimento, “moro” e “moresco” venivano utilizzati, anche, per descrivere qualsiasi persona di pelle nera.1

I segni della convivenza pacifica tra musulmani, ebrei e cristiani, sono ancora visibili nelle città di Federiciana e, in provincia di Foggia, particolarmente evidenti a Lucera. Possiamo constatare a riguardo visitando il museo civico G. Fiorelli e osservando la sezione medievale con reperti archeologici, che mostrano la produzione ceramica e gli abitanti dell’epoca: i “mori”.2

La storia si svolge nel quartiere della Kalsa, nel cuore di Palermo. Il nome Kalsa ricorda la dominazione dei mori, deriva dalla parola di origine araba al-khalisah, che significa pura/eletta, è usato come nome di donna. Il ricercatore italiano Emanuele Riccobene ne scrive:

La leggenda, ambientata nella Palermo dell’XI secolo, nell’attuale quartiere della Kalsa, vuole che, un giorno, un giovane musulmano – in Sicilia i musulmani vengono definiti “mori” –, passeggiando per strada, vide una giovane e bella donna siciliana affacciata al balcone mentre innaffiava del basilico; il giovane si innamorò all’istante, ricambiato. I due si incontrarono spesso ma, ad un certo punto, egli comunicò alla donna che sarebbe dovuto tornare in patria dove lo attendevano le mogli. A quel punto la giovane, presa dalla gelosia, con un gesto rabbioso, mozzò la testa dell’amato e, dopo averla svuotata, la utilizzò come vaso per il suo basilico, che innaffiava con le proprie lacrime. Lacrime d’amore, che rendevano il basilico di quel “vaso” il più bello e rigoglioso di tutta Palermo. Ciò destò l’invidia degli altri abitanti del quartiere i quali, per non essere da meno, iniziarono a farsi costruire vasi simili a quella testa. 3

La gente del quartiere, invidiosa per quel stupendo vaso a forma di testa esposto sul balcone della ragazza, si recò dai ceramisti del posto per farsene realizzare una copia. Da quel momento, le Teste di Moro vengono riprodotte sempre in coppia, anche, nella versione femminile, che rappresenta la fanciulla vendicativa.4

Un’altra versione, tramandata secondo redazioni differenti, scrive Giusi Patti Holmes:

Secondo un’altra versione, invece, una fanciulla siciliana, di nobili origini, visse un amore clandestino con un giovane arabo e, per questo atto disonorevole, fu punita con la decapitazione di entrambi. La vergogna di quell’amore fu, inoltre, proclamata dall’affissione di entrambe le teste, trasformate per l’occasione in vasi, su di una balconata. Questa visione sarebbe servita da monito a chi avesse osato abbandonarsi a passioni illecite e disdicevoli.5

La seconda versione della macabra leggenda delle teste di moro, è quella raccontata da Boccaccio nelle novelle del suo Decamerone. La storia ambientata a Messina, dove la protagonista principale è Lisabetta6 una ragazza nobile orfana, che è gelosamente custodita dai suoi tre fratelli, erano diventati ricchi ereditando le attività del padre defunto:

Lisabetta si innamora di Lorenzo, un ragazzo pisano che lavorava per la famiglia della ragazza. La storia d’amore va avanti in segreto fino a quando i tre fratelli la scoprono mentre esce per incontrare il suo amante e decidono così di mettere fine alla relazione per non infangare il buon nome della famiglia.

Con la scusa di un affare da condurre fuori città, i fratelli conducono Lorenzo nelle campagne messinesi e lo uccidono, nascondendo il suo corpo in una fossa poco profonda. Al loro ritorno a casa, dicono alla sorella che Lorenzo è semplicemente partito per affari. Ma dopo una lunga assenza, Lisabetta inizia a preoccuparsi per la mancanza di sue notizie, soprattutto dopo una partenza improvvisa. Una notte, Lorenzo le appare in sogno dicendole che è stato ucciso dai suoi fratelli e descrivendo il luogo dove il suo corpo è sepolto. Decisa a trovarlo, ottiene dai fratelli il permesso di fare una gita in campagna con la sua serva. Trovato il corpo di Lorenzo e non potendo dare al suo amante la sepoltura che merita, impazzita dal dolore gli taglia la testa per portarla a casa con sé. Giunta nella sua stanza, nasconde la testa in un vaso e ci pianta del basilico. La pianta fiorisce, innaffiata dalle lacrime di disperazione della giovane. Vedendo lo strano comportamento di Lisabetta, i suoi fratelli scoprono la testa di Lorenzo e temendo che rappresenti una prova del loro crimine, se ne sbarazzano, abbandonano Messina e fuggono a Napoli lasciandosi dietro una sconvolta Isabella che alla fine muore di crepacuore.7

In realtà, questa leggenda ha ispirato diverse generazioni di artigiani siciliani e non, che hanno reso questi vasi tradizionali delle vere e proprie opere d’arte, citiamo per esempio Bensik Harizaj, a cui la scrittrice Lucia Andreano ha dedicato il libro A mani nude, che racconta la sua vita dalla fuga in Sicilia alla realizzazione umana e professionale. “Era quella che mi interessava raccontare, quel percorso iniziato nelle campagne dell’Albania ancora sotto il regime comunista, gli sforzi di Besnik, che ha dovuto lottare, anche, contro le scelte, che gli volevano imporre la sua famiglia prima e, lo Stato dopo. Ma dentro di lui c’era un talento artistico straordinario, quello che gli ha dato la forza di lottare per raggiungere i suoi obiettivi. Sì, oggi è un ceramista conosciuto in mezzo mondo, le sue opere sono nei film di Verdone, nelle vetrine di Dolce&Gabbana, esposte e comprate in America. Ma la parte più intensa è quella che porta sino all’imbocco di questa via che segna il successo”.8

Le sue Teste di Moro sono diverse dai modelli classici: pregiatissime sculture interamente decorate da frutta e fiori, con rifinitura con smalto bianco lucido e, dipinte con colori caldi. Con la sua Regina di Sicilia, dallo sguardo dolcissimo e dalla fantasia splendente, Harizaj si aggiudica il titolo più importante la Palma d’Oro per l’Arte.9

Per la prima volta una pièce teatrale ispirata alla leggenda delle teste di Moro andata in scena al Teatro Sant’Eugenio di Palermo, il 26 Aprile 2019 – Direzione Artistica Pupella – “Teste di Moro”, scritto da Lavinia Pupella e Mirko Ingrassia, per la regia di Luca D’Angelo.

Il regista afferma in un’intervista:

“Quando mi è stato proposto sono stato subito incuriosito dalla sua non convenzionale struttura drammaturgica e dalla sfida che ne poteva nascere in un sua eventuale messa in scena, sotto il profilo registico e scenografico, alla luce anche della frenetica successione delle scene che raccontano nella loro cronologica scansione una leggenda/favola dal sapore noir. Anima e sangue – aggiunge – connotano la storia in un gioco di specchi in cui i personaggi sorridono con un ghigno irriverente ad una realtà piuttosto amara e distorta che diviene fattuale nella continua ricerca della propria sopravvivenza, in un tempo oscuro pregno di cattiveria ed inganno. Il cinismo, a volte contornato da una pavida e cruda ironia, è emblema di un tempo passato, sempre più attuale, che in una veste dogmatica riporta all’immaginario di ognuno di noi un tempo vissuto in una realtà stereotipata all’interno del carillon della vita”, conclude.10

Nel 1971 esce nelle sale cinematografiche il Decameron, composto da 9 episodi, corrispondenti alle stesse novelle boccacciane. Pasolini dedica una lunga scena iniziale a uno degli incontri notturni di Lisabetta e Lorenzo. In questa quinta novella,che si svolge il quarto giorno, Lisabetta (da Messina), cui i fratelli hanno ucciso il giovane amante, taglia la testa al cadavere per conservarla in un vaso nel quale pianta del basilico.

Il sacerdote salesiano don Donzelli ha presentato una descrizione sulle teste di Moro:

Cari ragazzi, voi non lo sapete, ma quando si parla di testa di Moro molta gente pensa immediatamente alla Sicilia. Tutti immaginano i celebri vasi di ceramica colmi di piante e fiori con questi volti così tipici e affascinanti. Di fronte a questi celebri manufatti, rimangono affascinati e, soprattutto, incuriositi. Ora ho capito che non solo non eravate a conoscenza di simili vasi ma non sapevate quale storia c’è dietro alle teste di Moro siciliane. Questo celebre simbolo rappresenta la nostra isola in tutto il mondo e custodisce un interessante segreto. Pensate, infatti, che quei colori e quelle forme nascono da amore, gelosia, e vendetta…” 11

La terza versione venne raccontata da Antonino Navanzino, docente di Disegno e Storia dell’Arte e Storico della Ceramica:

Il mio pensiero caro lettore, va al “mastro cannataro” di Calatagerun – Qal’at al Ghiran che, mille anni or sono in una notte di cielo stellato fu svegliato di nascosto da alcuni soldati del Re normanno. Questi, costrettosi ad aprire la sua “putja” nel pieno della notte, per ordine della Principessa fu obbligato dalla volontà di Ella ad eseguire l’antropomorfo viso del suo amato Califfo saraceno decapitato, per amore che tale non avrebbe dovuto più essere. Nella pergamena riservata consegnata dai soldati al maestro artigiano, si leggeva che il viso maiolicato doveva essere cavo all’interno. All’artista, non fu dato sapere dell’uso ma, noi conosciamo, per “segreto tramandato” che lì, fu conservata la testa tranciata dell’amato principe saraceno, morto per un amore proibito[…] All’indomani, dalla terra nel vaso, spuntò una pianta profumata e a questa, la Principessa, assegnò il nome del suo amato saraceno Basiricò, il dì del primo di agosto rinasceva l’amore.”12

In realtà, questa storia di due amanti è stata originariamente riprodotta nei racconti e nella poesia popolare con diverse riprese, soprattutto nelle di studiosi di tradizioni popolari dell’Otto e Novecento come Giosuè Carducci e Giuseppe Pitrè.13

Oggi le teste di Moro sono ancora presenti in Sicilia, si possono trovare, in coppia e di diverse dimensioni, bianche o nere, decorate, esposte nei balconi lungo le vie e nei differenti locali sul territorio. Ogni coppia sarà unica e, per quanto simili, non si troveranno mai due Teste di Moro identiche! Sono ormai un simbolo riconosciuto in tutto il mondo, dando vita alla Sicilia e modificando il significato della storia da simbolo di gelosia e tradimento e rappresaglia a simbolo di ricchezza, prosperità e vita.

Riferimenti bibliografici

  • Blakemore E., Chi erano i Mori?, in, .nationalgeographic.it, pubblicato 18 dic 2019
  • Branca V., (a cura di), Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, Vol. IV: Decameron, Coll. I meridiani, Milano: Mondadori, 1985
  • Candiani R., Marinai, mercanti, seduttori tra Sicilia e Tunisia, in, Dialoghi Mediterranei, pubblicato il 1 luglio 2019
  • Holmes G., La leggenda delle Teste di Moro, tra Eros e Thanatos, in, ilsicilia.it, scritto in data 24 Gennaio 2019
  • Il Decameron di Giovanni Boccaccio, narrata da Filomena nella Giornata IV, novella 5
  • Il movimento antirazzista del Black Lives Matter nel Medioevo, in, trawellit, giu 03 2020
  • Le teste di Moro in Sicilia tra storia e leggenda, in, ilgiornaledipantelleria, pubblicato 25 gennaio 2022
  • Montano I., Teste di moro: il simbolo della ceramica di Caltagirone, in, ICrewPlay Arte E Cultura, pubblicato in data 8 novembre 2020
  • Navanzino A., «Correva l’anno del Signore 1090 in una notte di fine luglio», articolo pubblicato in data 25 marzo 2017, in, siciliastoriaemito.altervista.org/
  • Riccobene E., Teste di Moro e Pupi siciliani: la cultura e l’identità della Sicilia dietro i suoi souvenir, il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”, scritto in data: 20 ottobre 2021
  • Teste di Moro”, quando il teatro racconta la leggenda, in, blogsicilia.it, Il debutto il 26 aprile a Palermo

1Da Erin Blakemore, Chi erano i Mori?, in, .nationalgeographic.it, pubblicato 18 dic 2019

2Il movimento antirazzista del Black Lives Matter nel Medioevo, in, trawellit, giu 03

3Emanuele Riccobene, Teste di Moro e Pupi siciliani: la cultura e l’identità della Sicilia dietro i suoi souvenir, il blog “La Tutela del Patrimonio Culturale”, scritto in data: 20 ottobre 2021

4Ved, Ilaria Montano, Teste di moro: il simbolo della ceramica di Caltagirone, in, ICrewPlay Arte E Cultura, pubblicato in data 8 novembre 2020

5Giusi Patti Holmes, La leggenda delle Teste di Moro, tra Eros e Thanatos, in, ilsicilia.it, scritto in data 24 Gennaio 2019

6Lisabetta da Messina o anche Elisabetta è la protagonista di una novella del Decameron di Giovanni Boccaccio, narrata da Filomena nella Giornata IV, novella 5

7Ved, Vittore Branca (a cura di), Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, Vol. IV: Decameron, Coll. I meridiani, Milano: Mondadori, 1985

8Ilaria Montano, op. cit

9Ibidem

10“Teste di Moro”, quando il teatro racconta la leggenda, in, blogsicilia.it, Il debutto il 26 aprile a Palermo

11Le teste di Moro in Sicilia tra storia e leggenda, in, ilgiornaledipantelleria, pubblicato 25 gennaio 2022

12«Correva l’anno del Signore 1090 in una notte di fine luglio», cit. di Antonino Navanzino, articolo pubblicato in data 25 marzo 2017, in, siciliastoriaemito.altervista.org/

13Ved, Rosy Candiani, Marinai, mercanti, seduttori tra Sicilia e Tunisia, in, Dialoghi Mediterranei, pubblicato il 1 luglio 2019

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