Storia e leggenda si mescolano nella figura della tanto osannata eroina di Francia, Giovanna D’arco. Ma di lei in realtà cosa si sa veramente? Era davvero una messaggera del Signore o semplicemente un’invasata visionaria?
Per capire bene le vicende che portarono una ragazzotta umile e di misere origini a diventare l’intoccabile patrona della Francia, è necessario capire meglio il periodo storico in cui si sviluppò la sua vicenda. Inoltre, è utile anche riconsiderare tutti i miti che ruotano attorno a quella che fu poi chiamata la “Pulzella” d’Orleans, la cui vita ispirò numerosi artisti fra letterati, compositori, pittori e, ai giorni nostri, anche diversi registi.
Il primo mito riguarda certamente le sue origini. Jeanne d’Arc o Darc nacque nel 1412 nel villaggio di Domremy da una famiglia di agricoltori. Per conferirle un alone di sofferenza, il mito la immagina come una povera ragazza costretta ad una vita umile e miserabile, ma questo non è affatto certo. Si ipotizza che la sua famiglia avesse un discreto gregge che le permettesse una sussistenza dignitosa e quindi uno stile di vita abbastanza normale.
La vivace ragazza passava il tempo libero bazzicando nella comunità parrocchiale, dove avrebbe sviluppato una profonda sensibilità religiosa ed imparato diversi modi poco convenzionali per esprimerla (danze rituali, canzoncine, etc.), che saranno usati poi contro di lei al processo che la accusò di eresia e la portò al rogo a Rouen nel 1431, ad opera degli inglesi.
La situazione in Francia non era sicuramente facile, era coinvolta nella Guerra dei Cent’anni, che vedeva contrapporsi il proprio Regno con quello di Inghilterra. Quest’ultima non voleva che nessuna potenza europea potesse diventare troppo forte e minare la propria supremazia, soprattutto navale.
In una situazione del genere non si capisce come mai Carlo VI, l’allora re di Francia, si fece convincere non solo a dare in sposa sua figlia ad Enrico V d’Inghilterra, ma anche a firmare il trattato di Troyes che assicurava la corona di Francia ad Enrico d’Inghilterra, eliminando dai giochi suo figlio, il legittimo erede Carlo VII. Molti dicono che egli fosse ormai andato ed infermo di mente. Ed infatti, nel 1422, egli morì, e così pure Enrico V. Gli inglesi ne approfittarono subito per proclamare Enrico VI, allora bambino, re di Inghilterra e di Francia.
Ad ogni modo gli inglesi, aiutati dagli alleati borgognoni, avevano conquistato tutta la parte Nord della Francia, rivendicando antichi diritti feudali.
Orleans miracolosamente resisteva, ma era allo stremo delle forze. Il signore che la governava era prigioniero in Inghilterra e, nel Medioevo, si pensava che, in questi casi, Dio proteggesse la città contro la viltà di chi osava attaccarla a tradimento.
All’età di 13 anni, nel 1425, Giovanna iniziò a sentire le voci. Si trattava di Santa Caterina di Alessandria e i due arcangeli: Michele e Gabriele che le portavano le raccomandazioni del “Re del cielo”. Dio, infatti, attraverso i suoi messaggeri, le dava un ordine preciso: salvare la nazione dagli invasori, riportando la corona ai francesi e consacrandone il re.
Come mai Dio avesse deciso di affidare ad una donna un tale complicato compito, si può spiegare considerando che nel Medioevo non c’era una distinzione maschilista fra uomini e donne. Anzi la meritocrazia regnava incontrastata, tanto che si registrano le gesta di diverse donne anche durante le crociate (traccia di ciò si trova in diverse opere letterarie, come l'”Orlando Furioso” e “La Gerusalemme Liberata”).
Inoltre, le sue mitizzate origini povere la mettevano nella situazione in cui Dio si rivolgeva all’umile per combattere i potenti e dimostrare di essere l’unico in grado di decidere il trionfo della giustizia.
Le teorie recenti, che cercherebbero di giustificare queste visioni con uno stato di isteria instillata dal clero locale, sono state ovviamente screditate da diversi scrittori cattolici, che mai metterebbero in dubbio la missione santa della Pulzella.
Inizialmente la ragazzina, impaurita di sentire queste voci, si rinchiuse in se stessa, ma poi dovette assecondarle. Dopo diversi tentativi in cui fu letteralmente derisa, riuscì a convincere il capitano della piazzaforte di Vaucouleurs, Robert de Baudricourt, a farla scortare dal re. Nel 1429 arrivò a Chinon, ad incontrare Carlo VII, Delfino di Francia e futuro re, estromesso dagli inglesi dalla successione al trono.
La leggenda dice che il re, avendo sentito parlare della ragazza, volle metterla alla prova. Si mischiò, senza nessun segno di riconoscimento, fra i 300 nobili in un’assemblea. Giovanna lo riconobbe comunque e gli si inginocchiò davanti parlandogli della sua missione divina di riportare la corona francese al suo re. Non c’è da stupirsi se il re la sottopose a diversi esami in materia di fede e teologia. Ma lei riuscì a superarli e a convincere i suoi esaminatori di non essere una pazza scriteriata.
Fu così che il re le affidò un’armata per andare in aiuto di Orleans, stretta d’assedio dagli inglesi. In poco tempo riuscì a cambiare le abitudini dei suoi uomini, portandole ad uno stile di vita rigoroso e quasi monastico, e a contagiare anche le altre truppe e diversi volontari che si unirono all’impresa. D’altronde quel tentativo veniva visto, non solo dai soldati, ma anche dal popolo, come un ultimo tentativo di resistere al temibile nemico.
Seppure lei non avesse incarichi di comando delle armate, divenne immediatamente il punto di riferimento. Il suo stile è rimasto ben impresso nella storia, coi suoi abiti da uomo e la bandiera bianca col fiordaliso francese e i due Arcangeli ai lati. Essa veniva chiamata Jeanne la Pucelle ossia Giovanna la Pulzella e le sue gesta passavano di bocca in bocca.
Dopo due terribili battaglie, la nostra eroina della Lorena riuscì a liberare Orleans e, dopo una terza vittoria a Patay, condusse il re a Reims e ve lo fece incoronare. La liberazione della città unita all’incoronazione del re galvanizzarono i francesi e riportarono alto il morale alle truppe per affrontare la guerra che ormai sembrava persa.
Carlo VII, che, fra le poche doti che possedeva, non annoverava quelle di un buon regnante, a questo punto della storia, decise di allontanarsi dalla pulzella, facendosi mal consigliare e abbandonando la politica suggeritagli dalla donna che lo aveva portato all’incoronamento. Ma Giovanna, che doveva portare a termine la sua missione di liberazione della Francia, continuò per la sua strada, discostandosi dal re e decidendo di agire per conto proprio.
Dopo esser stata ferita in battaglia, si ritirò per qualche tempo, giusto il tempo di stare nuovamente in piedi. Nel 1430, mentre cercava di liberare la città di Compiègne, venne catturata dai borgognoni e venduta al nemico.
Gli inglesi, che temevano la donna più di ogni altra cosa, soprattutto per il carisma che possedeva e che le aveva permesso di ravvivare l’entusiasmo dei francesi verso la guerra, furono ben lieti di ospitarla nelle loro prigioni. Non avendo altro a cui appigliarsi, la condannarono prima di stregoneria, poi di eresia, tirando in causa le sue visioni mistiche e gli insoliti modi di esprimere la sua fede.
Carlo VII, che, oltre quella del buon sovrano, non possedeva neanche la dote del coraggio, abbandonò le sorti della Pulzella e non intervenne.
Nel 1431 a Rouen iniziò il processo.
Le vennero poste domande sia sulle visioni sia sulla sua fede nella Chiesa Cattolica e le venne chiesto di giurare che non avrebbe mai più indossato armi e abiti maschili, pena la morte sul rogo. Ella accettò venendo condannata alla prigione a vita, ma all’ultimo momento cambiò idea, dichiarando di rifiutarsi di sottomettersi al giudizio di una corte inglese.
Gli inglesi, che un po’ c’erano rimasti male all’idea di punirla con la sola prigione, non credettero alle loro orecchie e soddisfecero il loro sadico desiderio di sangue condannandola al rogo nella piazza del Mercato Vecchio.
Sarà riabilitata dopo vent’anni circa, non appena i francesi riuscirono a liberare il paese dalla dominazione anglosassone.
La sua grande personalità, il suo forte carisma e la sua inattaccabile fede, la portarono a venir consacrata come patrona di Francia. Ancora oggi l’8 maggio ad Orleans viene celebrato il giorno in cui la città venne liberata da Jeanne D’Arc, la Pucelle.
Inoltre, relativamente di recente, essa fu prima beatificata (papa Pio X – 1909) e poi dichiarata Santa (papa Benedetto XV – 1920).
Le vicende storiche riguardanti la Pulzella si perdono fra il mito e la leggenda. Probabilmente molte di queste sono state enfatizzate dai francesi che la videro come la miccia che fece rinascere il loro entusiasmo che li portò poi alla vittoria ed alla liberazione dal nemico.
Come tutti i miti che si rispettino, esso finisce però per cadere nel ridicolo nel momento in cui diventa un assioma intoccabile del patrimonio patriottico di una nazione.
Nella storia, infatti, non tutti videro la donna nello stesso modo, causando lo scandalo fra i francesi. Ad esempio Voltaire, nel suo poema “La Pulzella d’Orleans”, fece una satira eroicomica delle gesta di Giovanna, criticando il mito nazionalistico-religioso che la circondava e inimicandosi il popolo francese, che non tollerava nessun attacco, neanche in forma ironica, della sua intoccabile eroina. Il poema sollevò scandalo e polemiche, fu censurato e poté uscire postumo solo nel 1899, provocando la stizza del graffiante autore che criticò gli ipocriti e benpensanti francesi che non ne avevano permesso la pubblicazione.
Concludo questo breve excursus sulla controversa storia di Giovanna con un passo di questo poema:
“Già del giorno la bella alba foriera,
le rosee porte d’oriente aprìa:
lettor mio, ti sovvenga che quest’era
l’ora in che il sesso femminil sparìa
dal campo di madama, e la versiera
nel signor cavalier si convertìa:
così, cangiato ed arso di novella
fiamma, al letto volò della Pulcella.
Ne tira le cortine, e fra le tette
senza riguardo alcun ficca la mano;
le appicca un bacio inverecondo, e mette
in rischio il suo pudor, mostro villano.
Più s’agita, più brutte ha le basette.
Giovanna, accesa di furor cristiano,
col braccio tutto nervo a pugno chiuso,
forte gli affibbia uno sgrugnon sul muso.”
da “La Pulcella d’Orléans” di F. M. Arouet de Voltaire, traduzione di Vincenzo Monti
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