Di Kais Ben Salah
Il pensiero di Ibn Khaldūn ha iniziato ad essere conosciuto in Europa nel diciannovesimo secolo. Malgrado la sua età, la Muqaddima è stata considerata subito come un’opera portatrice di un pensiero moderno e non medievale.
“Per oltre un secolo Ibn Khaldūn fu considerato dagli studiosi europei come una figura isolata, emergente dalle tenebre della decadenza araba dell’epoca.” [1]
All’inizio del novecento la grandezza e la modernità di Ibn Khaldūn fu riconosciuta da Arnold Tounbee, che dichiarò che la Muqaddima è
“la più grande opera di filosofia della storia mai concepita da alcuna mente in alcun tempo o luogo”[2]
Visto la mancanza di una traduzione all’italiano della Muqaddima, spero che queste poche pagine consentiranno al lettore italiano di cominciare ad addentrarsi nei meandri di una riflessione sofisticata sullo studio della storia, sulle forme del potere e sull’evoluzione delle istituzioni islamiche tra le quali fondamentale è il califfato.
L’edizione del testo arabo a cui si è fatto riferimento è Ibn Khaldûn, la Muqaddima, Edizione egiziana del 1925.
Il servo di Dio, che ha bisogno della clemenza del suo Signore, ma che è ricco della sua bontà, ‘Abd ar-Rahmân Ibn Muhammad Ibn Khaldûn al-Hadrami, che Dio lo sostiene, dice:
Sia lodato Dio, che possiede l’orgoglio e la potenza, che tiene in mano i regni del visibile e dell’invisibile, che ha i nomi e gli attributi più belli! Egli è l’Onnisciente: nulla gli è estraneo che sia sussurrato all’orecchio o protetto dal silenzio. Egli è l’Onnipotente: niente, in cielo o in terra, è al di là delle sue forze o può sfuggirgli.
Ci ha creati dalla terra e ci ha resi umani. Ci stabilì sulla terra e ci divise in generazioni e in nazioni. Dalla terra ha attinto per noi la nostra sussistenza e la nostra parte di ricchezza. Troviamo rifugio nel grembo delle nostre madri, poi nelle nostre case. Le provviste e il cibo ci sostengono. I giorni e le ore ci logorano. La fine della vita ci reclama all’ora fissata per noi. Lui dura e persiste. È il vivente che non muore.
Preghiera e pace sul nostro Signore e Maestro Muhammad, il profeta arabo, menzionato e descritto nella Tōrāh e nel Vangelo. Per la sua nascita, l’universo fu agitato prima che i sabati succedessero alle domeniche, prima che Saturno si separasse da Behemoth.[3] Della sua verità erano testimoni la colomba e il ragno.[4]
Salute alla sua famiglia e ai suoi compagni, che con il zelo di amarlo e di seguirlo, acquistarono una gloria immortale, e per sostenere i suoi sforzi, rimasero uniti in un solo corpo (gruppo), mentre la discordia regnasse tra i loro nemici! Possa la preghiera e la salvezza di Dio essere su di lui e su di loro, finché la fortuna accompagnerà l’Islam e l’incredulità sarà privata di ogni sostegno.
Veniamo al nostro argomento
La storia è uno di quei saperi che si trasmettono da un popolo ad un altro e di generazione in generazione. La storia attira gli studenti da paesi lontani, e la cui acquisizione è voluta anche dalla gente volgare e oziosa; re e nobili la cercano e gli ignoranti la capiscono così come le persone istruite.
Vista dall’esterno, la storia non è altro che racconti di giorni gloriosi e di dinastie, oltre che dei secoli più remoti. È per lei che abbiamo adoperato uno stile ornato e utilizzato espressioni figurative che fanno il fascino delle assemblee letterarie, dove ci si accalca in mezzo alla folla.
È lei che ci insegna a conoscere le rivoluzioni subite da tutti gli esseri viventi, l’espansione delle dinastie e il loro stabilirsi sulla terra fino al giorno della loro scomparsa.
Ma, vista dall’interno, la storia è ricerca speculativa e verifica, uno studio attento delle cause e dei princìpi dell’esistente, e una conoscenza approfondita delle circostanze e delle cause degli eventi. Essa ha quindi il suo fondamento e le sue radici nella saggezza e merita ampiamente di essere considerata una delle sue scienze.
I grandi storici musulmani hanno esaurientemente raccolto i resoconti dei giorni gloriosi; li raccolsero e li registrarono nei loro libri, ma i ciarlatani (della storiografia) ne hanno introdotto di nascosto bugie, frutto della loro illusione o della loro invenzione, adornate con delle tradizioni falsificate o fabbricate. La maggior parte dei loro successori si limitarono a seguire le loro orme e a seguire il loro esempio. Ci hanno trasmesso queste storie così come le avevano udite, senza preoccuparsi di cercare le cause degli eventi o di prendere in considerazione le circostanze ad essi connesse. Non hanno mai disapprovato o rifiutato una narrazione favolosa, perché il talento del verificare è molto raro. La critica è generalmente molto limitata; l’errore e l’incomprensione accompagnano l’indagine sui fatti e vi sono tenuti da uno stretto legame e affinità. Lo spirito d’imitazione è innato negli uomini e resta attaccato alla loro natura; anche le varie branche del sapere offrono un ampio spazio alla ciarlataneria; il campo dell’ignoranza offre sempre il suo malsano pascolo; ma la verità è un potere a cui nulla può resistere, e la menzogna è un demone che indietreggia colpito dallo splendore della ragione. Il semplice narratore non fa altro che riportare e dettare i fatti; ma spetta alla critica fissare lo sguardo e riconoscere ciò che può essere autentico; e spetta alla conoscenza far emergere la verità; e trovare nella scienza la chiarezza e lo splendore di ciò che è giusto.
Molti sono coloro che hanno composto raccolte di storia, raccolto e registrato “cronache” di nazioni e di dinastie in tutto il mondo, ma tra loro pochi hanno raggiunto notorietà e hanno goduto di fiducia e considerazione, dopo aver riportato nelle proprie opere le raccolte dei predecessori.
Il numero di questi bravi autori supera appena quello delle dita della mano, o il numero delle vocali. Tali sono Ibn Ishâq, at-Tabarî, Ibn al-Kalbî, Muhammad Ibn ‘Umar al-Wâqidî, Sayf Ibn ‘Umar al-Asadî, al-Mas’ûdî e alcuni altri autori famosi che si distinguono dal comune.
Tuttavia, una cosa riconosciuta e nota tra gli studiosi affidabili e tra gli eruditi di fiducia, è che le opere di al-Mas’ûdî e al-Wâqidî contengono molti aspetti che sono aperti a critiche e sospetti. Ciò non ha impedito alla maggior parte degli storici di dare la preferenza ai resoconti di questi due autori, di seguire il loro metodo di composizione e di seguirne le tracce. Spetta al critico lucido appellarsi al proprio giudizio per determinare la falsità o l’accuratezza delle informazioni. Gli eventi che hanno luogo nella società umana presentano caratteristiche di natura particolare, caratteristiche di cui bisogna tener conto quando ci s’impegna a raccontare i fatti o a riprodurre resoconti e documenti che si riferiscono a tempi passati.
La maggior parte delle cronache lasciate da questi autori sono scritte sullo stesso piano (senza date) e hanno per oggetto la storia generale dei popoli; circostanza che va attribuita all’occupazione di tanti paesi e regni da parte delle due grandi dinastie musulmane fiorite nei primi secoli dell’islamismo. Alcuni di questi scrittori hanno affrontato nelle loro narrazioni tutti i popoli e tutti gli imperi che esistevano prima dell’instaurazione dell’Islam, e hanno composto trattati sulla storia universale. Tali erano al-Mas’ûdî e i suoi imitatori. Tra i loro successori un certo numero abbandonò questa universalità per confinarsi in una cerchia più ristretta; dove si registravano i fatti noti di un’epoca, si raccoglievano storie relative a un paese o a una regione, e si accontentava di narrazioni relative a una dinastia o a una capitale. Ciò è stato il caso, ad esempio, da Ibn Hayyân, lo storico dell’Andalus e dalla dinastia degli Omayyadi di Cordoba, da Ibn Ar-raqîq, lo storico di Ifrîqiya e dalle dinastie del Qayrawan.
In seguito non ci furono che semplici imitatori di carattere limitato e di scarsa intelligenza, che riproducevano pedissequamente il modello dei loro predecessori, insensibili alle condizioni generali, ai mutamenti di costumi avvenuti all’interno delle nazioni nel corso del tempo. Questi uomini attinsero dalla storia delle dinastie e dei secoli passati una serie di storie che possono essere considerate vani simulacri privi di sostanza, come foderi senza lame; storie di cui il lettore ha il diritto di diffidare, perché non può sapere se sono antiche (e autentiche) o moderne (e fabbricate). Così parlano di eventi di cui non indicano l’origine, di specie di cui non considerano i generi né determinano le differenze, riproducendo letteralmente le storie banali, fedeli agli autori antichi che se ne occuparono.
Trascurarono così ciò che è proprio delle nuove generazioni, incapaci di esserne interpreti, e i loro libri tacciono su questo punto. Se hanno a che fare con una dinastia, infilano le storie una dopo l’altra, vere e immaginarie, come le sono state trasmesse. Non si preoccuparono né di raccontare l’inizio delle dinastie, né di indicare le ragioni che le portarono all’apice del loro potere, né di spiegare il loro crollo e la loro fine. Il lettore quindi cerca invano di riconoscere l’origine degli eventi, la loro importanza relativa e le cause che li hanno prodotti, simultaneamente o successivamente; non sa come sollevare il velo che nasconde le differenze o le analogie che questi eventi possono presentare. Tutto ciò sarà spiegato nell’Introduzione di questo lavoro.
Vennero poi altri autori che scrissero opere di un’estrema brevità, nelle quali si accontentavano di dare i nomi dei sovrani, distaccati dalle genealogie e dai racconti, con indicazioni numeriche della durata dei loro regni, come il libro di Ibn Rashiq “Mizan al Amal” e opere di altri storici insignificanti che hanno seguito le sue orme. Nessuno di loro merita considerazione, né gode di autorità, né possa essere considerato degno di posterità. Perché hanno trascurato ciò che è utile, e hanno abbandonato i loro costumi e le strade tracciate dagli storici.
Dopo aver letto le opere degli storici e scandagliato le profondità di ieri e di oggi, mi sono svegliato dal torpore e dal sonno dell’incoscienza e mi sono lasciato convincere a scrivere, sebbene non mi riconosca alcun talento. Così ho scritto un libro sulla storia, in cui ho alzato il velo che copriva le origini delle nazioni. L’ho diviso in capitoli, alcuni dei quali contengono l’esposizione dei fatti, gli altri, invece, contengono delle considerazioni generali. In primo luogo ho indicato le cause che hanno portato alla nascita degli imperi e della civiltà, prendendo come soggetto primario del mio lavoro, la storia delle due razze che, ai nostri tempi, abitano il Maghreb e l’hanno riempito di province e di città. Dove ho parlato delle dinastie di lunga durata e degli imperi di breve durata fondati da questi popoli e ho indicato i principi e i guerrieri che hanno prodotto nei tempi antichi. Queste due razze sono gli arabi e i berberi, le uniche nazioni che, come tutti sanno, occupano il Maghreb. Inoltre, è attestato da così tanto tempo che questi due popoli vivevano nel Maghreb e vi si stabilivano, che è difficile immaginare l’esistenza di altri popoli in questo paese, e che i suoi stessi abitanti non siano a conoscenza dell’esistenza di popoli diversi da loro.
Ho prestato la massima cura per presentare correttamente gli argomenti trattati in questo lavoro e per facilitarne l’accesso da parte degli studiosi e dell’élite. Ho adottato un metodo insolito nell’ordine di presentazione e nella divisione in capitoli, per questo ho scelto un percorso che sorprenderà il lettore, un processo e un sistema tutto mio.
Nell’affrontare ciò che è relativo alla civiltà, all’adozione dello stile di vita urbano, alle caratteristiche essenziali della società umana, ho fornito spiegazioni che consentono al lettore di scoprire le cause degli eventi e di vedere per quali vie salirono al potere i fondatori delle dinastie. Possiamo così evitare l’imitazione e cogliere le condizioni dei tempi e il susseguirsi delle generazioni.
Ho diviso il mio lavoro in un’introduzione e tre libri. L’Introduzione affronta la superiorità della scienza della storia, presenta un resoconto dei suoi metodi ed evoca gli errori degli storici.
Il primo libro tratta della civiltà e dei suoi accidenti essenziali, del potere e del governo, dell’acquisizione della ricchezza, dei mezzi di sussistenza, delle arti e delle scienze e ne spiega le ragioni e le cause.
Il secondo libro è dedicato alla storia degli arabi, con le loro generazioni e le loro dinastie, dall’inizio della creazione fino ai nostri giorni. Include anche la menzione di alcune delle famose nazioni e Stati contemporanei agli arabi, come i nabatei, i siriani, i persiani, gli israeliti, gli egizi, i greci, i romani, i bizantini e i turchi.
Il terzo libro tratta della storia dei berberi e degli zeneti, dei loro vicini, nonché dei loro inizi, delle loro diverse generazioni, del loro potere e delle loro dinastie, in particolare nelle regioni del Maghreb.
Avendo poi compiuto il viaggio in Oriente per trarne luce, compiere il dovere del pellegrinaggio e conformarsi all’esempio del Profeta visitando la Mecca e facendo il giro della Santa Casa, ho avuto modo di esaminare i monumenti, gli archivi e i libri di questa regione. Ho quindi acquisito ciò che prima mi mancava, vale a dire la conoscenza della storia dei sovrani stranieri che dominavano questa regione, nonché delle dinastie turche e dei paesi ad esse assoggettati.
Aggiunsi queste informazioni a quanto già avevo scritto, inserendole nei capitoli dove avevo parlato delle nazioni dei diversi distretti, dei re delle varie città e regioni lontane, che furono contemporanei di queste generazioni di arabi e di berberi. Mi sono schierato dalla parte della brevità e della concisione, optando per le soluzioni più semplici ed evitando le complicazioni, esponendo prima le genealogie generali e passando poi alle storie specifiche.
Entrando dalla porta delle cause generali, nello studio dei fatti particolari, ho abbracciato, in una narrazione completa, la storia del genere umano. Questo libro può essere considerato il vero domatore di tutto ciò che è più ribelle tra i princìpi filosofici che sfuggono all’intelligenza; dove assegna agli eventi politici le loro cause e le loro origini, e forma una raccolta filosofica e un repertorio storico.
Poiché questo mio libro contiene la storia degli arabi e dei berberi, abitanti delle città e delle tende; nonché l’evocazione dei grandi Stati contemporanei di questi popoli; e poiché fornisca lezioni ed esempi istruttivi che toccano le cause primarie degli eventi e i fatti che ne derivano, gli ho dato il titolo di: “Il libro degli esempi e la Raccolta del soggetto e dell’attributo [o: delle Origini e della storia dei popoli], contenente la storia degli arabi, dei popoli stranieri, dei berberi e dei grandi sovrani del loro tempo.”
Non ho omesso nulla dell’inizio delle generazioni e degli Stati, delle sincronicità delle nazioni antiche, delle cause dei fatti e dei cambiamenti nelle epoche passate e nelle comunità religiose passate, e di tutto ciò che accade nella civiltà, come gli Stati e le religioni, le città e i villaggi, il potere e la debolezza, la grandezza e la piccolezza, le scienze e le arti, le acquisizioni e gli sprechi, le condizioni comuni mutevoli, i nomadi e i sedentari, le cose presenti e future. Ho trattato tutto questo in modo esaustivo, presentando sempre gli argomenti e le cause.
Ecco un libro unico, dove ho raccolto conoscenze insolite, verità vicine a noi ma velate. Tuttavia, sono convinto della mia imperfezione, rispetto agli studiosi che verranno nei prossimi secoli. Riconosco la mia incapacità di illuminare di più un campo di ricerca così vasto, spero che le persone che hanno l’abilità e le conoscenze considerino questo lavoro con un occhio critico, senza compiacimento e siano abbastanza brave da mostrare indulgenza nel correggere gli errori.
Il mio contributo è di scarso valore rispetto a quello degli studiosi, tuttavia, riconoscendo i miei errori, oso sperare di sfuggire al biasimo e di conquistare la benevolenza dei colleghi (gli storici). Che Dio faccia consacrare sinceramente le nostre opere al suo volto generoso; mi affido a lui, che eccellente protettore!
Note
[1]Giuliana Turroni, Il mondo della storia secondo Ibn Khaldūn, Jouvence, Roma, 2002, p. 37.
[2]A. J. Toynbee, A study of history, Oxford University Press, Oxford 1934, Vol. III, p. 332.
[3]اليهموت il senso della parola non è chiaro, però si dice che secondo la leggenda è il pesce che porta «la vecchia terra » sulla schiena…
[4]Vedi la storia nel curano سورة التوبة sūrāt āttauba.