Un’analisi della storica dell’arte Gabriella Anedi sulle nuove strutture moderne di Parco Vittoria, in cui rivede scorci dei quadri di Giorgio De Chirico e i suoi spazi metafisici. La nuova Milano, secondo la gallerista, è da guardare con occhi nuovi per permette di rivedere le geometrie e le nuove architetture come vere e proprie opere d’arte, proprio come fece in principio De Chirico con Piazza Santa Croce di Firenze.
“Passeggiando per la nuova Milano è possibile ritrovarsi in uno dei quadri di Giorgio De Chirico” afferma Gabriella Anedi, storica dell’arte e curatrice di eventi con la Galleria Fiber Art and… di Milano. Se da una parte è possibile ritrovare l’imponente altezza delle torri di Citylife e dall’altra la complessa struttura di Porta Nuova, è in Parco Vittoria che si possono trovare tanti scorci del genio dechirichiano, l’artista che ha fatto della pittura metafisica un nuovo modo di guardare gli spazi esistenti oltre l’apparenza della realtà.
“La città per parti proposta dal piano si confronta con una figurazione cinetica che le relaziona attraverso la durata e il movimento del pedone”: partendo dalle parole dell’architetto Pietro Valle, che ha gestito lo sviluppo di Piazza Gino Valle, dedicata proprio a colui che ha pensato e progettato l’intera area, Gabriella Anedi scorge nella piazza di Parco Vittoria echi dechirichiani: “Finalmente una piazza vuota, uno spazio di decantazione dal frastuono e dallo shopping compulsivo: è straordinario vivere il silenzio tra la bellezza dei volumi purissimi degli edifici che qui si affacciano. Tipologie di autori differenti si dispongono su questa piazza inclinata che sembra ruotare intorno a chi la attraversa, che costruisce orizzonti spaesanti oltre i quali si stagliano prismi riflettenti o verdi colline elicoidali. Straniamento e silenzio che provengono dalle piazze visionarie di De Chirico, enigmatiche e ferme in un tempo sospeso.
Prosegue: “Il disegno a reticolo della pavimentazione si deforma comprimendosi e dilatandosi; si moltiplicano le direttrici visive rafforzando così la percezione “dinamica” di questa piazza. Il progetto è dello studio berlinese Topotek e, in questo modo di concepire il selciato, si ritrova l’eco degli incroci ellittici di Michelangelo in piazza del Campidoglio. Ancora un grande intervento a scala urbana è rappresentato da una pagina in bronzo: 23 metri di scrittura per leggere un passaggio del testo teatrale di Giovanni Testori, “Il ponte della Ghisolfa” parzialmente “cancellato” da Emilio Isgrò. Un invito a ritornare al testo integrale indotti dall’enigma costituito dai sostantivi volutamente isolati.”
Per quanto concerne il complesso residenziale di Parco Vittoria, caratterizzato da due edifici in linea e sei a torre, si ritrovano echi di questa analoga dimensione “sospesa”: “Nelle nuove residenze progettate dallo studio Canali, il tempo si misura ancora con le ombre proiettate da una monumentale meridiana posta all’ingresso dei giardini, il silenzio è rotto solo dai giochi d’acqua, l’intimità famigliare si relaziona con gli spazi comuni delle corti ottocentesche, e le “ville” dei piani alti coesistono con il condominio per una socialità sostenibile nel grande spazio urbano. Ma se tutto questo per molti è il “nulla”, ci si domanda perché oggi la bellezza costruita nel silenzio ci appare come un “vuoto” da cui rifuggire o da riempire”.
Rileggere una metropoli come Milano sotto nuovi occhi, come fece in principio De Chirico con Piazza Santa Croce di Firenze, permette di rivedere le geometrie e le nuove architetture come vere e proprie opere d’arte in cui le scene statiche e imponenti e le diverse prospettive di un complesso come Parco Vittoria, possono diventare palcoscenici teatrali apparentemente sospesi tra cielo e terra.